Dal Trentino Alto Adige all’Ucraina, passando per Gaza
di La Redazione di InTheNet
Erano gli anni 30 del Novecento quando su carta velina erano dattiloscritte le famigerate note di servizio con le quali la dittatura fascista non solamente dava indicazioni dettagliate su quali notizie pubblicare e quali occultare ma anche, nel primo caso, su quale taglio dare loro – quali contenuti evidenziare e quali espungere, se o meno dare enfasi a questo o quel particolare, come titolare e perfino quali foto preferire, se astenersi da commenti o, al contrario, premere sul pedale della commozione, della retorica di regime o addirittura dell’enfasi (magari) bellicista.
Negli ultimi anni una serie di manovre per riportare in auge la censura, con la scusa di proteggere il lettore da fake news e disinformazione, sono state fatte a vari livelli. Non dimentichiamo il Digital Service Act (1) voluto dalla Commissione Europea per controllare i maggiori social e piattaforme oppure le Pillole contro la Disinformazione, che sembrano tentativi subdoli di inquadramento e propaganda (come più volte denunciato in queste pagine, 2).
Dall’insorgere della pandemia, la stretta sulle opinioni discordanti è diventata sempre più soffocante e, sebbene all’inizio pochi se ne siano accorti, con la narrazione unilaterale dell’Operazione Speciale in Donbass – in grado di cancellare persino il passato e riscriverlo – qualcuno in più forse ha cominciato a temere che, come gli afghani non avevano colpa per gli attentati alle Torri Gemelle e Saddam Hussein non possedeva alcuna arma di distruzione di massa, il controllo della propaganda politica sull’informazione avrebbe finito per creare, ancora una volta, narrazioni parallele completamente avulse dalla realtà dei fatti ma spacciate come verità assolute (nonostante la loro palese mendacia, accertata sempre a posteriori e messa in sordina con facilità).
Ora, però, quasi continuando a credere che in Italia sussistano una stampa privata e pubblica libere (quando ormai le grandi testate televisive e della carta stampata si sono trasformate in semi-monopoli nelle mani di un esiguo numero di imprenditori o direttamente del o dei partiti al Governo), si stanno facendo ulteriori passi per stringere le maglie della censura, ovviamente sempre allo scopo di evitare la disinformazione di quel popolo italiano che – da quando ha imparato a ‘lavarsi le manine’ in diretta – non è più stato capace di affrancarsi da quello stato di minorità che ‘obbliga’ il potere a ‘proteggerlo’ da informazioni, opinioni, ideologie e narrazioni difformi dalla verità unica e inalterabile (come paracetamolo e vigile attesa) – che naturalmente solo il potere possiede e sa come e quando comunicare.
Riceviamo, quindi, senza sorprese ma pubblichiamo perché i nostri lettori siano coscienti di questi nuovi tasselli del puzzle, la lettera aperta del Sindacato dei giornalisti relativamente al lavoro dei cronisti giudiziari e riportiamo quanto sta accadendo ai colleghi del Trentino e Alto Adige, esprimendo loro la nostra solidarietà e appoggio.
Il comunicato dell’Fnsi
“Il 19 dicembre scorso la Camera dei deputati ha approvato una modifica al Codice di Procedura Penale per vietare la pubblicazione delle ordinanze cautelari, integrali o per estratto, fino al termine
dell’udienza preliminare. Il testo, presentato da Enrico Costa (Azione), è stato votato da tutto l’arco parlamentare, ad eccezione di M5S, Pd e Alleanza Verdi e Sinistra. Se anche il Senato dovesse approvare la norma, l’autonomia dei giornalisti sarebbe compressa. Saremmo costretti a essere meno precisi, analitici e verificabili nel racconto di un atto che è pubblico come la privazione della libertà personale, con il rischio di sapere molto poco fino all’udienza preliminare, diversi mesi o anni dopo il presunto reato. Solo due esempi di inchieste giornalistiche che hanno trovato, nella libertà di informare, ragioni per arrivare alla verità e dare giustizia: il caso di Stefano Cucchi, la vicenda della funivia precipitata dal Mottarone. Ne sarebbero danneggiati tutti: i cittadini che fruiscono le notizie, i magistrati, i legali di parte e chi è sottoposto alla misura cautelare. Dopo la riforma Cartabia sulla presunzione di innocenza, la pdl Balboni sulla diffamazione che prevede ammende smisurate, la stretta di Nordio sulle intercettazioni, questo è l’ultimo tentativo di minare la corretta informazione e si aggiunge a uno scenario reso sempre più fragile negli ultimi anni dall’aumento del precariato nel mondo del lavoro giornalistico con pezzi pagati pochi euro, dalle centinaia di stati di crisi con i quali gli editori hanno depauperato le redazioni e dal costante arretramento economico per un contratto ormai fermo da anni. Un giornalista libero è un giornalista che non ha bavagli, ma che è anche sicuro del proprio futuro lavorativo. Respingiamo con forza il sottinteso che esiste dietro questa norma. I giornalisti raccontano e non inventano, non sono «manettari», ma anzi contribuiscono a rendere vivo il campo della democrazia con il loro lavoro di controllo su ogni potere. E non agiamo nell’illegalità: siamo sottoposti a un insieme di regole penali, civili e regolamentari/ordinistiche che determinano la nostra professione. Per la Federazione Nazionale della Stampa Italiana, le Associazioni Regionali di Stampa e i Comitati di redazione, quindi, questo è l’ennesimo bavaglio all’informazione, oltre che rappresentare un ulteriore squilibrio nel nostro sistema giuridico e costituzionale. Il testo approvato va al di là delle disposizioni europee e viola l’articolo 21 della Costituzione. L’amministrazione della giustizia in privato è sempre una sconfitta per la democrazia. Da qui la richiesta al Presidente della Repubblica Mattarella di non firmare una legge con una norma di questo tipo. Diciamo no alla censura di Stato e siamo pronti a mobilitarci con tutta la categoria fino allo sciopero generale per rivendicare l’identità e la dignità della nostra professione, ma soprattutto il diritto di voi lettrici e lettori di avere una giusta e corretta informazione”.
