All’Aia si scrive la parola Fine alla causa promossa nel 2017
di La Redazione di InTheNet (traduzione di Simona Maria Frigerio)
Dopo il caso di Israele, accusato di genocidio dalla Repubblica del Sudafrica di fronte alla Corte dell’Aia, molti avranno capito che per arrivare a sentenza presso la Corte di Giustizia Internazionale ci vogliono anni. Così è accaduto anche per la causa intentata dall’Ucraina contro la Russia nel 2017, in base alla Convenzione sull’Eliminazione di tutte le Forme di Discriminazione Razziale (CERD) e alla Convenzione internazionale per la Repressione del Finanziamento del Terrorismo (ICSFT), giunta a sentenza solamente il 31 gennaio di quest’anno.
Come ha sintetizzato la portavoce del Ministro degli Esteri russo, Maria Zacharova: “La Corte ha rigettato praticamente tutte le richieste dell’Ucraina”.
Partiamo dalle politiche russe che, secondo la sentenza, non sono discriminanti né verso i tatari né verso gli ucraini che abitino in Crimea e traduciamo stralci della dichiarazione ufficiale di Zakharova in merito.
La prima accusa era che le azioni russe contro membri di Hizb ut-Tahrir (1), considerato gruppo terrorista, e contro “i gruppi estremisti, Tablighi Jamaat (2) e Mejlis of the Crimean Tatar People (3), costituissero una persecuzione dei tatari di Crimea su base etnica. La Corte non è stata d’accordo con tale valutazione, non trovando alcun elemento di discriminazione negli standard della legislazione russa anti-estremismi. Né ha rilevato segni di discriminazione razziale nell’applicazione di tali standard da parte delle forze dell’ordine russe”. Inoltre, nel giudizio, la Corte avrebbe fatto presente che il Qurultay (4) rappresenta i tatari di Crimea e non è stato bandito ma continua a svolgere le proprie funzioni e ha rigettato le accuse di un coinvolgimento russo in omicidi mirati e rapimenti di tatari e ucraini residenti in Crimea.
Sempre Zacharova fa presente che la Corte non avrebbe ravvisato “casi di discriminazione razziale nelle leggi russe per il diritto di cittadinanza in Crimea dal 2014”. Così come mancano di valore le accuse che tatari e ucraini in Crimea non abbiano accesso ai loro media nazionali, alle assemblee e manifestazioni e alla preservazione dei siti del loro patrimonio culturale. E qui ci permettiamo un piccolo inciso: che tale accusa sia mossa da uno Stato, l’Ucraina, che ha perseguitato la propria minoranza russofona, vietando di parlare il russo in pubblico, bandendo libri e autori, e scagliandosi persino contro i rappresentanti della Chiesa ortodossa russa, fa un po’ specie…
Rigettata anche l’accusa di non aver operato al meglio nel restauro del Palazzo del Khan effettuato dai russi, la “Corte di Giustizia Internazionale ha riconosciuto che i residenti in Crimea hanno accesso all’educazione nelle lingue tataro e ucraino. Allo stesso tempo, la maggioranza della Corte ha decretato che la riduzione drastica del numero di scuole che garantiscono l’istruzione in ucraino dopo il trasferimento della Crimea alla giurisdizione russa, nel 2014, è una violazione dei suoi obblighi sul diritto all’educazione garantito dalla CERD”. A questa accusa Zacharova risponde che la medesima Corte ha ammesso che gli abitanti della Crimea se scelgono il percorso di studio in russo, lo fanno liberamente; mentre noi attendiamo che la Corte decida sul medesimo argomento circa le garanzie educative avute dai russofoni in Ucraina dopo il golpe del 2014.
Il secondo giudizio
Per quanto riguarda le accuse mosse, sempre da parte ucraina, in riferimento alla Convenzione Internazionale per la Repressione del Finanziamento del Terrorismo (ICSFT), la Corte ha respinto “quasi tutte le oltre 20 richieste fatte da Kiev durante i 7 anni di procedimento, lasciando l’Ucraina senza alcuna riparazione. La Corte ha altresì respinto le insinuazioni che la DPR e la LPR sarebbero organizzazioni terroristiche”.
Questa decisione, sempre come nota Zacharova, “è di particolare importanza alla luce del fatto che Kiev intendeva utilizzare il giudizio della Corte per supportare le sue richieste per il trasferimento degli asset russi rubati dall’Occidente e l’imposizione di restrizioni internazionali contro la Russia”.
Fatto ancora più importante, forse, per rimettere a pari la bilancia della verità, la richiesta ucraina che la Russia avrebbe dovuto essere ritenuta responsabile dell’abbattimento del Volo MH17 (6) o che la DPR fosse coinvolta nell’incidente. La Russia, come riporta Zacharova, avrebbe “presentato prove convincenti di difetti non emendabili nell’indagine pseudo-internazionale sull’incidente, portata avanti dal team investigativo sotto l’egida del sistema giudiziario olandese”. E qui ci permettiamo un altro inciso, ossia che temiamo che tale inchiesta come quella su Ustica o sugli attentati al Nord Stream non arriverà mai a una sentenza di colpevolezza per gli autori di un simile atto terroristico.
