Il viaggio continua… nel passato
di Francesco Angiolini
La mia ultima tappa in Cambogia è quella più nota, più conosciuta al mondo: Angkor Wat. Per visitare i templi, la città in cui si soggiorna è Siem Reap, in cui arrivo con un bus notturno da Sihanoukville. Non so per quale motivo ma i biglietti per accedere alla zona dei templi vanno acquistati il pomeriggio precedente nello spazio di una sola ora. Dopo aver acquistato il mio biglietto nominativo passeggio per la cittadina e ceno in una delle decine di bancarelle che preparano street food in riva al fiume. In tre giornate a Siem Reap posso dire di aver scoperto forse il miglior street food mai assaggiato finora! Per questa prima sera opto per un riso fritto con ananas e pollo e lo definirei squisito.
Oramai mancano poche ore per realizzare il sogno di una vita! Ho scelto di visitare l’area con una bicicletta a noleggio concentrandomi sull’anello piccolo. L’area dei templi è difatti una distesa infinita e non è possibile visitarli tutti in una giornata e, probabilmente, nemmeno in una settimana! L’anello piccolo racchiude comunque tutti quelli principali e imperdibili. L’unico wat che mi dispiace molto non poter vedere è quello di Banteay Srei, ma è veramente troppo lontano per essere raggiunto in bicicletta in giornata. Il costo del biglietto per un solo ingresso giornaliero è già alto, ossia 37 dollari, ma questa è una di quelle mete che ritengo imprescindibili nel mio percorso di viaggio.
Decido di svegliarmi presto per essere alle 5 di mattina posizionato, con altre decine di persone, all’ingresso del parco templare di Angkor in attesa di un’alba magnifica, una delle più mozzafiato della mia vita. Dopo aver visto il cielo, da nero, colorarsi – quasi dipinto da un pennello intriso nell’azzurro e nell’arancione carico come un pompelmo – inizio la mia marcia. Visiterò le rovine nella direzione opposta a quella seguita dalla maggior parte dei turisti così da potermi godere qualche tempio senza la calca usuale. Non entro, quindi, subito nel tempio principale di Angkor ma percorro la distanza maggiore e mi dirigo a Prasat Kravan – un piccolo wat incoronato da cinque guglie di cui solamente una è rimasta intatta e in cui posso vagabondare in solitudine.
Il secondo tempio si chiama Banteay Kdei e qui inizio a notare quella che scoprirò essere la caratteristica principale anche dei successivi, ovvero il fatto che la natura, la fa da padrona vivendo a stretto contatto con gli edifici da secoli così da rendere l’atmosfera quasi mistica. Banteay Kdei ha tantissime finestre – che creano delle bellissime prospettive e scorci – dalle quali sbirciare. Non è al livello di ciò che vedrò in seguito, ma queste rovine sono un’ottima introduzione per pregustare il meglio.
Il percorso in bicicletta è veramente piacevole e, per la maggior parte del tempo, anche ombreggiato dagli alberi a bordo strada.
Arrivo di buona lena al terzo wat e mi trovo di fronte alla meraviglia del Ta Prohm. Qui la natura ha veramente preso il controllo su tutto. È in questo tempio che è stata girata una tra le scene più famose di Tomb Raider. Quello che colpisce sono dei fantastici alberi con delle imponenti radici che diventano un tutt’uno con le rovine, mentre il muschio ricopre di verde i muri quasi per intero. La sensazione è che il tempo si sia fermato e, nonostante vi siano turisti dappertutto, è un’autentica meraviglia!
Proseguendo lungo il percorso mi imbatto nel Ta Keo, che è caratterizzato da una lunga e ripida scalinata la quale, una volta percorsa, regala una gradevole vista sugli spazi circostanti.
Dopo una breve visita al Prasat Chau Say Tevoda e al Thommanon, entro nell’area dei templi di Angkor Thom. Già l’ingresso è d’impatto in quanto la porta, attraverso la quale si accede al complesso fortificato, si caratterizza per il volto di pietra che la sovrasta e che lascia presagire lo spettacolo che mi attende!
Lungo la via – all’interno del quadrato murario di Angkor Thom – mi imbatto in due ‘terrazze’: quella del Re lebbroso e quella degli elefanti. Quest’ultima non mi colpisce più di tanto ma c’è anche da dire che è in gran parte ricoperta e non accessibile in quanto in ristrutturazione, mentre la prima presenta uno stupendo cunicolo ricoperto di effigi di corpi – più o meno umani, uno diverso dall’altro.
Mentre mi dirigo verso il Bayon, il tempio principale di Angkor Thom, entro in un tempietto che ospita la statua di un Buddha e qui, con mia grande sorpresa, sono, o almeno credo di essere battezzato da un monaco! Pochi metri più avanti, nei pressi del Bayon, noto che decine di scimmie scorrazzano libere e mi fermo a osservare una mamma che allatta amorevolmente il proprio cucciolo.
Giungo quindi all’ultimo tempio, che sarà anche il mio preferito. Esplorandolo si scoprono, a ogni angolo, nuove sculture, nuovi bassorilievi, nuovi scorci, nuovi volti. Ebbene sì, se avete visto almeno una volta delle foto dei templi di Angkor Wat non potrete non aver notato i volti scolpiti nella pietra, tipici del Bayon, che si ergono anche sulle guglie più alte, e che a me hanno trasmesso un profondo senso di pace e di tranquillità, come se fossero lì per vegliare sulle rovine e sull’intera umanità.
All’interno di Angkor Thom sono racchiusi davvero i gioielli dell’intero complesso.
Uscendo dal recinto murario, sono assalito da due scimmie voraci che puntano l’ananas che ho in mano. Mi ero già reso conto della pericolosità delle scimmie quando si recano alimenti ma non mi aspettavo di trovarmele di fronte in questo modo. Dopo aver scampato il rischio di perdere il mio pranzo tardivo, decido di girovagare ancora un po’ per i giardini, circondato da numerosi bassorilievi con scene belliche e mi gusto le ultime meraviglie di Angkor Wat. Al tramonto si conclude questa giornata ricca di emozioni.
Il prossimo appuntamento sarà dalla Thailandia!
venerdì, 22 dicembre 2023
In copertina: Foto di Francesco Angiolini (tutti i diritti riservati, vietata la riproduzione)