Brevi flash sulla situazione politico-economica attuale
di Francesca Camponero
Quella in Israele è l’ennesima guerra mediorientale. Sono 75 anni che si succedono i conflitti e, negli stessi, sono sempre intervenute piccole e grandi potenze. Il SIPRI, l’istituto indipendente impegnato in ricerche su conflitti, armi, controllo delle armi e disarmo, creato nel 1966, sostiene che oggi nel mondo ci sono almeno 40 guerre in atto contemporaneamente con una media di 300 morti giornaliere.
Arrigo Cervetto, il politico italiano fondatore nel 1965, con Lorenzo Parodi, di Lotta Comunista, tanti anni fa parlò di ‘militarismo universale’. Il mondo di oggi è multipolare, mentre un tempo c’erano un campo socialista e uno capitalista. Ma come afferma Yves Ceelen, CIO Global Balanced and Head of Institutional Mandates di DPAM (1), attualmente non si può più parlare di bipolarismo in quanto l’attuale equilibrio geopolitico ed economico non presenta una semplice situazione bifronte, ovvero non c’è un conflitto economico tra Usa e Cina. “All’orizzonte non c’è un mondo bipolare, ma multipolare”, afferma l’esperto di DPAM. “I Paesi come l’India, l’Arabia Saudita, il Sudafrica e Singapore non sono più disposti a limitarsi a seguire la linea dettata da altri” ma preferiscono seguire la propria agenda e i propri interessi nazionali. La scacchiera internazionale è in subbuglio a causa di diverse variabili: l’ascesa dell’economia cinese, il conflitto in seno all’Europa, la crisi climatica e lo sviluppo dei mercati emergenti.
Nel 2006 si sono formati i BRICS, un nucleo di cinque grandi Paesi in rapida crescita economica (Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica), ma sono venuti avanti anche altri Stati – come l’Indonesia – e altre potenze sono in ascesa in Oriente. Oggi anche le medie potenze hanno potere d’azione. Il presidente brasiliano Luiz Inácio Lula da Silva il 24 agosto scorso ha proposto l’uso di una moneta comune tra i Paesi membri del BRICS, riuniti per il vertice annuale a Johannesburg. Una valuta che “consentirà maggiori scambi tra Paesi come il Brasile e il Sudafrica senza dipendere dalla valuta di un Paese terzo”: ha affermato il leader progressista riferendosi al dollaro (2). Lula, peraltro, ha sostenuto l’allargamento dei BRICS ad altre nazioni – e dal 1° gennaio 2024 vi faranno ufficialmente parte Argentina, Egitto, Arabia Saudita, Iran, Etiopia ed Emirati Arabi Uniti. Tutto questo ha cambiato e cambierà sempre di più il rapporto di forze.
Un’altra incognita del momento sono le prossime elezioni presidenziali statunitensi. Cina e Stati Uniti, all’apparenza, se le ‘dicono di tutti i colori’, ma dietro le quinte stipulano molteplici accordi economici tra loro. Potremmo definire entrambi dei veri ‘predoni’ e non si sottrae nemmeno l’imperialismo europeo, la ‘potenza benigna’, che fa accordi bilaterali con il Cile, La Nuova Zelanda e il Kenia. L’Unione Europea, del resto, cerca di recuperare terreno ma deve fare i conti col grosso deficit militare: i 27 Paesi, infatti, non hanno un ‘capo’ che possa dirigere un esercito unico. Il tema riemerge periodicamente a Bruxelles e nelle cancellerie europee sin dal 1954, quando naufragò clamorosamente il progetto della Comunità Europea della Difesa (3). Da allora, se ne discute ma non si sono ancora registrati progressi sostanziali. L’Istituto Affari Internazionali parla di mancanza di volontà politica degli Stati membri, ma sarebbe meglio dire che manca la capacità dei Governi nazionali di raggiungere un accordo politico tra posizioni divergenti su una varietà di temi. Il primo è la questione, ancora irrisolta, della relazione strategica tra Bruxelles e Washington: gli europei hanno sempre contato, per la propria sicurezza, sull’ombrello militare della Nato (dominata dagli Stati Uniti). E difatti, dei 27 Paesi Ue, 22 sono anche membri Nato: fanno eccezione Austria, Irlanda, Cipro e Malta (oltre alla Svezia, la cui adesione non è ancora stata formalizzata).
Nel frattempo, il quotidiano cattolico Avvenire afferma che le nazioni africane in cui, recentemente, si sono verificati dei Colpi di Stato, sono tutte accumunate da un sentimento antifrancese. Contraddittoria appare anche la regolazione dei flussi migratori, quando nel contempo si denuncia la mancanza di manodopera. Se da una parte il Governo Meloni vuole bloccare l’arrivo dei migranti, dall’altra gli imprenditori veneti pregano per trovare manodopera. Diverse categorie, infatti, hanno lanciato ancora una volta l’allarme per la mancanza di personale. Per quanto la politica voglia convincere i cittadini del contrario, il numero dei migranti sul nostro territorio continua a diminuire. Molti lavoratori stranieri, i più penalizzati dalla pandemia in questi ultimi anni, hanno deciso di tornare al Paese d’origine o di non farsi raggiungere dai familiari. Il blocco degli arrivi, poi, ha lasciato scoperti interi settori. Quelli nei quali si sottolinea la maggiore incidenza sono l’agricoltura (18%), l’edilizia (15,5%) e la ristorazione (15,3%).
