Le ‘Salon d’Autumne’ di San Gimignano
di Simona Maria Frigerio
Continua ripercorre la propria storia grazie a un’esposizione collettiva curata da Carlo Falciani che giustappone e mette in dialogo gli ultimi trent’anni di lavoro sia della Galleria sia di artisti che hanno collaborato con la stessa, suddivisi in quattro sezioni per vocazioni sotterranee (o tensioni storiche, data la formazione del curatore).
Il nostro tour – che è in qualche sorta anche geografico – parte dalla Cina con Cai Guo-Qiang, artista multimediale di fama internazionale con atelier a Manhattan, che ha raggiunto la popolarità anche tra un pubblico più ampio grazie ai fuochi d’artificio realizzati in occasione delle Olimpiadi di Beijing. Uno spettacolo effimero eppure profondamente legato alla cultura e alle radici storiche della Cina, che rappresenta già come significante la variabile dell’atemporalità o della smaterializzazione dell’opera d’arte. Non a caso, in mostra sono esposte alcune tele realizzate con la polvere da sparo. Ricordiamo che il processo di smaterializzazione delle proprie opere, Cai Guo-Qiang lo sta portando avanti anche con l’affascinante cAI™: An Artificial Intelligence Project.
Centrale all’ingresso, Absorption (di Alicja Kwade, che ritroveremo nell’ultima tappa del viaggio). Materico, teso, basico, viscerale ma, al contempo, siderale laddove lo specchio riflette e liquefa, mentre le rocce di tre diversi materiali rimandano al magma da cui si è generata la vita: quella base composta da carbonio, idrogeno, ossigeno e azoto – che ci accomuna, noi atomi dispersi, all’intero universo. Nella medesima sala, affascinante l’accostamento con The way we were di Arcangelo Sassolino dove il basalto nero e la pressa restituiscono sia la tensione materica propria di questa sezione, sia una comune vocazione coloristica e un tentativo di ricollegare un microcosmo atomico a una aspirazione macrocosmica.
E ben si coniuga a questo fil ‘gris’, Eternità, di Sabrina Mezzaqui che prosegue la sua ricerca sul segno/parola con una piccola scultura di ghiaccio fortemente emotiva sospesa in una essenziale struttura d’acciaio inossidabile. L’eternità, come la bellezza o il profumo della rosa, risiede nella parola (il rimando shakespeariano pare d’obbligo), o nell’acqua che – seppure si trasforma a livello materico, rimane chimicamente invariata?
Una serie di mezzi torsi con parte della coscia, in terracotta, ricoperti da costumi da bagno firmati da Jonathas De Andrade dovrebbero esprimere la tensione erotica (seconda sezione della mostra). Ma questa è la parte che meno convince e il gioco dei corpi pare alquanto pretestuoso.
La tensione verso l’assoluto e la bellezza, per noi si realizza compiutamente in Crystal Landscape of Inner Body (Serpent), uno tra i capolavori di Chen Zhen – artista cinese deceduto appena quarantacinqenne di leucemia, in gradi di sublimare la propria malattia, il decadimento di un corpo e dei suoi organi in undici splendenti opere d’arte in vetro, che paiono, nel contempo, costituire quasi un ‘giardino giapponese’ – ossia un fragile paesaggio/ambiente in cui si riflette, simbolicamente, l’altrettanto effimera, caduca e fragile esistenza umana. Se è il lettino da sala operatoria la struttura su cui poggiano gli undici elementi di un corpo malato, è il materiale stesso – il vetro soffiato – a rimandare a quell’osmosi tra interno ed esterno, malattia e salute, corpo e natura, medicina tradizionale e scienza medica, che solamente la raffinata armonia dei suoi lavori sa restituire con afflato universalistico e sensibilità tutta orientale.