Anche riguardo al bombardamento del checkpoint militare di Bugas, l’aeroporto militare di Kramatorsk e le posizioni dell’AFU (7) a Mariupol e Avdeyevka, la Corte ha stabilito che tali fatti non rientrano nella Convenzione internazionale per la Repressione del Finanziamento del Terrorismo, mentre la Russia ha accusato Kiev di “cinismo”, nel suo tentativo di trasformare azioni contro obiettivi militari in atti terroristici – e visti i recenti bombardamenti ucraini della panetteria a Lysychansk, del Mercato di Donetsk e l’abbattimento dell’IL-76 con 65 militari ucraini a bordo per uno scambio di prigionieri, noi ci chiediamo se il problema di Kiev è a monte, avendo frainteso cosa sia un obiettivo militare e cosa uno civile. E altrettanto “cinico” aver tentato, secondo Zacharova, di far passare gli aiuti umanitari russi al Donbass per forme di finanziamento al terrorismo, negli anni in cui (2017/19) Kiev colpiva obiettivi civili nelle Repubbliche che chiedevano l’autonomia e il rispetto degli Accordi di Minsk (che, ormai, sappiamo essere stati una manovra occidentale per prendere tempo e armare l’Ucraina).
La Corte ha affermato che la Russia ha sempre rispettato i suoi obblighi nella lotta al terrorismo e contro ogni forma di finanziamento dello stesso e che le accuse di Kiev sono “di natura puramente politica”. Solamente su due fatti concernenti persone che avrebbero raccolto fondi in Russia a favore della popolazione del Donbass, sarebbe mancata una inchiesta formale da parte russa. Ma Zacharova ha risposto che la Convenzione non è applicabile nel caso (come stabilito precedentemente dalla medesima Corte) non vi siano prove né di azioni terroristiche né del loro finanziamento.
A conclusione del procedimento, “all’Ucraina è stara negata ogni richiesta di risarcimento o altre forme di riparazione”.
A questo punto sorgono due domande. Come farà l’Occidente a giustificare in base al diritto internazionale una eventuale vendita degli asset russi per darne i ricavi all’Ucraina come forma di compensazione. Anche perché, se tale procedura nel breve può intimorire gli investitori esteri e farli desistere dall’opporsi ai diktat europei e, soprattutto, statunitensi, alla lunga potrebbe rivelarsi un boomerang per il collocamento dei titoli di Stato occidentali e il finanziamento del debito pubblico. E secondo, ci chiediamo quando gli atti terroristici compiuti da Kiev tra il 2014 e il 2022 in Donbass saranno a loro volta giudicati, visto che il diritto internazionale non solo garantisce sempre più la possibilità dei popoli di autodeterminarsi a scapito dei confini territoriali statali, ma sicuramente non accetta che uno Stato centrale bombardi indiscriminatamente i suoi cittadini, Paesi sovrani coi quali non è ufficialmente in guerra o si pratichino omicidi mirati e rapimenti (a meno che non si sia un alleato degli States o gli stessi Stati Uniti, ovviamente).
Postilla. Purtroppo, nonostante questo giudizio finale della Corte di Giustizia Internazionale, ciò che sta accadendo al Comune di Milano, ossia vietare nelle Sale comunali qualsiasi evento che racconti ciò che sta accadendo in Donbass da un altro punto di vista, è l’ennesima riprova che agli italiani deve essere imposta una narrazione univoca che laddove non menta, oscura e tace. Addirittura, Giulia Pastorella, che ha presentato la mozione approvata a larga maggioranza, ha affermato che: “Non è un’astratta limitazione della libertà di parola”, e che: “Il punto è non mistificare la realtà, e non è questione di aree grigie o ‘verità che sta nel mezzo’. Si vogliono evitare pratiche di propaganda, come già si evitano gli eventi che ispirano il terrorismo o il fascismo”. Forse alla consigliera di Azione qualcuno dovrebbe dire che la Corte ha affermato che Russia, DNR e LNR nulla hanno a che fare con il terrorismo, ma altresì che non si pratica alcuna discriminazione in Crimea nei confronti di tatari e ucraini e che le indagini sul Volo MH17 non sono convincenti. Caliamo un velo pietoso riguardo al fascismo, dopo la glorificazione del Battaglione Azov in una città medaglia d’oro alla Resistenza. Dovrebbe bastare questo a farci dubitare della narrazione occidentale.
(1) Hizb al-Tahrir è una organizzazione politica internazionale pan-islamica e fondamentalista, il cui obiettivo è quello di ristabilire un califfato islamico osservante la legge islamica, ossia la shari’a
(2) Nel 2009 Tablighi Jamaat è stato dichiarato movimento estremista nella Federazione russa: https://tass.com/politics/926160
(3) Nel 2016 la Corte suprema della Federazione russa ha confermato la decisione sul riconoscimento del Mejlis dei Tartari di Crimea come organizzazione estremista
(4) Per saperne di più: https://en.m.wikipedia.org/wiki/Qurultay_of_the_Crimean_Tatar_People
(5) Il Palazzo del Khan: https://whc.unesco.org/en/list/1549/
(6) Il volo Malaysia Airlines 17 (MH17/MAS17) era un collegamento di linea della compagnia aerea malese in servizio fra Amsterdam e Kuala Lumpur; il 17 luglio 2014 fu colpito probabilmente da un missile e morirono tutti i 283 passeggeri e i 15 membri dell’equipaggio
(7) AFU sta per Forze Armate dell’Ucraina
venerdì, 9 febbraio 2024
In copertina: Il Palazzo della Pace all’Aia, sede della Corte di Giustizia Internazionale. Caricato da Yeu Ninje. Immagine di pubblico dominio