Shale gas made in Us: dov’è il popolo Green?
di Luciano Uggè (traduzioni di Simona Maria Frigerio)
“L’inverno del nostro scontento” – come recitava Riccardo III – non sarà “reso estate gloriosa da questo sole di” scisto!
Ci prepariamo al secondo anno di guerra (per procura) in Donbass e, nel 2024, alla Golar Tundra, ormeggiata nel porto di Piombino, si aggiungerà un’altra nave rigassificatore, in quello di Ravenna. L’amministratore delegato di Snam, Stefano Venier, afferma che per quanto riguarda il rigassificatore di Piombino: “Praticamente abbiamo venduto quasi tutta la capacità per i prossimi 20 anni” (come da articolo su IlSole24Ore) e le due navi insieme dovrebbero fornire il “13% del fabbisogno energetico italiano”.
Tutto bene quel che finisce bene?
Cos’è lo shale gas (o gas di scisto)? Quanto inquina estrarlo? Trasportarlo è green? Avere una nave rigassificatore in un porto non comporta rischi ambientali? E infine, tali scelte significano procrastinare gli investimenti sulle energie rinnovabili?
Per quanti anni saremo dipendenti dal gas Made in Us?
Partiamo dall’ipotesi ragionevole che la Snam vorrà rientrare degli investimenti fatti. Venier aveva già dichiarato alla stampa che: «Con i due rigassificatori che abbiamo acquistato e con l’ampliamento della capacità della nave Olt di Livorno, che è stata autorizzata ad alzare l’asticella a 5 miliardi di metri cubi annui, l’Italia avrà nel 2025-2026 il 40% del proprio fabbisogno copribile con forniture di gas liquefatto rispetto al 20% precedente».
Come spiega www.qualenergeia.it (1), in un interessante articolo (al quale vi rimandiamo), tali rigassificatori sono “navi, più alte di condomini e lunghe oltre 300 metri”, che “possono immagazzinare in media 170mila metri cubi di Gnl a volta, rigassificarlo, scaldandolo con l’acqua di mare, e immetterlo nella rete”. E però, aldilà dell’impatto visivo, come spiega nel medesimo articolo il climatologo del MIT, John Sterman, in merito ai 20 terminali galleggianti che si dovrebbero costruire Germania, Italia, Grecia, Francia, Paesi Bassi, Croazia, Estonia, Finlandia, Lettonia, Slovenia e Regno Unito: “Ognuna di quelle navi si stima costerà una media di 500 milioni di dollari. Siamo sicuri che spendendo quelle stesse risorse in miglioramenti dell’efficienza e nel risparmio, che possono dare dei frutti subito, e poi sul medio periodo in impianti solari ed eolici, non si sarebbe ridotta la stessa quantità di energia che la Russia esportava in Europa?”.
In pratica, ci troviamo di fronte a un investimento miliardario per navi rigassificatori che, ovviamente, dovrà essere ammortizzato con la garanzia che gli Stati continueranno a usare gas di scisto per i prossimi decenni. Una scelta compatibile con le dichiarazioni ambientaliste dei vertici Ue? La realtà è che l’accordo siglato tra la – non eletta – Commissione Europea e la Casa Bianca prevede che noi si acquisti almeno 50 miliardi di metri cubi l’anno di shale gas fino al 2030.
L’effetto farfalla
Chiediamoci, innanzi tutto, se il gas di scisto è inquinante e se impatterà negativamente sulla vita dei cittadini statunitensi (i quali, forse, vedranno le proprie aziende guadagnarci ma non è detto che questo si ripercuota positivamente sulle loro vite, come stanno sperimentando, ad esempio, i cittadini hawaiani, che riceveranno da Washington 95 milioni di dollari di aiuti per gli incendi devastanti subiti a fronte dei 250 milioni di nuovi stanziamenti in armamenti per l’Ucraina).
L’estrazione del gas metano con il fracking è altamente nociva sia a livello climatico che ambientale, oltre che molto costosa. Difatti, prima che la nostra alleata Ucraina (secondo l’inchiesta congiunta dei tedeschi Der Spiegel e ZDF), magari aiutata o supportata dai nostri alleati statunitensi (che sono gli unici a guadagnarci, secondo l’inchiesta del Premio Pulitzer Seymour Hersh), portasse a termine gli attentati ai gasdotti Nord Stream 1 e 2, il gas di scisto non era competitivo e i vari impianti di estrazione e i terminali di esportazione stavano chiudendo o ‘languendo’ in attesa di un ‘miracolo’. Il che è avvenuto puntualmente – a discapito, però, dei cittadini residenti nelle zone di estrazione che, da anni, lamentano l’inquinamento di falde, aria e terreni.