La tensione politica, infine, si respira a pieni polmoni nel sagace accostamento delle opere ospitate in platea – e nel retropalco. In un angolo vediamo, sospeso al soffitto, di Ai Weiwei (anche lui cinese), Black Chandelier, un grondante (e forse un po’ plateale) manifesto di denuncia contro gli orrori dei quattro cavalieri dell’Apocalisse – in vetro di Murano nero – che si riflette nel mare magnum del franco-algerino Kader Attia con il suo Le grand miroir du monde. Un tappeto di specchi rotti, che si fa metafora dei tempi tragici che viviamo e, nella frammentazione, anche della molteplicità di visioni e credenze, tradizioni e costumi, ideologie e pregiudizi. Sul palco, la sfilata del potere in divisa di Otchi Tchiornie – quel potere che pare osservare distaccato, e dall’alto, la distruzione operata; e, nel contempo, il rimando a un coro che intoni una canzone d’amore – stridente e sarcastico. Firma Adel Abdessemed (francese ma di stanza a Londra), che ricordiamo per un’altra opera, ancora più incisiva, Hope: un barcone carico di migranti trasformati in sacchi di rifiuti. Oci Ciornie – per inciso – è davvero una canzone d’amore russa, letteralmente Occhi Neri, e ha dato il titolo a uno tra i film-capolavoro di Nikita Michalkov con Marcello Mastroianni e Silvana Mangano.
Perfettamente in tema anche L’Arte è ancora libera (del lontano 1976), installazione di Michelangelo Pistoletto che occupa il lato sinistro del retropalco. Opera altamente concettuale di una icasticità rara, che sintetizzava già quasi mezzo secolo fa la reale situazione della creazione artistica – non tanto ai tempi della dittatura quanto a quelli di un capitalismo consumistico che ha trasformato anche l’arte in merce.
Il tour prosegue idealmente in Argentina (ma fisicamente in piazza della Cisterna), con la personale del pittore e scultore Julio Le Parc, maestro di una forma di pointillism al servizio dell’Op-Art fin dagli anni 60. Artista interessato non solamente a restituire l’idea del movimento, bensì a comprendere i meccanismi che sottendono la percezione sensoriale, come Carlos Cruz-Diez – in mostra sempre qui a San Gimignano da giugno a settembre scorso (1). Oltre al pennello à la Seurat et Signac, Le Parc si è avvalso dell’ausilio di elementi plastici e fili di nylon, ma soprattutto delle sue conoscenze di metallurgia e nella lavorazione del cuoio (apprese lavorando in fabbrica, mentre si manteneva agli studi presso l’Accademia di Belle Arti di Buenos Aires). Già nei primi anni 60 iniziava, però, a usare anche la luce artificiale per ricreare i suoi meccanismi ipnotico-allucinogeni – seguito poi da altri artisti come, ad esempio, Carsten Höller (anche lui rappresentato da Continua). Nella formazione di Le Parc, fondamentale anche l’approccio allo spazialismo, appreso da Lucio Fontana. A Continua possiamo ammirare opere di diversi periodi, insieme cangianti ma coerenti con una precisa ricerca estetico-artistica. Una caratteristica questa, della coerenza, che ne ha contraddistinto anche l’impegno politico costringendolo perfino all’esilio dalla Francia, anche se solamente per cinque mesi, per aver preso parte alle manifestazioni e ai movimenti del Maggio francese nel lontano ‘68.
Il tour artistico – quasi un viaggio intorno al mondo e ritorno – si chiude con Alicja Kwade, di origine polacca e della quale avevamo ammirato, all’ingresso della Galleria, Absorption. La sua opera, Superheavy Skies, ospitata nella Torre, un po’ à la Calder, è insieme deliziosamente aerea e tenacemente terrena, materica eppure eterea, staticamente imponente ma audacemente in movimento, solida ed evanescente – nei continui giochi d’ombre che si creano con la rotazione dei massi sospesi. Un’installazione che, nello spazio in cui è accolta, trova l’ambiente perfetto per coinvolgere lo spettatore – più che il semplice visitatore.
E si torna ‘solo’ a San Gimignano…
Il presente allestimento sarà visitabile:
Galleria Continua
San Gimignano, varie location
fino a domenica 14 gennaio 2024
tutti i giorni, dalle ore 10.00 alle 13.00 e dalle 14.00 alle 19.00
(1) Carlos Cruz-Diez a Continua: https://www.inthenet.eu/2023/06/16/pistoletto-cruz-diez-e-jospin/
(2) Carsten Höller al Maat di Lisbona: https://www.inthenet.eu/2022/02/04/da-belem-al-maat-dal-passato-al-futuro/
venerdì, 29 settembre 2023
In copertina: Julio Le Parc, 1858 -> 2023, vedute generali Galleria Continua San Gimignano, Italia, 2023. Courtesy: the artist and GALLERIA CONTINUA. Photo by: Ela Bialkowska, OKNO Studio