Le ricette di Milei e la fine dello stato sociale
di Federico Giusti
Quando si attacca il potere di acquisto dei lavoratori si cancellano anche diritti e tutele individuali e collettive. Di solito i provvedimenti per ridurre il potere di acquisto e di contrattazione vanno di pari passo e si materializzano in varie forme a seconda dei contesti politici ed economici.
Ad esempio, in Italia, ci siamo accorti con grande ritardo della erosione dei salari dopo anni di controriforme in materia di pensioni, lavoro, welfare – tra tagli alla sanità e all’istruzione occultati dietro processi pseudo riformatori.
In Sud America la situazione economica è da tempo critica e molti Paesi sono stati il banco di prova per adottare politiche di mercato e neo liberiste per ridurre il debito pubblico.
Ripetiamo il concetto da cui deve partire ogni riflessione ulteriore: l’erosione del potere di acquisto salariale può manifestarsi in molteplici forme, magari presentando i sacrifici come indispensabili per la salvaguardia dell’economia nazionale; resta il fatto che le politiche neo liberiste in 40 anni si sono materializzate nell’attacco allo stato sociale e ai diritti, al salario e alla democrazia con la contrazione degli spazi di agibilità sindacale e politica, spesso in nome della governabilità.
Il caso argentino è assai indicativo: una inflazione galoppante (cresce del 30% al mese), il rincaro generalizzato delle tariffe, i licenziamenti tra i dipendenti pubblici per ridurre il peso della macchina statale sul bilancio del Paese, politiche industriali che favoriscono le grandi aziende attraverso la concentrazione dei capitali e privatizzazioni.
Il progetto economico di Milei avvantaggia alcune grandi aziende quali Techint, Galperín, le banche e ovviamente i soliti grandi gruppi economici e finanziari.
La ‘legge omnibus’ potrebbe essere sintetizzata in alcuni punti
Privatizzazioni di 41 aziende pubbliche che consegneranno alle multinazionali il controllo dei beni comuni, delle infrastrutture, delle ferrovie e del trasporto aereo ma anche degli istituti bancari. Si privatizzano infatti Aysa, YPF, Enarsa, Aerolíneas Argentinas, Correo Argentino, ARSAT, Ferrocarriles Argentinos, Télam, la Casa de la Moneda e perfino il Banco Nación – uscito indenne dalle privatizzazione degli anni 90 sotto la presidenza Menem.
Milei – privatizzando treni, aerolinee, le società del gas, della corrente e dell’acqua – trasforma i beni comuni in un colossale business per gli imprenditori, soprattutto quelli stranieri. Le grandi aziende monopolistiche non reinvestono i loro profitti e le conseguenze sono il rincaro generalizzato delle tariffe che, poi, è un autentico salasso per la popolazione, specie quella meno abbiente. Stesso ragionamento vale per lo smantellamento dell’edilizia popolare.
Si prevede inoltre la sospensione della mobilità pensionistica, ossia di un bonus minimo previsto da leggi precedenti adottate dopo la nefasta ondata liberista degli anni 90, che sancirà la perdita del potere di acquisto dell’assegno previdenziale di circa il 35%. Pagheranno le pensioni minime ma, in generale, tutti gli assegni previdenziali per i quali saranno cancellati quei meccanismi automatici di adeguamento del costo della vita che, crescendo di mese in mese, sancirà l’erosione del potere di acquisto.
E infine parliamo del debito pubblico. Lo Stato contrarrà prestiti in valuta estera, cioè in dollari (per esempio), senza peraltro alcun passaggio in Parlamento. Pensiamo alla svendita di interi quartieri che potranno essere acquistati a prezzi stracciati da colossi immobiliari statunitensi trasformando i centri storici in grandi hub per affitti brevi, previa espulsione dei ceti popolari (che non avranno i soldi per pagare gli affitti), e delle piccole attività commerciali e artigianali. Aumentare il debito estero significherà anche maggiore dipendenza dall’estero, arretratezza produttiva e maggiore povertà perché ridurre il debito pubblico sarà possibile solo distruggendo lo stato sociale.
venerdì, 5 gennaio 2024
In copertina: La Casa Rosada, Buenos Aires, foto di Julian Zapata da Pixabay