Qualche idea per femministe in vena di *
di Simona Maria Frigerio
Allegre disquisizioni da rientro al tran-tran lavorativo. La lingua è un fiume in piena che, nel suo scorrere più o meno veloce verso il mare, cambia percorso, trascina rocce, si avvalla in rivoli e poi zampilla in cascatelle di senso ed evapora al sole, magari scomparendo (la cosiddetta lingua morta). Nessuno può fermarne il corso, forse deviarlo ma mai impedirne l’incessante flusso vitale.
E perciò ci pare più che ʻnaturale’ che una lingua si arricchisca di termini gergali – il cosiddetto slang – ma meno che la si voglia forzare a un uso politically correct, magari invischiandola in una sequela di asterischi che sostituiscano il maschile e il femminile – ricadendo indirettamente nell’osteggiato (da certune femministe) neutro.
Ben altre, però, potrebbero essere le riforme ʻrivoluzionarie’ se si volesse mettere mano a una lingua piuttosto rigida come l’italiano, se si volesse stuzzicarla con un tocco di ironia.
Vi siete mai accorti che gli alberi, rigorosamente al maschile (melo, pero, pesco, albicocco, ciliegio, arancio, eccetera) generano la frutta (nome collettivo), rigorosamente al femminile (mela, pera, pesca, albicocca, ciliegia, arancia, eccetera)? E però l’albero potrebbe essere una pianta e la frutta, al singolare, sarebbe un frutto. Il che, metaforicamente parlando, sarebbe più esatto poiché da Eva – generata dalla famosa costola di Adamo – in poi, non ci risulta che altro maschio abbia generato femmine (o maschi). Il frutto, tra l’altro, contiene il seme e, sempre metaforicamente parlando, il discorso avrebbe senso. Di conseguenza, la grande battaglia che consiglieremmo alle femministe appassionate di asterischi sarebbe quella di convincere l’Accademia della Crusca che la mela (pianta) d’ora in avanti produrrà i meli (frutti), la pera i peri, la pesca i peschi, e così via.
Curiosamente, però, il frutto del paradiso per i musulmani è il dattero (maschio) che nasce dalla palma (femmina). Anche in questo caso, political correctness?
Di certo i problemi non finisco qui. Pensiamo ad esempio al caco. Il kaki (pianta di origine giapponese) produce il caco (o kako) – e la caca verrebbe male sia come pianta sia come frutto. La fragaria produce la fragola – che, però, è un falso frutto e fa storia a sé. La vite genera l’uva (e qui sconfiniamo nel non politically correct al rovescio). Esatta sarebbe l’actinidia – mamma del kiwi. Mentre l’ananas resta invariato, ricadendo in quella neutralità talmente ostracizzata da certune femministe che vorrebbero addirittura che s’introducesse l’artisto o il geometro.
Come se ne esce? Magari lasciando che la lingua segua il suo corso. Perché se anche il mondo si riempisse di première (il femminile di premier?), se le stesse non apporteranno idee diverse, a che servirà? Saremo solamente tristemente ridicole quanto la caca.
venerdì, 13 ottobre 2023
In copertina: Foto di 0fjd125gk87 da Pixabay.