Il 16 settembre non sarà più ricordato solo per il Massacro di Sabra e Shatila e l’assassinio di Victor Jara
di La Redazione di InTheNet (traduzioni di Simona Maria Frigerio)
In questi giorni in cui Israele porta avanti azioni che sono a tutti gli effetti crimini di guerra contro il popolo palestinese (forse mirando a una seconda Nakba che ʻliberi’ ulteriori territori da occupare con esercito e coloni in spregio alle leggi internazionali), pubblichiamo la traduzione di ampi stralci della Dichiarazione finale del Summit dei non allineati che, forse non a caso, riporta una data, la quale rimanda a due momenti tragici della storia del Novecento.
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1.300 personalità politiche di 116 Paesi hanno partecipato al vertice dell’Avana del 15 e 16 settembre scorso. Tra i presenti, 31 capi di Stato o Governo, 12 vicepresidenti, decine di ministri.
Dopo anni di appannamento – nel momento in cui l’Occidente vuole alzare nuovamente una Cortina di Ferro e in cui gli States, i Paesi anglosassoni e la UE pensano di rappresentare la leadership mondiale – scoprire che i Non Allineati esistono ancora, raggruppano ben 134 Stati e affermano principi e visioni sul presente e sul futuro distanti dalle nostre (su tematiche basilari quali lo sviluppo sostenibile e le nuove tecnologie, il cambiamento climatico e il divario digitale) potrebbe essere destabilizzante per l’establishment. Vista l’importanza dell’evento, traduciamo alcune parti della Dichiarazione finale, approvata e resa pubblica il 16 settembre (1).
Il primo passo interessante esprime “profonda preoccupazione che le principali sfide, generate dall’attuale, ingiusto ordine economico internazionale” che avrebbero “raggiunto la loro espressione più acuta, al momento, a causa, tra l’altro, dei persistenti effetti negativi della pandemia di Covid-19”. Proprio la risposta alle eventuali future epidemie o ad altre emergenze sanitarie dovrà essere, di conseguenza, una priorità.
Tra le altre sfide dell’attuale ordine economico mondiale si elencano le “tensioni geopolitiche; le misure coercitive unilaterali e le molteplici crisi attuali, inclusa quella economica e finanziaria; la fragilità delle prospettive economiche mondiali; l’aumento dei costi di alimenti ed energia; le migrazioni; la volatilità dei mercati; l’inflazione; l’aggiustamento monetario; il peso crescente del debito estero; l’aumento della povertà estrema” e delle diseguaglianze all’interno dei e tra i vari Paesi, oltre al divario digitale. Ma a preoccupare il G77 (affiancato dalla Cina, in veste di ‘osservatore/sostenitore’) vi sono anche gli “effetti negativi del cambiamento climatico, la perdita della biodiversità e la desertificazione”: problematiche sulle quale non sembra vi sia una comunanza di idee sulla loro risoluzione.
Ecco perché nella Dichiarazione si chiede “una riforma integrale dell’architettura finanziaria internazionale”, il che dovrebbe prevedere anche una maggiore rappresentanza “dei Paesi in via di sviluppo negli organismi mondiali, in cui si prendono le decisioni e si formulano le politiche” (come affermato anche durante il recente Summit Russia/Africa, 2). Inoltre, si rivendica l’accesso “alla scienza, alla tecnologia e all’innovazione” (settori di cui l’Occidente, in più sedi, ha ribadito di voler mantenere il monopolio). Il 16 settembre è stato dichiarato, a proposito, Giornata Internazionale della Scienza e della Tecnologia del Sud.