Cosa accade in Trentino e Alto Adige
I colleghi hanno dichiarato, in questi giorni, di volersi opporre al controllo dell’informazione da parte della politica. Nello specifico, i comitati e fiduciari di redazione di Rai Südtirol, Rai Ladinia, Tgr italiana di Bolzano, Esecutivo Usigrai, Dolomiten, FF, Orf Südtiroler Heute, Alto Adige, dorsi del Corriere della sera di Trento e Bolzano, ANSA regionale, Salto.bz, VB33, unitamente a Sindacato, Ordine dei Giornalisti del Trentino Alto Adige, FNSI e CNOG, in un comunicato congiunto, esprimono forte preoccupazione per la proposta di istituire a Bolzano un comitato consultivo per i media – contenuto nel programma di coalizione elaborato in vista dell’approvazione della nuova giunta provinciale – che dovrebbe monitorare gli sviluppi definiti indesiderati e, a seconda delle valutazioni, indirizzare i finanziamenti ai media privati per “preservare la pluralità” degli stessi.
In pratica, come già opera NewsGuard (si veda la nostra inchiesta, 3), in Trentino e Alto Adige i fondi pubblici dovrebbero essere dirottati, in futuro, verso testate considerate ufficialmente più affidabili (o più prone ai diktat politici?, ci chiediamo noi). Niente di nuovo sotto il sole: peccato che i colleghi si accorgano solo ora della deriva illiberale, già in atto grazie a strumenti più evoluti in tutta Europa e negli States.
Nonostante la nostra professione, come ribadito nella nota dei giornalisti trentini e altoatesini, “non possa essere sottoposta a censura, autorizzazioni o controlli di qualsiasi tipo – vista anche l’esistenza del collegio di disciplina, la normativa sulla diffamazione, il CORECOM, la Commissione parlamentare di vigilanza per il servizio pubblico radiotelevisivo e le querele temerarie”, che la rendono impervia se non impossibile – l’istituzione di un organismo di controllo apertamente politico sui media altoatesini-sudtirolesi forse è davvero la goccia che farà traboccare il vaso. Al momento, sempre da comunicazione ufficiale sappiamo che: “Gli organismi sindacali ed ordinistici regionali e nazionali si opporranno con forza all’istituzione di questo comitato politico di controllo dell’informazione”.
Dall’Italia al mondo
In questi giorni registriamo, oltre alla morte del giornalista Abdullah Breis, insieme alla sua famiglia, a Gaza – che fa salire a 112 il numero dei colleghi uccisi da Israele dal 7 ottobre 2023 al 14 gennaio 2024 – anche il decesso in un carcere ucraino del blogger statunitense Gonzalo Lira, arrestato dalla Sbu (i servizi segreti di Kyiv) e detenuto per oltre otto mesi per aver ‘screditato’ l’esercito e il governo ucraini. Come apprendiamo dal Canale Telegram di Andrea Lucidi, il padre di Lira ha scritto una nota nella quale avrebbe dichiarato (testualmente): “Non posso accettare che mio figlio sia morto. È stato torturato, ricattato e in isolamento per 8 mesi e 11 giorni. L’Ambasciata statunitense non ha fatto nulla per aiutare mio figlio. La responsabilità di questa tragedia è del dittatore Zelensky con il consenso di un presidente americano rimbambito, Joe Biden”.
Si spera che gli italiani, ormai sempre più disaffezionati all’informazione (come dimostrano i dati di vendita dei quotidiani), non scordino che se venisse totalmente meno, nei fatti, la libertà di stampa, alla fine saremmo tutti ancor più in balia di un potere autoreferenziale e sempre più dispotico. Senza Julian Assange i crimini degli States, tuttora impuniti, non sarebbero nemmeno mai venuti alla luce.
(1) Voluto dalla Commissione Europea è in vigore dal 25 agosto 2023. Per saperne di più:
https://www.inthenet.eu/2023/09/22/la-censura-come-forma-di-liberta/
(2) Per approfondire: https://www.inthenet.eu/2023/10/27/supposte-contro-la-propaganda/
(3) Per approfondire: https://www.inthenet.eu/2023/02/10/newsguard/
venerdì, 19 gennaio 2024
In copertina: Foto di Ria Sopala da Pixabay