Ma leggiamo cosa scrive la University of Chicago, che puntualizza come la costruzione di un impianto per il fracking può comportare un aumento di agenti inquinanti, quali: monossido di carbonio, monossido di azoto, idrocarburi e particolati. Mentre, durante il funzionamento dell’impianto, si avrà un aumento di composti organici volatili, “inclusi benzene, toluene, etilbenzene, xilene e altri idrocarburi tossici”. Le conclusioni rimandano alla farfalla quando batte le ali…: “La popolazione esposta all’impatto ambientale dello shale gas può non essere la stessa che beneficia dello sviluppo delle risorse di shale gas non convenzionale, e la popolazione esposta può registrare una perdita netta. Da un punto di vista della salute pubblica, valutare le emissioni di PM da sviluppo dello shale gas può essere cruciale dato che sia nel breve (ore, giorni) sia nel lungo periodo (mesi, anni) l’esposizione al PM2.5 può essere dannosa, specialmente per la popolazione più vulnerabile quali donne incinte, bambini e anziani” (2).
Non solo. Come puntualizza green.it: “Oltre all’evidente spreco di acqua, il fracking comporta altre ripercussioni di carattere ambientale: l’inquinamento della falda acquifera da sostanze chimiche e l’aumento del numero di terremoti registrati nella zona oggetto dello studio” (3).
Appurato che estrarre shale gas è costoso e inquinante, almeno il suo trasporto via mare è green?
Navi cargo e gasiere
Le navi cargo, ma anche quelle da crociera (e non fanno eccezione le gasiere), inquinano come milioni di auto. Come scrive www.hdmotori.it: “se si confrontano le emissioni di una grande nave da carico con un’auto, in termini di zolfo e ossido di azoto, il danno procurato dalla prima è pari a 50 milioni di veicoli”. E ancora, dati alla mano: “bastano 15/20 di queste navi per inquinare quanto tutto il parco auto mondiale”.
Proprio a causa del trasporto via mare, oltre che del doppio processo di trasformazione dallo stato gassoso a liquido e viceversa, lo shale gas statunitense non è mai stato competitivo e, prima dell’esplosione del Nord Stream, a dicembre 2021, il suo prezzo era di 415,3 dollari per mille metri cubi di gas, mentre quello russo convenzionale ci costava 273 dollari.
Ciliegina sulla torta, che aggiunge sempre www.lifegate.it (5): “il costo non è solo economico, c’è anche quello ambientale: secondo un rapporto condotto dal Centro studi Carbon 4 sull’approvvigionamento energetico francese nel 2019, l’impronta di carbonio del gnl è risultato 2,5 volte superiore a quella del gas trasportato tramite gasdotto”.
Navi rigassificatore ed eco-compatibilità: cosa ne pensa GreenPeace
Secondo Alessandro Gianni, in un interessante approfondimento per GreenPeace, “le prove di sicurezza sono state fatte dai progettisti su incarico del proponente in condizione di assenza di vento o con un vento massimo di 25 nodi. Tuttavia, i venti qui possono essere ben più forti e gli esperti considerano queste prove del tutto inadeguate e con elementi insufficienti a pianificare le operazioni di emergenza”. Leggendo queste righe cominciamo a preoccuparci. Le Libecciate per noi toscani sono all’ordine del giorno. In caso di incidenti, ricordatevi ciò che ha scritto Gianni.
A livello ambientale, pensiamo al cosiddetto Santuario dei Cetacei ma anche agli impianti di itticoltura presenti nell’area e poi consideriamo quanto scrive sempre GreenPeace (e che ci risulta anche da altre fonti stampa): “il rigassificatore… opererà a ‘ciclo aperto’, cioè ha bisogno di prelevare acqua e scaricarla. Si prevede il prelievo di 18 mila metri cubi all’ora di acqua di mare che dovrà essere sterilizzata con pura candeggina (ipoclorito di sodio), per evitare le incrostazioni, e scaricata fredda, a -7°C rispetto a quando prelevata, insieme a una concentrazione di 0,2 mg/l di candeggina. Dunque, ogni giorno verrebbero scaricati in mare 86,4 kilogrammi di candeggina. Per un totale annuo di 31,5 tonnellate”.
Ricordiamo che, in zona, continua la never ending story della Solvay (7) e la situazione ambientale di Piombino è tra le peggiori d’Italia (8).
Ma «Chi se ne frega della politica, questo è un film d’amore!» (9) (Moretti docet). Peccato che, forse, siamo andati oltre: non c’è più nemmeno l’amore, resta soltanto il greenwashing per mascherare che il Re è nudo e il 10% di sconto al supermercato quando ormai siamo abituati a promozioni migliori!
(1) https://www.qualenergia.it/articoli/sempre-piu-rigassificatori-in-europa-sempre-piu-dipendenti/
(4) https://www.hdmotori.it/2018/12/10/maersk-navi-cargo-emissioni-inquinamento/
(5) https://www.lifegate.it/rigassificatori-cingolani-sicurezza
(9) Citazione da Il sol dell’Avvenire di Nanni Moretti
venerdì, 15 dicembre 2023
In copertina: Foto di Petra da Pixabay