La quest di Karen Badalov nell’Ucraina dell’Operazione Speciale
di Simona Maria Frigerio
Partiamo da una premessa basilare: ll Testimone (in originale, Svidetel) non è film di propaganda più di quanto lo fosse Il Pianista di Roman Polanski. In entrambi i film lo spettatore segue un personaggio, spaesato e avulso dal contesto che lo circonda, mentre cerca la salvezza e, nel farlo, scopre la verità.
Come il pianista di Adrien Brody, il violinista ritratto con rara sensibilità da Karen Badalov si ritrova in un Paese in guerra sebbene non abbia né gli strumenti per interpretare ciò che gli accade intorno né la consapevolezza politica per analizzare le situazioni nelle quali precipita per caso. Il volto di Badalov esprime il medesimo stupore di Brody, incarnando quello di una larga fetta di umanità di fronte all’insensatezza della violenza.
Il protagonista è un violinista belga di origine ebraica (si chiama Cohen), che si ritrova in Ucraina nei giorni in cui la Russia avvia l’Operazione Speciale, e che tenta di rientrare nel proprio Paese, dove lo attende il figlio. Ma oltre a incarnare un personaggio a tutto tondo, è allegoria di sentimenti e convinzioni (o false illusioni) che contraddistinguono il genere umano. Così come lo è la sua manager, donna volitiva abituata a pianificare e manipolare, che ben rappresenta sia la professionista di successo, sia (metaforicamente) la nostra Europa che non comprende niente di ciò che è essere ucraino, russo o slavo ma che pensa di poter controllare chi detiene il potere e le situazioni che si creano (anche indipendentemente dalla sua volontà) semplicemente in quanto europea.
La ricerca umanissima di Cohen/Badalov di tornare a casa si dispiega a tappe come in uno Stationendrama con incontri e situazioni tipici dello scoppio di un conflitto: dagli sciacalli che pensano di poter depredare e arricchirsi (coloro che rubano tecnologia così come coloro che vendono lasciapassare per far fuggire i giovani oltre frontiera evitandogli la chiamata al fronte) ai volontari benintenzionati che tentano di ridare un senso o un ordine a una situazione che lo ha perso (pensiamo a quando una giovane assegna a ogni straniero un numero perché possa salire sul treno per lasciare Kyiv. E quel numero scritto a biro sul polso rimanda inevitabilmente all’orrore dell’Olocausto).
Badalov è misurato e straniato, perfettamente in parte. La sceneggiatura di Sergey Volkov ha ritmi musicali con momenti concitati, come contrappunti, e altri che si aprono all’adagio, permettendo al violinista di uscire lentamente dal proprio universo/mondo, ovattato, di artista per comprendere la realtà ambigua e crudele nella quale è precipitato inconsapevolmente. Anche la fotografia di Anatoly Simchenko, calda e quasi barocca, aiuta lo spettatore a entrare empaticamente in contatto con Cohen. La sua non comprensione è una pungente metafora anche della nostra ignoranza, di noi europei, di fronte a fatti che abbiamo introiettato come veri solamente perché la narrazione massmediatica ha voluto consegnarceli come tali.
Purtroppo, per un problema tecnico, non abbiamo visto il finale e – sebbene si conosca la trama – non sarebbe corretto scrivere una recensione dell’ultima parte del film.
Un’opera che non gronda della retorica statunitense di un Salvate il Soldato Ryan, ma che mira a regalarci – attraverso un uso della macchina da presa morbido e intimo – la narrazione di fatti recenti, ma da un altro punto di vista. E sebbene il film sia pura fiction, molti riferimenti non lo sono – come avviene spesso nelle pellicole di guerra.
Unica pecca, la mania russa di doppiare tutti i dialoghi: Cohen è un belga e comprende poco il russo e ancor meno dovrebbe poterlo parlare. Ci si aspetterebbe, quindi, che per l’intero film parlasse in francese o vallone – soprattutto con il figlio e la manager. Purtroppo questo è un difetto che accomuna Mosca a Hollywood (e a noi italiani, se escludiamo felici eccezioni come Giorgio Diritti).
Film solido, ben costruito, ottimamente interpretato, che consigliamo sia a coloro che credono di sapere tutto sia a coloro che non sanno niente (o quasi) di quanto è accaduto a Mariupol o a Kromators’k (1).
Aggiornamento di sabato 6 gennaio 2024. Apprendiamo da un Comunicato Stampa del Comune di Bologna quanto segue:
“Abbiamo appreso dai social network della proiezione del film di propaganda anti-ucraina Il Testimone in programma nei prossimi giorni presso la casa di quartiere Villa Paradiso. Convocheremo a stretto giro il gestore dello spazio in convenzione, è inaccettabile utilizzare una sede istituzionale per attività di propaganda, siamo contrari a questa iniziativa e chiederemo agli organizzatori di ritirarla”.
