Partiamo per il mondo!
di Francesco Angiolini
Mi chiamo Francesco Angiolini, in arte Crazy Tripper, infatti è così che mi trovate sui social, ho 28 anni, e martedì 19 settembre da Pinerolo, cittadina in provincia di Torino, sono partito per il giro del mondo.
Ho passato mesi, anni a riempire il mio zaino di sogni e ora finalmente me lo sono per davvero caricato a spalle posando a terra quel famoso primo passo di tanti.
Il mio primo passo in Asia è stato a Singapore all’interno del suo futuristico aeroporto, ottimo compagno per le 8 ore di scalo previste. La prima tappa del mio viaggio è infatti un’altra, il Vietnam.
L’approccio con il Paese vietnamita, noto alla maggior parte di noi occidentali solamente a causa della triste guerra statunitense, è difficile. Atterro ad Hanoi, la capitale, situata nel Nord del Paese, e per riuscire ad arrivare all’ostello devo a lungo faticare per capire dove fermi l’autobus cittadino che costa poco più di 30 centesimi. Non so se sia pensato apposta per portare i turisti a prendere un taxi e pagare 10 volte tanto o se sia semplicemente la normalità qui in Asia ma ho visto più autobus recanti lo stesso numero fermare in tre posti diversi. Arrivato in città la sfida continua con la folle corsa dei motorini e la praticamente totale assenza di marciapiedi liberi da tavoli di ristorantini e motorini parcheggiati. Non sono abituato al caos di una capitale asiatica né ho mai sentito prima l’odore forte e dolciastro dell’inquinamento. Il tempo di sistemare alcune questioni vitali per il prosieguo del viaggio, come la sim locale e il prelievo di contanti, e con uno sleeper bus parto alla volta di Sa Pa.
6 ore di bus mi portano in una realtà un po’ diversa. Sa Pa è una cittadina più a nord di Hanoi, a meno di cinquanta chilometri dal confine con la Cina. Da subito si respira aria un po’ più fresca, si riesce a camminare sui marciapiedi ed è insomma la boccata d’aria fresca che cercavo. Questo paese di nemmeno 10.000 abitanti è relativamente piccolo con un centro e un lago molto grazioso che di sera si colora delle luci riflesse dai negozi posti di fronte e dalle tre cascate danzanti a forma di fiori poste sulla sua superficie.
Sa Pa è però molto di più perché è la base per diverse attività. Da qui si può partire per il Monte Fansipan, ovvero la vetta più alta dell’Indocina, in due differenti modi: con un trekking di circa 3 giorni o con una funicolare che ti lascia a 600 scalini dalla vetta. Il budget era però troppo elevato da farlo coincidere con il mio di 15 euro al giorno.
La meraviglia di queste zone sono le risaie terrazzate che si colorano dal giallo al verde in base alla stagione in cui si è. In città, anche se non fossi a conoscenza della loro esistenza, hai modo di farlo a causa dell’ossessiva richiesta di signore sulla cinquantina di etnia Hmong (con addosso i vestiti tipici di questa etnia) di seguirle il giorno seguente in un trekking nei loro villaggi d’origine. Nemmeno questa attività rientra nel mio budget ma scelgo comunque di non prendere parte in quanto è ormai davvero tutto troppo costruito, troppo turistico.
Per raggiungere il più famoso Cat Cat Village, a circa 30 minuti di cammino dal centro del paese, occorre pagare sia per il trekking che per l’effettivo ingresso. Spulciando un po’ online si scopre, inoltre, che è definito ‘costruito’ – una classica trappola per turisti, dove di autentico non c’è nulla. Colpito dalla freschezza che mi regala Sa Pa, ma svilito da questa costruzione per turisti decido di provare in autonomia, come praticamente ogni volta nelle ultime esperienze di questi anni.
Il secondo giorno di permanenza a Sa Pa decido dunque di scendere nella Muang Hoa Valley dove avrei, in teoria, dovuto trovare questi benedetti terrazzamenti ma di cui non avevo un’effettiva certezza. Dopo un’ora di camminata a bordo strada e la pazienza che iniziava a scarseggiare, abbandono finalmente la strada principale per scendere giù verso la vallata di Lao Chai. Ecco. Da qui in avanti, quello che vedranno i miei occhi sarà per distacco ciò che di più vero, realistico e appagante abbia potuto assaporare in una settimana di Vietnam. La camminata nella Lao Chai Valley porta con sé capre, papere, bufali lungo la strada, un ponte in ferro parecchio alto da dover attraversare (e soffro di vertigini!) ma soprattutto due meraviglie mi riempiono il cuore di bellezza: il sorriso dei bambini incontrati lungo la strada che, indaffarati, giocano con quello che per noi sarebbe niente: sabbia, terra e sono contenti così; e le risaie che rubano veramente l’occhio per le forme geometriche che disegnano lungo le colline e le valli.
Alla fine del percorso arrivo al villaggio di Lao Chai che, però, mi riporta nell’ottica di essere visto come un turista a causa delle mille bancarelle e delle continue richieste di comprare qualcosa o di partecipare a trekking vari. Sicuramente la parte più vera di tutto questo è addentrarsi nella vallata vera e propria per riuscire a vedere con i propri occhi attimi di vita quotidiana dei vietnamiti delle valli del Nord e bellezze paesaggistiche che hanno pochi eguali.
Questo trekking in solitaria si conclude con una faticaccia, in quanto tutta la discesa di prima ora è diventata salita! Diciamo che, se non è così, non è da Crazy Tripper.
venerdì, 29 settembre 2023
In copertina e nel pezzo: Foto di Francesco Angiolini (tutti i diritti riservati, vietata la riproduzione)