I non allineati rifiutano “l’imposizione di leggi e regolamenti con impatto extraterritoriale” e tutte “le misure economiche coercitive, incluse le sanzioni unilaterali contro i Paesi in via di sviluppo”, e ribadiscono la “necessità urgente di eliminarle immediatamente”. I G77 e Cina fanno presente che tali misure sono contrarie alle leggi internazionali e alla Carta delle Nazioni Unite e impediscono l’esercizio di diritti fondamentali come quello all’alimentazione e all’assistenza sanitaria. Ricordiamo, a proposito, quando Cuba denunciò il blocco alle importazioni di respiratori polmonari al quale era stata sottoposta a causa dell’embargo statunitense (nonostante la pandemia di Covid-19 affliggesse l’isola caraibica).
Quasi in risposta alle pretese di monopolio tecnologico del G7, i non allineati rifiutano i “monopoli tecnologici e altre pratiche sleali che ostacolano lo sviluppo”. Inoltre, gli Stati che detengono tale monopoli e il “dominio in ambito tecnologico, dell’informazione e della comunicazione, incluso Internet” non dovrebbero utilizzare tale posizione dominante per impedire lo sviluppo economico e tecnologico degli altri Paesi.
Nella Dichiarazione si lamenta che gli obiettivi dell’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile permangono lontani e che proprio la scienza, la tecnologia e l’innovazione sono indispensabili per il loro raggiungimento, unitamente alla valorizzazione di saperi tradizionali, locali, degli afrodiscendenti e dei nativi.
Si ribadisce l’importanza dell’Agenda di Tunisi per la Società dell’Informazione (3) e si auspica un processo di “revisione generale del Vertice mondiale sulla società dell’informazione” (4), oltre che del Patto Digitale Mondiale (5) affinché si favorisca lo “sviluppo sostenibile e si colmi il divario tra Paesi sviluppati e Paesi in via di sviluppo”.
L’inclusione digitale dovrebbe andare di pari passo con l’uguaglianza di genere, ivi inclusa la partecipazione delle donne ai “processi scientifici e tecnologici” e la “promozione dell’interesse dei giovani per gli studi scientifici”.
A seguire due affermazioni che, forse, non si conciliano tra loro. La prima è: “Riaffermiamo il nostro impegno per la collaborazione scientifica aperta ed equa, e riconosciamo l’importante contributo della scienza aperta (6) allo sviluppo di soluzioni per fronteggiare le sfide globali”. E però i G77 e Cina “riconoscono i diritti della proprietà intellettuale che dovranno contribuire a promuovere l’innovazione tecnologica, in modo che favoriscano il benessere sociale ed economico”. Come abbiamo sperimentato durante il periodo pandemico – tra delegittimazione di alcuni vaccini in favore di altri (pensiamo alle difficoltà incontrate dallo Sputnik con la burocrazia europea o a quelle dell’AstraZeneca, per le dosi prodotte in India dal Serum Institute) e il fallimento del Covax, abbiamo dei dubbi che brevetti aziendali e condivisione scientifica possano accordarsi almeno finché la ricerca non torni saldamente nelle mani di organismi che mettono in comune risorse e sinergie di più Stati.
Non comprendiamo, inoltre, cosa intendano i G77 e Cina quando esprimono la volontà di promuovere “una gestione del Governo basata sulla scienza e l’innovazione”, mentre pare totalmente condivisibile la volontà di applicare “modelli di scienza aperta a tutti i livelli, al fine di garantire l’accesso dei cittadini ai risultati delle ricerche e all’informazione scientifica, in modo tale che la scienza e la conoscenza siano alla portata di tutti”. Lo sviluppo e l’applicazione della “scienza, della tecnologia e dell’innovazione” dovrebbero essere rispettosi dell’etica e sempre responsabili, e contribuire alla produzione e a un consumo più sostenibili. E qui ci chiediamo: può (e deve) la ricerca scientifica preoccuparsi dell’etica? Oppenheimer, come possiamo giudicarlo (aldilà dei polpettoni hollywoodiani)?
