Una ricerca della CGIA di Mestre rivela…
di Federico Giusti
Negli ultimi quindici anni l’industria italiana è crollata, questo e molto altro lo troviamo in una inchiesta recentemente pubblicata alla quale rimandiamo per una lettura integrale (1).
Se guardiamo bene alle componenti dell’economia nazionale si scopre che l’industria tradizionale, la manifattura, ha un ruolo sempre più ridotto nei Paesi a capitalismo avanzato, anche se esistono profonde differenze tra i vari Paesi dominanti, ad esempio il peso della manifattura sul Pil nazionale tedesco è superiore del 400% di quanto avviene in Francia.
Ci sono nazioni nelle quali l’industria tradizionale pur in calo mantiene delle posizioni rilevanti (ad esempio, ancora in Germania) altri, come Italia e Spagna, dove al contrario è fortemente ridimensionata.
La prima domanda che sorge spontanea è se il crollo della manifattura tradizionale non abbia finito con l’avere delle ripercussioni negative sul Pil e sull’andamento dell’economia complessiva, nel caso Italiano questa tesi parrebbe essere suggestiva e in buona parte azzeccata.
La crisi dell’industria tradizionale è iniziata quasi vent’anni fa coincidendo con la decadenza di alcuni Paesi, che hanno perso posizioni nello scacchiere internazionale, portandosi dietro tagli occupazionali, desertificazione industriale e impoverimento di aree dove erano attivi dei distretti industriali o aziende legate alla mono committenza.
Gli ultimi quindici sono stati anni assai difficili per gran parte dei Paesi occidentali, per quanto concerne l’Italia possiamo asserire che non ci sia stata sostanziale ripresa dalla recessione del 2008-2009, dalla crisi dei debiti sovrani del 2012-2013 e infine dalla pandemia. Per la CGIA, “il settore manifatturiero italiano ha realizzato un rimbalzo superiore a quello registrato nel resto degli altri principali Paesi Ue”.
Un aspetto rilevante è rappresentato dalla nuova geografia industriale dato che ci sono alcune province in crescita soprattutto nell’area Nord-est del Paese e altre in fase recessiva.
La desertificazione industriale nelle regioni del Sud coincide con la perdita di potere di acquisto dei salariati – il crollo dell’occupazione allargando e amplificando per altro quel divario regionale e territoriale esistente da sempre in Italia.
Infine, per una valutazione indispensabile sui settori usciti a pezzi e quelli con maggiori ricavi dagli ultimi quindici anni, citiamo testualmente un passaggio della ricerca: “Il comparto che nell’industria italiana ha subito la contrazione negativa del valore aggiunto più pesante in questi ultimi 15 anni è stato il coke e la raffinazione del petrolio (-38,3 per cento). Seguono il legno e la carta (-25,1 per cento), la chimica (-23,5 per cento), le apparecchiature elettriche (-23,2 per cento), l’energia elettrica/gas (-22,1 per cento), i mobili (-15,5 per cento) e la metallurgia (-12,5 per cento). Per contro, i settori che esibiscono una variazione anticipata dal segno più sono i macchinari (+4,6 per cento), gli alimentari e bevande (+18,2 per cento) e i prodotti farmaceutici (+34,4 per cento)”.
Siamo di fronte a un processo di ristrutturazione economica ove settori un tempo trainanti saranno destinati al ridimensionamento nell’arco di pochi anni e sarà necessario ragionare in termini europei tenendo conto degli atti di indirizzo della Ue che si sta attrezzando per non soccombere davanti ai competitor Usa e asiatici a partire proprio da due documenti strategici dedicati alla svolta green e all’approvigionamento energetico e delle materie prime: il Critical Raw Materials Act (2) e il Net-Zero Industry Act (NZIA, 3).
Sarà il caso di familiarizzare fin da ora con questi documenti strategici della Ue giusto per non cadere dalle nuvole nei prossimi mesi come quando la sottovalutazione della Bussola europea non permise di comprendere la svolta militarizzata e militarista del vecchio continente.
(1)
(2) Legge europea sulle materie prime critiche – Commissione europea: https://commission.europa.eu/strategy-and-policy/priorities-2019-2024/european-green-deal/green-deal-industrial-plan/european-critical-raw-materials-act_it
(3) Legge sull’industria a zero emissioni nette – Commissione europea: https://www.europarl.europa.eu/news/it/headlines/economy/20231031STO08721/normativa-sull-industria-a-zero-emissioni-nette-tecnologie-piu-pulite-in-europa
venerdì, 9 febbraio 2024
In copertina: Foto di Peter H da Pixab