Non c’è il 2 senza il 3
di Luciano Uggè
Dopo Assassinio sull’Orient Express e Assassinio sul Nilo, il regista Kenneth Branagh – già famoso per i suoi adattamenti cinematografici dei lavori shakespeariani – prosegue con il nuovo filone, ossia l’dattamento dei gialli di Agatha Christie – conservando i medesimi collaboratori dei precedenti.
L’ultimo in ordine di tempo è tratto da Hallowe’en Party ed è sicuramente il meno fedele dei tre all’originale, trasformandosi da giallo whodunit con vaghe atmosfere gotiche in uno pseudo-thriller pseudo-supernaturale.
Perché pseudo-thriller? In verità il film è un tale polpettone, stracarico di primissimi piani e cliché del genere – pensiamo al rubinetto senz’acqua dal quale, d’improvviso, escono fiotti di liquido ustionante; o al fantasma riflesso nello specchio (meglio quello che emerge dal vapore del bagno in Le verità nascoste); o al fantasma dei bambini rinchiusi in cantina a morire di fame (che rimanda a horror sull’infanzia brutalizzata in istituti totalizzanti, come Occhi di cristallo o The Orphanage) – che l’unico momento in cui si sobbalza in poltrona è quando si è svegliati di soprassalto dal fragore di un lampadario che precipita a terra. Siamo lontanissimi dai segreti della suspense à la Alfred Hitchcock e prossimi a un parossismo rumoristico che si ripete a intervalli regolari forse a ‘risvegliare’ la nostra attenzione.
Anche l’aggettivo pseudo-supernaturale è dovuto a una volontà di creare atmosfere (in questo caso perturbanti) senza esserne, però, in grado. I tentativi continui di Poirot di riportare ogni accadimento sul piano della razionalità rallenta semplicemente il ritmo di un film eccessivamente verboso. E anche le inquadrature che dovrebbero suscitare angoscia, paiono semplici prove di maestria tecnica. Facciamo un esempio: il primissimo piano dell’occhio di un pappagallo cacatua (banalmente, forse, si vorrebbe che ci chiedessimo di cosa sarà stato testimone) non ha certo l’impatto dei merli in Profondo rosso o degli uccelli di Hitchcock che si avvicinano minacciosamente, prima, uno per uno e, poi, a stormo, e men che meno dei corvi psicopompi di La metà oscura di Stephen King. L’horror decisamente non è nelle corde di Branagh regista (come ha dimostrato anche il suo Frankenstein di Mary Shelley, che però si giovava di una eccellente prova attorale di Robert De Niro).
In breve, l’incapacità di sollecitare, almeno, interesse o curiosità per le presunte motivazioni del possibile pluriomicida, in un ambiente ristretto, è probabilmente dovuta (oltre a una sceneggiatura ancora più lenta delle precedenti, sempre a firma Michael Green, e a dialoghi ripetitivi: la successione degli interrogatori ha un sapore televisivo) anche alla mancanza di quei panorami esteticamente e fotograficamente mozzafiato, che sollazzavano l’occhio in Assassinio sull’Orient Express e facevano da contraltare alla costrizione di azione e performance attorale imposta dai vagoni del treno.
Venezia (godibile solo in apertura e chiusura) risulta comunque fumettistica (ancor più del precedente Nilo o Egitto iperrealista hollywoodiano color oro, invece che sabbia). E la casa che gronda incuria e umidità pare un’invenzione da video gioco dopo la sequela di case infestate di ben altri thriller e horror.
Anche le prove attorali non sono esaltanti. Tra un Riccardo Scamarcio che sembra perso quando dovrebbe apparire machiavellico e un Johnny Depp cattivo per antonomasia si incunea un abisso. Irriconoscibile Jamie Dornan, che avevamo applaudito in The Fall – Caccia al serial killer e che aveva dato ottima prova in Belfast, sempre di Branagh, che qui non è assolutamente in parte e risulta poco credibile – volendo trasformare un personaggio da thriller in un personaggio da tragedia teatrale. Ed è proprio la teatralità che si respira nell’intera ‘pellicola’ a non funzionare: il dramma da camera e gli enigmi della camera chiusa non sono sinonimi né hanno bisogno dei medesimi ritmi o approfondimenti psicologici.
Gli ultimi minuti del film (i più godibili), nel nostro caso sono stati conditi dal profondo ronfare dello spettatore alle nostre spalle.
Assassinio a Venezia
titolo originale A Haunting in Venice
Us, 2023
regia Kenneth Branagh
soggetto dal romanzo Poirot e la strage degli innocenti di Agatha Christie
sceneggiatura Michael Green
fotografia Haris Zambarloukos
montaggio Lucy Donaldson
musiche Hildur Guðnadóttir
scenografia John Paul Kelly
costumi Sammy Sheldon
interpreti e personaggi:
Kyle Allen: Maxime Gerard
Kenneth Branagh: Hercule Poirot
Camille Cottin: Olga Seminoff
Jamie Dornan: dott. Leslie Ferrier
Tina Fey: Ariadne Oliver
Jude Hill: Leopold Ferrier
Ali Khan: Nicholas Holland
Emma Laird: Desdemona Holland
Kelly Reilly: Rowena Drake
Riccardo Scamarcio: Vitale Portfoglio
Michelle Yeoh: Joyce Reynolds
venerdì, 10 novembre 2023
In copertina: La Locandina del film