Ampliamo il discorso
di Federico Giusti
L’Italia ha consegnato a Pechino la nota del mancato rinnovo del Memorandum d’intesa (MoU) sulla Via della Seta – intesa sottoscritta nel 2019 e in scadenza nel marzo del 2024.
Era quasi scontato che l’Italia non avrebbe rinnovato l’accordo con Pechino essendo stata anche il solo Paese del G7 a farlo, nonostante quasi 150 nazioni abbiano nel frattempo sottoscritto il medesimo Memorandum.
Scontato perché il Governo Meloni è una sorta di carro – intendiamoci: vecchio e malandato – al traino della locomotiva statunitense e ogni decisione è assunta, in politica estera e non, per compiacere Washington. L’uscita dalla Via della Seta, il sostegno a Israele, l’aumento delle spese militari in ambito nazionale e comunitario, sono le prime dimostrazioni della italica sudditanza.
Ci sono tuttavia alcuni aspetti di opportunità economica da prendere in esame anche se la decisione assunta è spiegata all’opinione pubblica con motivazioni di carattere pseudo politico come quelle sopra evidenziate.
Il deficit commerciale dell’Italia verso la Cina nel 2022 ha raggiunto il massimo storico mentre numerosi investimenti italiani, ma perfino gli scambi universitari, sono stati in buona parte arrestati con l’avvento della pandemia. Se volessimo ricorrere alla metafora della bilancia potremmo dire che la stessa, a detta di molti analisti economici e non, pendeva soprattutto a favore di Pechino anche se non si spende una parola sulla presenza di capitali cinesi in alcune aziende italiane in crisi così come sui richiami pressanti Usa al nostro Paese affinché non intraprendesse alcuna iniziativa commerciale con la Cina.
I MoU sono, comunque, accordi non vincolanti in un’ottica di cooperazione della quale beneficiano soprattutto i Brics e i Paesi meno sviluppati, alcuni dell’Est Europeo, che ancor prima dell’Italia avevano sottoscritto il Memorandum denominato la Via della Seta
Tra le omissioni ritroviamo anche l’incremento dell’interscambio tra Italia e Cina, cresciuto da 50 a 84 miliardi di dollari – da capire perché i vantaggi siano stati soprattutto per quest’ultima e da indagare i ritardi italiani. Stando ai numeri le esportazioni cinesi sono passate da 35 miliardi a 66, mentre quelle italiane hanno avuto solo un lieve incremento (da 14,5 a 18,6).
Ma l’aumento delle esportazioni cinesi in Italia arriva ben prima della firma del Memorandum e si spiega in parte con le delocalizzazioni produttive verso l’Asia e gli accordi stipulati dalle multinazionali e aziende italiane con imprese asiatiche per produrre varie merci a basso costo.
Con l’arrivo della pandemia i Paesi a capitalismo avanzato hanno compreso quanto sia indispensabile salvaguardare i propri prodotti strategici, caratterizzati da alto tasso di investimento tecnologico ed elevata redditività, senza dimenticare come il settore militare con la tecnologia dual use sia diventato strategico e, per questo, occorra reinternalizzare o conservare entro i confini nazionali alcune produzioni come droni, semiconduttori, eccetera.
Dietro all’uscita italiana dalla Via della Seta si celano ben altre ragioni da quelle sbandierate dal Governo italiano. Ad esempio la Cina risulta ancora dominante in alcuni settori determinanti per la transizione energetica: raffreddare gli scambi commerciali con il sud est asiatico è servito anche ad acquistare il gas liquefatto dagli Usa a costi decisamente maggiori del gas russo con ripercussioni negative sulla bilancia dei pagamenti.
Per avere un quadro esaustivo della situazione odierna, tuttavia, è indispensabile menzionare due accordi strategici per la Ue: il Critical Raw Materials Act e il Net Zero Industry Act (1).
La Ue ha promosso recentemente una proposta di legge atta all’approvvigionamento di alcune materie prime indispensabili per la transizione, citiamo testualmente: “Le materie prime critiche sono indispensabili per l’economia dell’Ue e un’ampia gamma di tecnologie necessarie per settori strategici come l’energia rinnovabile, il digitale, lo spazio e la difesa. La legge sulle materie prime critiche (CRM Act) garantirà l’accesso dell’Ue a un approvvigionamento sicuro e sostenibile di materie prime critiche, consentendo all’Europa di raggiungere i suoi obiettivi climatici e digitali per il 2030” (2).
Sempre la Commissione Europea ha spiegato meglio gli obiettivi comunitari per i prossimi vent’anni alla luce degli accordi sopra menzionati: “Migliorerà in modo significativo la raffinazione, la lavorazione e il riciclaggio delle materie prime critiche qui in Europa. Le materie prime sono vitali per la produzione di tecnologie chiave per la nostra doppia transizione, come la generazione di energia eolica, lo stoccaggio dell’idrogeno o le batterie. Inoltre, stiamo rafforzando la nostra cooperazione con partner commerciali affidabili a livello globale per ridurre le attuali dipendenze dell’UE solo da uno o pochi Paesi. È nel nostro reciproco interesse aumentare la produzione in modo sostenibile e allo stesso tempo garantire il massimo livello di diversificazione delle catene di approvvigionamento per le nostre imprese europee”.
Uscire allora dal Memorandum denominato la Via della Seta è stata una richiesta non solo degli Usa ma dei poteri economici e finanziari dominanti nella Ue (Francia e Germania, a livello statale) nell’ottica di conquistare una autonomia energetica e definire nuovi asset strategici.
Ovviamente non è scontato che questi obiettivi siano raggiungibili stando la sudditanza agli Usa, che vedono nella Ue non solo un alleato strategico ma anche un potenziale concorrente che esce, peraltro, fortemente indebolito dalla guerra in Ucraina e dal conflitto globale che il Congresso Usa ha deliberato nei giorni scorsi.
(1) https://ec.europa.eu/commission/presscorner/detail/en/ip_23_1661; e
https://single-market-economy.ec.europa.eu/industry/sustainability/net-zero-industry-act_en
venerdì, 12 gennaio 2024
In copertina: I sei corridoi della Nuova Via della Seta. La Cina è in rosso, i membri dell’Asian Infrastructure Investment Bank in arancione (https://www.merics.org/en/merics-analysis/infographicchina-mapping/china-mapping/ e http://www.cbbc.org/cbbc/media/cbbc_media/One-Belt-One-Road-main-body.pdf ). In nero sono segnalati i corridoi via terra e in blu quelli marittimi. Lommes – Opera propria. https://creativecommons.org/licenses/by-sa/4.0/