Dopo i social, è la piazza a essere sotto attacco
di Simona Maria Frigerio
La nostra società delle regole sappiamo che si basa su due pesi e due misure: inutile negarlo, è talmente lampante che ripetere il concetto è pura tautologia. Così come sappiamo che esistono morti di Serie A e Serie B, crimini contro l’umanità ed effetti collaterali, azioni di guerra denominate missioni di pace e così via.
Non ci ripeteremo.
E però sta venendo avanti anche una nuova forma di coercizione, oltre alla propaganda martellante contro la cosiddetta disinformazione (quasi più assillante della pubblicità di Che tempo che fa – da mesi in onda a reti unificate). Ossia la proibizione di manifestare anche pacificamente il proprio dissenso e perfino di gridare slogan (o scrivere un post).
Questo sta accadendo in Iran? Oppure in uno di quei Paesi che consideriamo forme di dittatura e antidemocratici?
La risposta è no: accade ormai da tre anni nel nostro Occidente e, soprattutto, nel ‘giardino’ europeo (Borrell docet).
In questi giorni, a mano a mano che la risposta armata di Israele contro i crimini di Hamas si trasformava in una sequela di crimini di guerra contro la popolazione civile palestinese – dai bombardamenti a tappeto sulla Striscia di Gaza all’assedio di un’intera popolazione (a cui erano tagliati acqua ed elettricità), dalla punizione collettiva all’uso di bombe al fosforo, come denunciato da Human Rights Watch (1) – i cittadini di vari Stati europei e negli States hanno cominciato a scendere in piazza contro l’appoggio militare occidentale a Israele, per un immediato cessate il fuoco e per il riconoscimento dello Stato di Palestina (unica soluzione definitiva a 75 anni di violenze).
A New York City il 9 ottobre si è vista, ad esempio, una protesta di ebrei (visibilmente ortodossi dato l’abbigliamento) e pro-palestinesi (presenti non solamente arabi, ma anche wasp e afroamericani) che ha dimostrato come le diverse comunità newyorkesi possano dialogare tra loro e chiedere, oltre alla fine delle violenze da entrambe le parti, il riconoscimento dello Stato di Palestina (2). Non si sono viste, al contrario, forze dell’ordine intervenire per bloccare la manifestazione pacifica (anche se in aperto dissenso con la politica del Presidente Biden che promette di poter e voler sostenere ben due fronti di guerra contemporaneamente – in Donbass e a Gaza – a spese, ovviamente, oltre che delle popolazioni civili martoriate dei contribuenti statunitensi).
In Francia, i nervi delle forze dell’ordine e del Presidente Macron sono nuovamente scoperti. Con il pretesto dell’ordine pubblico si sono vietati i cortei pro-Palestina e la polizia, come ci informa Reuters (3), ha utilizzato gas lacrimogeni e cannoni ad acqua per disperdere i manifestanti. Invece di porsi come mediatore del conflitto e, soprattutto, invece di invitare le comunità musulmana ed ebrea presenti in Francia a una comune azione di pace, ancora una volta il Governo francese tenta di far tacere la protesta usando la forza e la protervia (come accaduto anche recentemente con le manifestazioni dei francesi contro la riforma delle pensioni).
Nonostante la polizia britannica avesse minacciato che chiunque avesse mostrato sostegno a Hamas sarebbe stato arrestato, a Londra si è svolta un’imponente marcia, pacifica, a favore del popolo palestinese. Ciò che suscita perplessità è l’avvertimento della polizia: zittire le persone non equivale a risolvere il problema. Se vi sono fiancheggiatori di Hamas nel Regno Unito, non saranno certamente così sprovveduti da farsi arrestare per uno slogan in piazza! Ma far tacere la popolazione pare l’unico vero scopo di qualsiasi provvedimento prendano le autorità in Europa (grazie al controllo dei social o delle piazze).
Ancora più inquietanti i provvedimenti liberticidi tedeschi. A Francoforte, infatti, si sono svolte diverse manifestazioni filo-israeliane ma “il Tribunale Amministrativo dell’Assia, viceversa, ha vietato le manifestazioni filo-palestinesi” (4). Ormai la Germania è una nazione alla deriva e lo dimostrano anche simili scelte anti-democratiche. Un Paese che non ha nemmeno la forza per chiudere le indagini sugli attentati contro il Nord Stream e prendere provvedimenti contro gli esecutori materiali e i mandanti di un crimine internazionale che sta portando alla deindustrializzazione della Germania (e dell’Europa), teme la destabilizzazione se qualche migliaio di cittadini scende in piazza a chiedere l’applicazione delle Risoluzioni dell’Onu e la difesa dei bambini e dei civili palestinesi.
