“Tra gli uomini e i fantasmi, la sola differenza è il respiro” (1)
di Luciano Uggè e Simona Maria Frigerio
Quando abbiamo visitato la Città Proibita la neve cadeva copiosa da un cielo lattiginoso e a noi, forse un po’ troppo cinefili, tornavano alla mente alcune frasi di Lanterne rosse; e più ancora – in mezzo a tutto quel candore – ritrovavamo le simmetrie rinascimentali di Zhāng Yìmóu, il suo rosso fiammeggiante (come nella camera nuziale dell’Imperatore) e ci riempivamo gli occhi col giallo caldo delle maioliche che stagliavano i tetti aguzzi contro un cielo freddo e pungente. Il vento frizzante marzolino ci intirizziva le dita mentre cercavamo di rubare, con una foto, quell’istante di magia che ancora si respira percorrendo, cortile dopo cortile, i 720 mila metri quadrati e i quasi mille edifici che compongono quello che era il palazzo imperiale delle dinastie Ming e Qing.
Tutti i padiglioni che incontravamo avevano nomi che ispiravano pace: Suprema Armonia, Purezza Celeste, Nutrimento dello Spirito, Unione Celeste e Terrestre e, ancora, Tranquillità terrena e Longevità Tranquilla. Vagabondarvi senza una meta precisa è come immergersi nell’antica e labirintica storia dell’Impero cinese.
Completamente a sé stante, nell’area ove sorgeva il Palazzo della Felicità Prolungata, in parte incendiatosi nel 1845, è ancora visibile la struttura in ghisa che caratterizza il Palazzo di Cristallo – su tre piani e l’unico in stile occidentale. Mai completato e, in parte riutilizzato negli anni 30 del Novecento come magazzino, oggi accoglie i visitatori con un’atmosfera vagamente horror (sarà sempre la passione da cinefili…), quasi ci ritrovassimo in uno di quei vecchi orfanotrofi abbandonati dove il lusso della magione di un qualche benefattore è decaduta fino a lasciare dietro di sé finestroni, vuoti come lo sguardo di un folle.
I particolari, oltre all’insieme, colpiscono. Se guarderete verso l’alto vi accorgere che sulla sommità di molti padiglioni sono posizionate piccole statue con motivi zoomorfi, chiamate wenshou – mentre sul Palazzo della Suprema Armonia è visibile anche una divinità che cavalca una fenice.
Tra gli altri animali reali o mitologici, spicca la tartaruga – simbolo di felicità e longevità – ma altresì di resilienza. Se nel Libro dei Proverbi si legge: “La sapienza ha costruito la sua casa e vi ha scavato i suoi sette pilastri”, e se i 36 giusti, i Lamed-Vav Tzaddikim, sorreggono l’universo secondo le credenze ebraiche; per i cinesi sono le tartarughe viventi a sorreggere le colonne del Tempio del Cielo.
Imponente la stele di marmo posta in orizzontale, lunga 16,5 e larga 3 metri, del peso di oltre 250 tonnellate, scolpita con nuvole e draghi che giocano e trattengono, tra gli artigli, una perla. Quest’ultima, simbolo di prosperità e fortuna, conferisce potere e promette immortalità – persino Mao Zedong avrebbe detto: “Non si discute la Perla del Drago”.
Tutto intorno alla Città Proibita, per quasi tre chilometri e mezzo, corre il suo famoso muro, alto dieci metri e circondato da un fossato largo 52. Oggi si accede al Cortile esterno attraverso la Porta della Pace Celeste, che fronteggia piazza Tienanmen. Alta quasi 35 metri reca, al centro, il ritratto di Mao Zedong ed è suddivisa in cinque varchi, tra i quali il centrale era riservato all’Imperatore. A pochi passi di distanza il ricchissimo Museo Nazionale, che merita però una visita a sé e… un altro pezzo.
(1) Dal Film Lanterne rosse
venerdì, 8 settembre 2023 – il 25 agosto abbiamo pubblicato un pezzo dedicato alla Cittadella Imperiale di Huế:
In copertina e nel pezzo: Beijing, la Città Proibita. Tutte le foto e le rielaborazioni grafiche sono della Redazione di InTheNet (vietata la riproduzione)