Questa Redazione considera tale scelta del Comune non solamente censura preventiva (pratica che in Italia dovrebbe essere vietata) ma altresì un chiaro segno di come il potere politico italiano abbia ormai dimenticato valori quali la libertà di pensiero, di critica e di opinione. Uno Stato che rifiuta dialogo, confronto e posizioni diverse è una dittatura. Spiace profondamente che tale scelta sia fatta da un Comune della cosiddetta sinistra. Il rispetto della Costituzione pare ormai un valore sorpassato di fronte a una vocazione politica sempre più bellicista e filo-atlantica. Non è schierandosi, oggi, con una parte che si potrà essere, domani, mediatori credibili di pace.
Aggiornamento di sabato 7 gennaio 2024
COMUNICATO DEL COORDINAMENTO PARADISO
ll Comune di Bologna, con un gesto censorio inaccettabile, sta facendo pressione all’Associazione che ha in gestione Villa Paradiso perché IL TESTIMONE, un film da noi programmato come Coordinamento Paradiso per sabato 27 gennaio, non venga proiettato.
Il Comune, con il suo scellerato comunicato, non si è limitato a esprimere disappunto per questa iniziativa, ma ha convocato per lunedì 8 gennaio i responsabili dell’Associazione che a Villa Paradiso ha in gestione la Casa di Quartiere.
Il film sarebbe propagandistico e “pro-russo”, “putiniano”, insomma il nuovo male assoluto. Come organizzatori dichiariamo quanto segue:
- Il film non è vietato dalla legge italiana.
- Non ci risulta che il nostro Paese sia ufficialmente in guerra con la Russia.
- I cittadini hanno diritto di informarsi scegliendo le fonti, piaccia o meno a chi ha creato un clima di caccia alle streghe finalizzato a imporre un unico punto di vista, ignorando e censurando gli altri, con grave lesione della libertà di informazione e di espressione garantita dall’art. 21 della Costituzione.
- Questo atteggiamento censorio è del tutto funzionale e finalizzato a non trovare una soluzione negoziale a questa guerra, dove il popolo ucraino è diventato vittima sacrificale di ben altri interessi.
- La nostra volontà è quella di dare voce anche a chi dice che in Ucraina vige un regime autoritario che ha rivalutato personaggi complici del nazionalsocialismo come Stepan Bandera, mentre il regime nato da un golpe del 2014 ha messo fuori legge 16 partiti, chiuso giornali, emittenti. La “SBU” (Servizio Segreto Ucraino) persegue ogni reato ritenuto di semplice opinione, praticando sevizie e torture sugli oppositori; non abbiamo sentito da parte di alcun media e istituzione dire una sola parola su questi fatti.
- È legittimo sentire la voce di chi critica questo regime ucraino infarcito di neonazisti, a maggior ragione se si è antifascisti e contrari alla guerra. La gravità del gesto del Comune sta nella sua ingerenza censoria antidemocratica, dunque inaccettabile, guarda caso paragonabile a quanto accaduto a Bologna nel marzo del ’77, con la chiusura manu militari di Radio Alice e l’invocazione a reprimere il Movimento di allora da parte della giunta del PCI. Oggi, con l’amministrazione del PD, in uno stato che non è di guerra ma è come se lo fosse, si ripete la stessa logica liberticida in un contesto in cui non è più possibile contestare o anche solo criticare, documentandosi da altre fonti che non siano quelle del pensiero unico.
- L’atto liberticida e antidemocratico del Comune costituisce un pericoloso precedente, che sottrae il diritto di libera espressione. Pertanto ci appelliamo a tutte le forze democratiche e antifasciste per una civile mobilitazione che esprima tutto lo sdegno a questa manovra di palazzo: un atto irresponsabile che potrebbe lasciare spazi a chi con provocazioni, o peggio, si senta poi autorizzato a compierle. Due anni fa, abbiamo visto nella nostra città assalti squadristi di personaggi legati a Pravy Sektor alla festa antifascista in Bolognina e un tentativo di stupro in zona Mazzini ai danni di una compagna. Invitiamo tutti ad una mobilitazione di massa sul tema della censura di guerra, che dall’Ucraina alla Palestina viene imposta da governi scellerati e da cricche bipartisan che non ci rappresentano.
Svidetel (Il Testimone)
regia David Dadunashvili
sceneggiatura Sergey Volkov
fotografia Anatoly Simchenko
con Karen Badalov, Yuliya Afanaseva ed Evrika Allaverdonts
Federazione Russa, 2023
2h 8min
(1) Qualche dubbio in più su Kromators’k:
venerdì, 5 gennaio 2024
In copertina: La locandina del film