Come “reimmaginare il nostro posto nella narrativa collettiva dell’esistenza umana”
di Simona Maria Frigerio e Luciano Uggè
Noocene è innanzi tutto una mostra fortemente concettuale, dove si sente la mano della sua curatrice, Silvia Vannacci, che non espone semplicemente delle installazioni o dei quadri, posizionandoli su questa o quella parete per ragioni di spazio, ma crea un percorso altamente significativo nelle sale del prestigioso Palazzo Binelli di Carrara.
L’idea di partenza è oltrepassare i confini dell’antropocentrismo per creare un nuovo modo di interpretare la nostra realtà di essere umani, che vivono e si confrontano, ma anche dialogano e dipendono da trame che non sono solo ambientali, ma anche storiche, sociali, culturali ed economiche.
Un progetto ambizioso che vira dalla realtà indelebile del colonialismo (Jermay Michael Gabriel) – e, del resto, la forse prossima fine della Françafrique non può che dimostrare come questa realtà sia ancora saldamente legata alla vita delle popolazioni africane mentre ‘decolonizzare i musei’ sia solo uno slogan e una forma di culture washing occidentali – agli stereotipi di genere o sul ‘femminino’; dalla metafisica dell’alienazione prodotta dalle false connessioni dei social e dei nostri onnipresenti mobile (Lori Lako) al recupero di una dimensione più umana che rivaluti materiali e antichi saperi (Dario Picariello) o al semplice pulsare della natura, sinonimo di stagionalità, ritmo vitale ed elogio alla lentezza (Peng Shuai Paolo).
Molto interessante la prima sala dedicata a Jermay Michael Gabriel, di origine etiope, che denuncia, in un certo senso, come “Chi controlla il passato controlla il futuro. Chi controlla il presente controlla il passato” (George Orwell docet). Quanti passanti si rendono conto che le targhe delle strade, nelle loro metropoli, rimandano a città etiopi e alla ignominiosa memoria del tentativo fascista di conquistare per gli italiani uno ‘spazio vitale’ in Africa? Via Ambaradan, ad esempio, all’ignoranza del passante forse risuona come la baraonda della stanza di un bambino dato che non molti ricordano o hanno studiato cosa sia Amba Aradam, il massiccio montuoso dell’Etiopia “presso il quale, nel 1936, ebbe luogo una cruenta battaglia… della guerra italo-etiopica” – come scrive Treccani, ma sarebbe stato meglio puntualizzare: “del tentativo bellico coloniale italiano in Etiopia”. (Quell’Etiopia, tra parentesi, che consideriamo fors’ancora Terzo mondo ma che, dal 1° gennaio 2024, entrerà a far parte dei Brics). Ficcante lo scorrere di Addis Abeba come arrivo o partenza di un tabellone ferroviario che ci ricorda, da sud a nord, quante città italiane sfoggino tale nome nella toponomastica, senza rammentare che, nell’allora Abissinia, gli italiani ‘brava gente’ usarono bombe e proiettili d’artiglieria caricati a iprite e arsine, ma solamente nel 1996 l’allora ministro della Difesa italiano, Domenico Corcione, lo ammise. Ci abbiamo messo 60 anni per confessarlo, più di quanto impiegherebbe la Francia a cospargersi il capo di cenere in merito a Ustica e dieci anni più degli States per desecretare i documenti relativi al golpe in Cile. Ma gli italiani sono campioni a mistificare, occultare e deviare. Ecco un eccellente esempio di come l’arte possa far pensare.
Segnaliamo, a seguire, i sette stendardi e altrettante sculture realizzati da Dario Picariello. L’installazione È tutto un immenso nella luce (2023, glitch fotografico stampato su seta, pagine di libro, alluminio, ottone, marmo) e le coeve sculture che reinterpretano l’Enciclopedia I mondi dell’uomo (2023, stampa fotografica a contatto su raso, pagine di libro, marmorina) paiono riportarci a un livello di consapevolezza del sapere – sia culturale sia storico e a livello di tradizioni – che rimanda (nella nostra mente) a quanto denunciava Pier Paolo Pasolini, nel 1975, in Scritti Corsari: “la memoria si perde nell’oblio dell’etere televisivo”. Qui pare finalmente il contrario quasi che la parola orale, musicale, possa imprimersi nel marmo – come nell’epigrafia romana. Ma è altrettanto vero che verba volant e le installazioni ci restituiscono la levità della parola che non perde peso laddove acquisti luce, nel senso di verità e autenticità. Pregevole, l’installazione, anche dal punto di vista estetico.
Nelle due stanze al piano terra hanno colpito la nostra attenzione sia l’installazione di Lori Lako sia il mix installativo/performativo di Peng Shuai Paolo. Se la prima ci propone una serie di immagini iconiche del mondo virtuale – che consideriamo ormai come espressione della nostra idea di socializzazione, dialogo, condivisione di idee e mondi – ma, in realtà, pare scardinarne il segno laddove le traduca in vuote crisalidi, cristallizzate in oggetti in sé vuoti di senso, ovvero di contenuto; l’opera di Peng Shuai Paolo è una riflessione insieme profonda ed emozionale sulla ritualità atavica e contadina della semina o, allargando lo sguardo, sui tempi/ritmi e sulla ciclicità intrinsechi alla natura. Grazie all’introduzione del sedano selvatico cinese (lo Shui Qin, che dà anche il titolo all’opera intermediale), la compenetrazione tra mondi ed esperienze (anche personali dell’artista) e tra culture e colture (e non è un gioco di parole) si sublima in un’esperienza da ‘calpestare’, ascoltare e guardare immergendosi in uno spazio-tempo vicino, come l’argine del Po, eppure millenario e lontano come l’arte del seminare shui qin nelle campagne cinesi.
Indispensabile, proprio perché opere concettuali e di artisti diversi, il materiale esplicativo, costituito da un pratico ‘libbricino’ così da contestualizzare meglio ogni percorso creativo e comprendere il lavoro – soprattutto quando tecnologico – che c’è dietro ogni opera in mostra.
La mostra continua:
Palazzo Binelli – Carrara
fino a venerdì, 20 ottobre 2023
orari: dal lunedì al venerdì, dalle ore 10.00 alle 12.30 e dalle 15.30 alle17. 30, sabato dalle 16.00 alle 20.00
Noocene
a cura di Silvia Vannacci
espongono
Jermay Michael Gabriel
Lori Lako
Peng Shuai Paolo
Dario Picariello
in collaborazione con Accademia di Belle Arti di Carrara
Gianmarco Carbone
Lorenzo Antei
Michelle Usai
venerdì, 15 settembre 2023
In copertina: Peng Shuai Paolo, ShuiQin 2023 (cortesemente con il permesso dalla curatrice)