Da: I racconti di Rinascita
di Simona Maria Frigerio
Arriva un giorno in cui sei finalmente perfetta per lei: come non lo eri il giorno del diploma o della tesi, e tanto meno quando annunciasti che avresti fatto un viaggio in India, o quando ti esibisti in un volteggio sulle tue prime scarpe tacco 11, o le mostrasti quel mezzo stipendio in nero, guadagnato d’estate lavorando 7 ore a sera per 7 giorni a settimana – come cameriera nel bar vicino a casa. Non era mai abbastanza per lei: non eri abbastanza bella, abbastanza intelligente, abbastanza ‘fine’, abbastanza. Studiavi per eccellere e lei ti denigrava dicendoti che facevi solo il tuo dovere, sfoggiavi una minigonna mozzafiato e lei sollevava il sopracciglio chiedendoti se volessi davvero uscire «conciata così?», finalmente ti auto-finanziavi l’iscrizione all’università e lei ti derideva sottolineando che libri, abiti e cibo «non li paga Pantalone…». Era esperta nel farti sentire inadeguata, colpevole di esistere, un peso solo perché continuavi a respirare la sua stessa aria, a occupare il suo stesso spazio. Anno dopo anno.
Poi arriva un lui, uno qualsiasi, il primo che incontri, l’unico a cui piace la tua idea di andartene in India fuori tempo massimo – quando ormai l’India non è più nemmeno Osho né Sai Baba, e nemmeno l’ombra di un misticismo di maniera reso famoso da qualche cantante rock in tempi di sballi lisergici. Tu che finisci per ripiegare su Bali, dove scoprirai isole di spazzatura in mare e truffaldini ipocriti che pregano cinque volte al giorno tra un furto con destrezza e uno schiaffo alla moglie – di certo, inserti censurati nel copione di Mangia prega ama…
Un lui che ti permette di realizzare il suo (di lei) sogno: costruire su solide basi, sulla roccia, mica sulla sabbia che volteggia leggera tra le ali del deserto per continuare a modificarne i profili. Stabilità, rispettabilità: la maestra dei proverbi aveva decretato le priorità dall’alto del suo rifiuto per il genere maschile ma in ossequio alla forma. E tu acconsentisti. Così, se il tuo primo giorno di lavoro la frecciatina sul rossetto sbavato le era sfuggita con compiaciuta precisione, il giorno del tuo matrimonio le era quasi spiaciuto rimbrottarti per quella tinta giallastra che il tuo parrucchiere ti aveva venduto color miele o per le scarpe che non erano esattamente lo stesso panna dell’abitino (forse un po’ troppo ‘ino’).
Il cerchietto d’oro – piatto come foglia di tabacco arrotolata o gonfio di platino, bianco giallo o grigiastro, sinuoso come filigrana o squadrato da design minimal chic, di ascendenza runica, maya o celtica oppure disegnato da un orafo di via Torino: l’importante era che lo sfoggiassi al dito per la sua (di lei) ‘gioia’. Mentre pensavi a questa frase, a questa stessa sequela di parole, ti mettesti a ridere e ridere e ridere…
Ma poi le cose prendono sempre a scricchiolare nella tua vita, come i mobili di una casa vecchia, che rumoreggiano nella notte e uno pensa ai topi e i più fantasiosi a un fantasma e, invece, è solo il legno, vecchio come ossa sbiancate al sole, che si concede il lusso di parlarti. Un giorno ti alzi e finalmente hai capito tutto: è bastato stringere una mano, scambiare un sorriso, quella stupida battuta su Bali: l’isola di spazzatura per surfisti statunitensi da lattina light. Sei più ironica del solito, più allegra, forse troppo loquace. Sarà colpa del secondo Negroni sbagliato (che tanto ‘sbagliato’ non è). Il mattino dopo ti assalgono i complessi: ti svegli e la vocina che lei ti ha instillato dentro elenca ogni frase fuori luogo, ogni pensiero inconcludente, ogni risata sguaiata, ogni gesto fuori posto, ogni risposta saccente. E tu ti seppelliresti… mentre lui si rigira nel letto e ti guarda sonnecchioso, domandandoti com’è andato l’apericena con le amiche. Tu balbetti, alzi le spalle, corri in bagno con la scusa del Negroni di troppo e torni in camera sorridendo e blaterando di una colazione al bar domenicale ‘come non fate più da anni’.
È mezzogiorno quando squilla il cellulare. Lo guardi di sottecchi chiedendoti se è lei che vuole sapere quando arrivi per accompagnarla a fare shopping in centro, o se è un disco pre-registrato che, con voce robotica, ti offre il contratto luce e gas ‘della tua vita’! Ma poi guardi meglio e ti si stringe lo stomaco e scappi sul balcone con la scusa della prima sigaretta della giornata.
Osservi il dito tutto bello abbronzato come non era da anni. Lei ha smesso di parlarti. Ci penserà sua sorella ad accompagnarla in centro a fare shopping. Anche tuo marito, quasi ex, ha smesso di parlarti, o forse ti accorgi solo ora di non averlo mai ascoltato davvero: aria che si spostava dalla cucina al soggiorno, dal frullatore con l’intruglio vitaminico al tapis roulant che cigolava.
Il tuo corpo sta imparando a danzare su un ritmo sconosciuto e finalmente non sei più sola: non c’è più la tua mente che giudica e separa, rinchiudendoti tra le sbarre che ti sei costruita per compiacerla. Adesso ci sei, in India, anche fuori tempo massimo, anche straniera persa nella fiumana dei turisti mordi e fuggi, e non ti senti ingenua o fuori moda, patetica o ‘da poco’ mentre finalmente accarezzi con gli occhi i marmi bianchi del Tāj Maḥal.
Il racconto precedente per chi se lo fosse perso:
(Il prossimo racconto, venerdì 26 gennaio 2024. ©Simona Maria Frigerio, 2023, tutti i diritti riservati, vietata la riproduzione anche solo parziale)
venerdì, 19 gennaio 2024
In copertina: Il Tāj Maḥal, foto di Md Faizi da Pixabay