A differenza della Francia, che vieta le manifestazioni, se ne sono tenute senza particolari ostacoli, a Stoccolma, Siviglia, Barcellona e Lisbona. In Italia, a Milano, Torino, Roma, Firenze, Bari e altre città.
E qui aggiungiamo un inciso. Come ha reagito la politica nostrana a queste richieste di un cessate il fuoco e del riconoscimento dello Stato di Palestina? In un momento di una gravità epocale, Elly Schlein ha eluso la domanda, con un pensiero tanto arzigogolato da fare concorrenza a certi leader della fu Democrazia Cristiana che sostenevano l’esistenza di ‘convergenze parallele’: «La questione non è tanto andare o non andare a una manifestazione. Bisogna distinguere i piani, non facciamo l’errore: condanniamo manifestazioni di supporto ad attacchi che sono inaccettabili anche in una democrazia, non si può riconoscere come un’idea ciò che mira all’eliminazione del popolo ebraico, ma non dobbiamo perdere il filo e riconoscere i diritti del popolo palestinese, arrivando a una soluzione pacifica in Medio Oriente» (5). Giorgia Meloni, dal canto suo, ha risposto: “Il governo esprime la sua vicinanza alla Comunità Ebraica di Roma, ai famigliari e ai discendenti dei deportati. Oggi più che mai, a seguito del terribile attacco di Hamas, ribadiamo la nostra solidarietà all’intero popolo d’Israele, ferito nuovamente dall’odio antisemita” (6). Se la leader del PD è cerchiobottista, nel Primo Ministro si avverte una profonda confusione: gli attacchi criminali di Hamas non sono contro gli ebrei (e, quindi, motivati da antisemitismo) bensì contro gli israeliani sionisti (che si appropriano di sempre maggiori porzioni di terra palestinese da 75 anni, violando tutte le successive risoluzioni Onu e le leggi internazionali e uccidendo o costringendo all’esodo uomini, donne e bambini). Se le Nazioni Unite avessero avuto la forza di imporre quelle risoluzioni, oggi non staremmo assistendo all’ennesima carneficina.
E mentre l’Occidente dimostra la propria impotenza di fronte alle sempreverdi mire egemoniche di Israele, supportato dagli States, solamente la Russia ha presentato una Risoluzione al conflitto israelo-palestinese al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, che prevedeva un cessate il fuoco umanitario, il rilascio di tutti gli ostaggi, l’accesso a Gaza per assistenza medica e l’evacuazione in sicurezza dei civili. Una richiesta di civiltà per evitare il genocidio (7) della popolazione palestinese (e quanto accaduto poco dopo all’ospedale Battista Al-Ahli Arabi ha dimostrato come occorra fermare subito il massacro). Doveroso sapere chi abbia votato contro questa richiesta di restare umani (come avrebbe detto Vittorio Arrigoni): US, UK, Francia e Giappone. Hanno votato a favore: Russia, Cina, Mozambico ed Emirati Arabi. Gli astenuti (ma come si farà a lavarsi le mani come Ponzio Pilato, in questo momento?) sono stati: Albania, Brasile, Ecuador, Ghana, Malta e Svizzera. Questa proposta può essere rimessa in gioco solo dalla società civile, occidentale, ma anche araba e israeliana, scendendo nuovamente in piazza. La pace non si raggiunge con lo sterminio di un popolo.
(2) La manifestazione a NYC del 9 ottobre:
(3) L’ordine pubblico e il diritto a manifestare: https://www.reuters.com/world/europe/france-bans-pro-palestinian-protests-citing-risk-disturbances-public-order-2023-10-12/
(4) Manifestazioni europee: https://it.euronews.com/2023/10/14/per-israele-o-per-la-palestina-manifestazioni-in-tutta-europa
(5) La risposta di Elly Schlein: https://www.open.online/2023/10/14/italia-manifestazioni-pro-palestina-video/
(6) L’affermazione di Giorgia Meloni: https://it.euronews.com/2023/10/16/meloni-solidali-con-israele-per-il-terribile-attacco-di-hamas
(7) Il termine genocidio è mutuato dall’opinione del politologo ebreo statunitense Norman Finkelstein: https://www.lantidiplomatico.it/dettnews-norman_finkelstein_a_gaza_israele_sta_commettendo_una_via_di_mezzo_tra_un_crimine_contro_lumanit_e_un_genocidio/8_51252/
venerdì, 20 ottobre 2023
In copertina: Gaza prima dei bombardamenti israeliani, foto di Hosny Salah da Pixabay