E non tira ‘aria buona’ neanche per Zelensky. Il premier slovacco Fico, alla guida del partito Smer, è filorusso, nazionalista e di sinistra. Molto vicino a Mosca ha già annunciato il taglio degli aiuti a Kyiv e non è il solo, anche la Polonia ha proclamato un nuovo stop per il grano ucraino e il taglio agli aiuti militari al Paese. Fico si è poi detto contrario all’ingresso dell’Ucraina nella Nato e alle sanzioni europee nei confronti di Mosca, oltre ad aver promesso di chiudere i confini ai migranti.
Per tornare in Italia, la Meloni a giugno affermava con fierezza: “siamo a posto, siamo i più bravi”, ma a contraddirla è anche Avvenire quando scrive che “l’Italia è una barca con le vele rotte che imbarca acqua”. Lo stesso Giorgetti, ministro dell’Economia e delle Finanze dal 22 ottobre 2022, oggi sostiene che i suoi colleghi ministri non hanno neppure la più pallida idea di dove stia andando il Paese con gli interessi sul debito (4).
Riguardo al salario minimo va considerato che i bassi salari sono l’altra faccia della medaglia della stagnazione ventennale dell’economia del Paese: non solo i salari sono bassi e fermi (5) da decenni, ma l’intera economia italiana è ferma da vent’anni e il Pil pro-capite odierno è pressappoco uguale a quello del 2003 (6). Negli Stati Uniti sono tornati alla ribalta gli scioperi, anche se i nostri giornali ne parlano poco. Negli ultimi mesi, gli sceneggiatori di Hollywood come i baristi di Starbucks, i lavoratori del settore automobilistico come gli infermieri, ma anche migliaia di altri dipendenti insoddisfatti, hanno incrociato le braccia, chiedendo salari più alti, maggiori benefit e migliori condizioni lavorative. In molti casi i sindacati hanno vinto la battaglia, come è accaduto a Teamsters (7), il sindacato dei dipendenti UPS, che semplicemente minacciando lo sciopero ha ottenuto l’approvazione della maggior parte delle sue richieste. Ma in Italia il sindacato è debole da tempo: l’arma originaria dei sindacati – quella dell’azione conflittuale – produce oggi meno risultati in termini di aggregazione sociale, sia nei luoghi di lavoro sia tra la cittadinanza. Per i sindacati c’è un problema drammatico da risolvere, spesso sottaciuto, ossia quello di ripensare gli strumenti della propria azione: “Il punto critico nel caso italiano è che siamo di fronte a un paradosso: gli iscritti aumentano, ma l’influenza cala”, ha affermato in un’intervista Mimmo Carrieri (Professore Ordinario di Sociologia Economica e del Lavoro presso il Dipartimento DiSSE dell’Università La Sapienza di Roma). A tutto ciò risponderebbe lo Stato con i 9 euro l’ora. Ma, ammesso che la proposta parlamentare sia approvata dal Governo, non è affatto un buon segno.
(1) DPAM è una società indipendente di gestione attiva del risparmio nell’ambito degli investimenti sostenibili
(2) Il superamento del dollaro (ed eventualmente dell’euro) per le contrattazioni internazionali è una delle battaglie economico-finanziarie non solamente della Cina e della Russia ma anche di molti Paesi Latinoamericani, arabi e africani
(3) La CED fu un progetto di collaborazione militare tra gli Stati europei proposto dalla Francia con la collaborazione dell’Italia di Alcide De Gasperi nei primi anni 50
(4) Il Sole24Ore, il 19 settembre 2023, riportava questa dichiarazione del Ministro Giancarlo Giorgetti: “«A me non fa paura la Commissione Europea, a me fanno paura le valutazioni dei mercati che mi comprano il debito pubblico»” e ancora: “Le richieste da parte dei partiti e dei ministeri «sono sempre ben al di là delle possibilità. A un certo punto però si tira una linea, il bilancio deve quadrare»”
(5) Per ‘fermi’ si intende che il recupero salariale non compensa mai l’aumento inflattivo
(6) Il Pil mondiale, italiano, per Paese e pro-capite: https://italiaindati.com/pil-italiano/
(7) L’International Brotherhood of Teamsters è il sindacato degli autotrasportatori degli Stati Uniti e del Canada, fondato nel 1903
venerdì, 13 ottobre 2023
In copertina: Foto di Frantisek Krejci da Pixabay