Il PNRR grimaldello per la deregulation?
di Luciano Uggè
Grazie al PNRR e alla decretazione d’urgenza i fondi che dovrebbero cadere a pioggia per opere di varia natura potrebbero finire nelle mani delle organizzazioni criminali?
La domanda è più ficcante che mai dal momento che anche l’Italia si è adeguata alle – chiamiamole – ‘procedure semplificate’ per gli appalti tanto agognate dall’Unione Europea.
Ma facciamo un passo indietro. Il numero degli incidenti sul lavoro in Italia, e in Europa, è quasi un bollettino di guerra, ma inutile lamentarsi se la volontà politica è alti profitti e massimo sfruttamento. Nel ‘giardino’ della UE delle ‘regole’, nel 2020, si sono ‘consumati’ 2.735.566 infortuni sul lavoro che hanno causato la perdita di almeno 4 giornate lavorative, e 3.355 mortali. Nello stesso anno, nel nostro Paese, sono stati 1.413 gli infortuni non mortali ogni 100.000 lavoratori; mentre, secondo l’INAIL: “nel primo trimestre di quest’anno si sono registrati 196 incidenti mortali sul lavoro, di cui 148 avvenuti durante l’attività lavorativa e 48 in itinere. Ciò corrisponde a una media di oltre 65 decessi al mese e 15 alla settimana” (1).
Ora, snocciolare cifre, tuonare da un palco, invocare più norme di sicurezza sul lavoro, o fingere indignazione per vendere qualche copia in più – se muoiono cinque operai sulla linea ferroviaria Milano-Torino – serve a poco, quando si vanno a vedere le ultime due leggi in materia di appalti (approvate nel 2021 e quest’anno e, quindi, di matrice politica diversa). Entrambe sono andate verso la liberalizzazione degli appalti (pratica che non favorisce i controlli) e i conferimenti diretti (il che, in un Paese con ben quattro organizzazioni mafiose presenti sul territorio e votato al clientelismo, suscita ulteriori dubbi).
In effetti il Decreto Legge 77/2021 (Governo Draghi sostenuto dal centro-sinistra più Lega e FI) aveva già apportato delle modifiche ai limiti quantitativi della quota subappaltabile e, dal 1° giugno 2021 fino al 31 ottobre, il subappalto non avrebbe potuto superare la quota del 50% dell’importo complessivo del contratto, ma dal 1° novembre 2021 già si stabiliva il cosiddetto ‘subappalto libero’. Il Codice Appalti, Decreto Legislativo 36/2023, è andato oltre (2).
Il subappalto, in Italia, è sempre stato sottoposto a limitazioni quantitative sia per i timori di infiltrazioni criminali sia perché consapevoli dei minori controlli sulla sicurezza in molte aziende piccole e medie. Ma l’Unione Europea, al contrario, pensando solamente a favorire la partecipazione delle PMI alle gare d’appalto, e senza tenere in considerazione i dati allarmanti sugli infortuni sul lavoro in tutta l’Unione, si è mossa in direzione ostinatamente contraria.
Con la procedura di infrazione n. 2018/2273, la Commissione Europea ha contestato all’Italia l’incompatibilità di alcune disposizioni contenute nel Decreto Legislativo n. 50/16, quali il limite quantitativo generale del 30% alle prestazioni subappaltabili, e il divieto del subappalto ‘a cascata’. Le pronunce della Corte di Giustizia della UE hanno, poi, costretto l’Italia a modificare l’articolo 105 del succitato Decreto, eliminando anche l’obbligo, per le prestazioni affidate in subappalto, di applicare gli stessi prezzi unitari risultanti dall’aggiudicazione, con ribasso, praticato dal subappaltatore, non superiore al 20%. Un via libera allo sfruttamento.
Di fronte a tali scelte smaccatamente liberiste – pretese dall’Unione Europea – anche le gare d’appalto devono essere parse come ‘lacciuoli’. E infatti, come riportato a mezzo stampa, il 64% dei contratti pubblici – grazie al Decreto Legislativo 36/2023 – potrà essere affidato direttamente, senza nemmeno acquisire un paio di preventivi. Le amministrazioni pubbliche (ispirandosi, forse, alla Presidente della Commissione Europea?) potranno affidare direttamente gli incarichi fino a un esborso massimo di 140.000 euro, mentre dovranno consultare almeno cinque operatori fino a 215.000 euro di spesa. Per i lavori pubblici, avremo l’affidamento diretto fino a 150.000 euro; fino a un milione si dovranno consultare almeno cinque operatori economici; fino a 5,3 milioni di euro le amministrazioni pubbliche dovranno allargare il bouquet delle offerte a dieci operatori. Un Paese che impiega 400 agenti nel cosiddetto maxi-blitz a Caivano per sequestrare 44mila euro e 800 grammi di cannabis, quanti dovrà impiegarne – ci domandiamo – per verificare che gli affidamenti degli incarichi e dei lavori pubblici corrispondano a criteri di equità, trasparenza, qualità ed economicità?
Quando la discrezionalità della politica e delle amministrazioni pubbliche è ormai legalizzata, quando si possono pretendere ribassi ‘a cascata’ conseguenti agli appalti ‘a cascata’, quando il clientelismo rischia di diventare la regola, cosa resta al cittadino che ancora rispetti le leggi e paghi le tasse? Magari partecipare all’Assemblea Nazionale che si terrà a Milano tra due giorni, indetta da AdL Varese, Cub, SGB, Si Cobas e Usi-Cit? Oppure aderire allo sciopero generale del 20 ottobre su questi temi: guerra ed economia di guerra, salari bassi e tagli alle pensioni, precarietà, sfruttamento, taglio del reddito di cittadinanza, morti sul lavoro, dissesto dei territori, discriminazioni di genere, blocco dell’edilizia popolare, aumento dell’inflazione e del costo della vita, distruzione del sistema sanitario, del welfare, dei trasporti e della scuola.
(2) Codice Appalti, Decreto Legislativo 36/2023: https://www.bosettiegatti.eu/info/norme/statali/2023_0036.htm
venerdì, 6 ottobre 2023
In copertina: Foto di Josch13 da Pixabay