Ogni mali nun veni pi nociri
di Luciano Uggè e Simona Maria Frigerio
Tra il 9 e l’11 gennaio del 1693 ci fu il terremoto della Val di Noto che, oltre a causare morte e distruzione (come di consueto per tali eventi naturali), fu il principale motivo per cui oggi località come Scicli, Noto, Modica, Ortigia e (Ragusa) Ibla sono diventate mete turistiche, nel senso che furono ricostruite totalmente o parzialmente, trasformandosi in epoca moderna in centri di fama internazionale grazie al cosiddetto barocco siciliano o tardo barocco che le riveste – ancora più decorativo, monumentale e scenografico di quello romano tipico del Seicento.
Noto, in particolare, fu rasa al suolo e ricostruita a qualche chilometro di distanza dal sito originale. L’aristocrazia latifondista siciliana (che gestiva il governo e la cosa pubblica ufficialmente nelle mani degli spagnoli) e i gesuiti furono in grado di dispiegare nella città, che sorgeva allora in perfetta consonanza con il gusto del tempo, tutta la loro magnificenza e il loro potere – per entrambi più terreno che spirituale.
Noto, oggi, appare al viaggiatore più vissuta, ad esempio, di Ibla. Ci sono meno edifici diroccati, abbandonati o in attesa di un acquirente straniero o di qualche speculatore da turismo di massa. Le tipiche palazzine terratetto sono tuttora in gran parte abitate dai siciliani; hotel e B&B si ritagliano spazi ma con discrezione (se si esclude palazzo Landolina, ora all’inglese Hotel Landolina Palace); negozi, bar e ristoranti non affollano le antiche strade con tavolini, sedie e ammennicoli vari. Ci si può muovere con un certo agio tra chiese e palazzi (quasi tutti chiusi al pubblico), dal caratteristico color ocra – proprio del tufo, la pietra utilizzata in vari centri barocchi della Val di Noto.
Per visitarla agevolmente occorre percorrere i due corsi principali, uno dedicato a Vittorio Emanuele e l’altro al Conte di Cavour (per par condicio sarebbe stato meglio a Giuseppe Mazzini). L’accesso al centro è delimitato dalla Porta Ferdinandea, un arco trionfale datato 1768 ed eretto per festeggiare le nozze tra Ferdinando I° delle Due Sicilie e Maria Carolina d’Asburgo-Lorena.
Tra le chiese si ammirano quella dedicata a San Francesco d’Assisi all’Immacolata, che si erge su una scalinata a tre rampe, la cui imponenza è tipica anche di altre chiese e cattedrali – quali quella di Ibla e quella dedicata a San Nicolò, proprio qui a Noto, che si contraddistingue altresì per i tre portali monumentali, di cui il centrale in bronzo con episodi della vita di San Corrado Confalonieri da Piacenza – progettato, però, in epoca contemporanea dallo scultore siciliano Giuseppe Pirrone, celebre soprattutto come medaglista (e inaugurato negli anni 80 del Novecento).
Ai lati della Cattedrale, l’ex palazzo Landolini (di cui sopra) e la Basilica del Santissimo Salvatore – in realtà in stile neoclassico ma adiacente al Monastero ancora di foggia barocca. Di fronte, lo scenografico Palazzo Ducezio, edificato intorno al 1760 e oggi sede del Comune di Noto. Vi si riscontra uno stile eclettico anche a causa del sovrapporsi di elementi architettonici. Il primo piano francesizzante è stato progettato a metà del Settecento, mentre il secondo è stato aggiunto a metà del Novecento Si notano la sua leggerezza e la scansione di pieni e vuoti, luci e ombre grazie anche al portico con archi sorretti da colonne ioniche e la parte centrale originalmente convessa.
Curiosa la scalinata dedicata a Mariannina Coffa che, ogni anno, è decorata da un artista diverso durante la Festa dell’Infiorata, che si tiene la terza domenica di maggio. La Coffa, come Eleonora Pimentel Fonseca, fu poetessa e insofferente alle rigide regole dell’epoca – che volevano le donne (specialmente se di famiglia borghese o nobile) mogli, madri e preferibilmente beghine ignoranti. Come lei fu costretta a un matrimonio di convenienza dalla famiglia e, come lei, per anni dovette rinunciare ai propri sogni, fece figli che in parte morirono e, alla fine, come la Pimentel fuggì dal marito e tentò (sebbene per un brevissimo periodo) di seguire le sue aspirazioni. La scalinata sorge a pochi metri da Palazzo Nicolaci, tra i più prestigiosi di Noto – simbolo di quel potere nobiliare siciliano maschilista e parassitario che soffocò la giovane Coffa – e la cui facciata in stile barocco presenta il tipico portale affiancato da colonne ioniche ma, specialmente, una serie di balconcini al piano nobile con inferriate in ferro ricurvo sorrette da mensoloni di pietra scolpita nelle forme più diverse e fantastiche. Voli pindarici che si sposano con l’esuberanza artistica dell’Infiorata.
venerdì, 23 febbraio 2024
In copertina e nel pezzo: Foto di Simona Maria Frigerio (tutti i diritti riservati)