La poesia come regalo per questo Natale
di Simona M. Frigerio
In tempi violenti, omologanti e, per certi versi, vuoti di ideali e speranze, come questi, anche un libro di poesia può essere un modo per estraniarsi o, forse, entrare più in sintonia con se stessi e con il meglio che l’essere umano può regalare all’altro da sé.
Ci ha fatto molto piacere, quindi, quando il collega Emilio Nigro ci ha regalato il suo ultimo libro, Edipo in fuga, un’agile raccolta di poesie in versi liberi che dimostrano non solamente il bagaglio culturale dell’autore ma anche la sua voglia di ritornare alle sue radici, più terrene e umane.
Non possiamo scriverne propriamente una recensione, dato che conosciamo Nigro da anni, ma alcuni spunti di lettura sì.
In queste pagine si insegue non solamente il personaggio sofocleo, bensì un ventaglio di figure erranti e di anti-eroi – dall’Ulisse di un ennesimo naufragio di senso, allo sciamanico Orfeo che incanta la morte. E partendo proprio dai molti riferimenti mitologici di Nigro è facile, soprattutto quando la cultura classica si fonda con i riferimenti della società contadina, ripensare a Che Guevara che è morto in e per quella Bolivia che oggi è baluardo di democrazia e difesa dei diritti dei nativi, ed è riuscita a sconfiggere le mire egemoniche occidentali e il golpe delle destre; o a Victor Jara, il cantore del derecho de vivir en paz, al quale la dittatura feroce di Pinochet spezzò le dita delle mani per impedirgli di suonare ancora, prima di giustiziarlo. La poesia apre la mente ed è un piacere viaggiare veloci sul carro di Apollo e traslare e riandare pindaricamente tra passato e passato prossimo.
Le poesie di Nigro – tutte senza titolo ma scandite da luogo e data di composizione, quasi fossero pagine di un diario intimo o di testi di un concept album – rimandano indubbiamente a momenti di vita, a battaglie perse, tentativi fallimenti e vittorie, esperienze che l’autore assorbe da pagine di storia passata o recente, letteratura, quotidianità, esistenze di questo circo/mondo per poi rielaborarle in un discorso intimo tra sé e sé e tra sé e il lettore. Non a caso leggiamo questo libro ascoltando Pongo en tus manos abiertas…, uno dei più begli album di Jara, che ricompone frammenti di storie, vite sofferte, vinte eppure indomite, che non rinunciano a rialzarsi per ricominciare la lotta: pezzi di un puzzle umano che solo la fede (ideologica per Jara, religiosa per Nigro) può ricomporre.
L’altro filone sotterraneo di queste poesie è sicuramente il richiamo alla natura, come scrivevamo, una natura insieme poetica (“…l’autunno sfregiato dagli afrori”; “Solo il canto del mare / è motivo fedele / e l’esule luna”; “Siamo spighe / fiori di mela”) ma anche molto più sporca e sofferta, come la vita umana (“La vite gialla, il muro / le ossa sepolte dai cani” e, nella medesima, “I capelli unti del salice / secchi, toccano terra”). Una natura né amica né ‘matrigna’, bensì coprotagonista, lontanissima dalle mode green in quanto profondamente calata nel nostro quotidiano, complice e casa (emblematica per spiegare quanto scriviamo: “E così mi hai dimenticato / come si butta un sasso a mare / e se ne cerca un altro / fra i giunchi e l’erba alta / per non farsi vedere”).
Quando si chiude l’ultima pagina del libro è come se si salutasse un amico appena conosciuto, un compagno di viaggio che, su un treno di notte, ci abbia raccontato la sua vita tra frammenti di verità e sogni a occhi aperti. E ci si saluta. E ci si scambia persino il numero di telefono pur sapendo che non ci si sentirà più e che l’attimo è stato – ed è fuggito. Ma poi, sulla banchina, tornando a casa ci si accorge di stare cantando, con Violeta Parra: “Gracias a la vida que me ha dado tanto / Me ha dado la risa y me ha dado el llanto”.
Edipo in fuga
di Emilio Nigro
© 2022, Les Flâneurs Edizioni
pagine 82
Euro 10,00
venerdì, 22 dicembre
In copertina: Particolare della copertina del libro (figura teriomorfa, di divinità rappresentata in forma d’animale, pittura rupestre indonesiana – dettaglio)