Ovviamente sono considerate particolarmente importanti le ricerche e le tecnologie relative ad alcuni settori, quali la nutrizione, la salute, il diritto all’acqua e all’energia. I G77 e Cina intendono promuovere un accesso equo dei “Paesi in via di sviluppo alle misure, ai prodotti e alle tecnologie in relazione alla salute” anche in previsione di future epidemie. Per raggiungere tale scopo è importante il finanziamento e il rafforzamento dei sistemi sanitari, ivi inclusa la condivisione del know-how per la produzione locale di farmaci, vaccini e strumenti diagnostici nei Paesi in via di sviluppo.
Scienza, tecnologia e innovazione dovrebbero anche permettere di “affrontare le sfide poste dal cambiamento climatico, i cui effetti” ricadono in maniera sproporzionata sui Paesi in via di sviluppo. Per questa ragione è necessario prevedere un “aumento dei finanziamenti, il trasferimento di tecnologia e lo sviluppo di capacità sulla base delle necessità e priorità dei Paesi in via di sviluppo”, conformemente al principio di “equità e responsabilità comuni ma differenziate” anche in rapporto alle rispettive capacità.
Essendo le tecnologie dell’informazione e comunicazione elementi chiave per uno sviluppo sostenibile, i G77 e Cina vorrebbero “costruire una società dell’informazione inclusiva” e, per farlo, avvertono la necessità di diminuire il divario digitale – grazie anche all’accessibilità dei dati all’interno e tra Paesi, all’inclusione digitale “di persone che appartengono a comunità remote e rurali”, allo sviluppo di un “accesso e uso etico, affidabile e più equo dell’intelligenza artificiale”.
Al momento, però, i G77 e Cina sono preoccupati per le disparità esistenti tra Paesi in via di sviluppo e sviluppati riguardo alle “condizioni, possibilità e capacità di produrre nuove conoscenze scientifiche e tecnologiche”. Proprio per questa ragione i primi chiedono ai secondi di “mobilitare urgentemente mezzi di implementazione quali il trasferimento di tecnologia, l’assistenza tecnica, lo sviluppo di capacità e di finanziamenti” in favore dei Paesi in via di sviluppo – sottintendendo in più punti che questo sia un dovere storico dei Paesi sviluppati (visti anche gli strascichi della neo-colonizzazione e le guerre volute dall’Occidente in ogni dove – aggiungeremmo noi).
Ancora più nettamente i G77 e Cina ribadiscono che “non si debbano imporre restrizioni all’accesso dei Paesi in via di sviluppo ai materiali, attrezzature e tecnologie” per la comunicazione e l’informazione.
Per uno sviluppo sostenibile sarà, inoltre, necessario potenziare sia la cooperazione Nord-Sud sia Sud-Sud.
E infine i Paesi in via di sviluppo rivendicano l’accesso “alle tecnologie avanzate”, allo sviluppo delle proprie “capacità produttive”, e chiedono che si “ponga fine alle restrizioni discriminatorie” (si traduca anche con ‘sanzioni unilaterali’) e che ci si concentri su quegli sviluppi scientifici che riguardano gli “obiettivi dello sviluppo sostenibile”.
(1) La Dichiarazione dell’Avana sulle Sfide Attuali dello Sviluppo: il ruolo della Scienza, della Tecnologia e dell’Innovazione in versione integrale:
https://cubaminrex.cu/es/declaracion-de-la-cumbre-de-jefes-de-estado-yo-gobierno-del-g77-y-china-sobre-retos-actuales-del
(2) Si veda: https://www.inthenet.eu/2023/08/11/russia-africa-summit/
(3) Il documento originale: https://www.itu.int/net/wsis/docs2/tunis/off/6rev1-es.html
(5) Per approfondire: https://www.wired.it/article/digitale-patto-onu-global-digital-compact-internet/
(6) Cos’è la scienza aperta: https://www.unitn.it/archivio/r/r.unitn.it/it/ateneo/open-access/che-cose-lopen-science-scienza-aperta.html
venerdì, 20 ottobre 2023
In copertina e nel pezzo: logo e locandina del vertice