Sant’Anna di Stazzema, il 12 agosto di 79 anni fa
di Luciano Uggè e Simona Maria Frigerio
La pace che si respira tra i monti della Versilia è incomparabile paragonata alla frenesia del turismo balneare di massa che affolla le spiagge e illumina le notti nei brevi mesi estivi – qui più affollati e caotici che mai, dopo la pausa e le stucchevoli regole (ma anche le fantasiose elocubrazioni, come le pareti di plexiglass da posizionare tra lettini e ombrelloni) imposte dai vari governi con la pretesa di ‘fronteggiare’ la Covid-19.
Eppure persino alla vigilia di Ferragosto si può riconquistare un brandello di tranquillità ma anche di umanità autentica, percorrendo quella quindicina di chilometri di asfalto, tra strapiombi e boschi, che conduce da Forte dei Marmi a Sant’Anna di Stazzema – dove c’è ancora un piccolo Museo della Resistenza, c’è una Chiesa, c’è una via Crucis laica e c’è un ossario. Per ricordare cosa?
Qui nel 1943 vivevano circa 400 persone che, nel giro di un anno, avrebbero accolto un migliaio di sfollati (provenienti anche dai comuni versiliesi, da dove per ordine dei nazisti, avrebbero dovuto trasferirsi a Sala Baganza), condividendo i pochi spazi e il poco cibo che una piccola comunità di mezza costa montana poteva offrire.
Quando, più o meno alle 7 del mattino del 12 agosto 1944, piombarono all’improvviso tra monti, cascine e stalle tre reparti della 16ª divisione di fanteria meccanizzata delle Waffen SS Reichsführer (la stessa divisione che si sarebbe macchiata anche della peggiore strage di civili italiani, quella di Marzabotto, tra il 29 settembre e il 5 ottobre 1944), accompagnati da fascisti e collaborazionisti italiani – mentre un quarto reparto chiudeva ogni via di fuga con una di quelle manovre a tenaglia che non lasciano scampo – gli uomini fuggirono sui monti pensando a un rastrellamento.
A Sant’Anna rimasero vecchi e donne, bambini e neonati, feriti e malati. La precisione nazista fu ‘orologiaia‘. A mezzogiorno la strage si era già conclusa: circa 500 civili furono uccisi a colpi di mitra e rivoltella, oppure fatti saltare in aria con le bombe a mano lanciate attraverso le finestre delle case. Sulla piazza della Chiesa si consumò l’epilogo dell’eccidio.
Non resterà l’unica strage perpetrata dai nazisti tedeschi, con la complicità dei fascisti italiani, in quella fine estate/inizio autunno del 1944. Il 14 agosto, a Valla (Fivizzano), seguirà un nuovo eccidio delle SS. Poi, il 16 settembre, in una fossa comune, saranno gettati i corpi delle vittime della strage di Fosse del Frigido. E altre seguiranno, a causa del Bando Kesselring.
Ma chi era Albert Konrad Kesselring? Feldmaresciallo, fanaticamente devoto a Hitler, responsabile per lunghi periodi dell’esercito (da un certo momento in avanti ‘di occupazione’) tedesco in Italia, per eliminare la Resistenza contro il nazi-fascismo, emanò quel Bando in cui si dava possibilità ai Comandanti tedeschi di applicare la rappresaglia anche sui civili, restando per questo impuniti.
E impunito restò anche lui. Il processo di Mestre, avviato nel ‘47 e gestito da un tribunale militare britannico (ossia dai cosiddetti alleati), lo condannò a morte ma, grazie all’intervento di Winston Churchill in persona, che non riteneva di nessuna utilità uccidere i leader di un nemico sconfitto (gli israeliani l’avrebbero pensata diversamente negli anni successivi), la condanna fu commutata in ergastolo. Solo un anno dopo, la pena gli fu ridotta a ventuno anni di carcere e nel 1952 Kesselring fu scarcerato per diventare consulente di Konrad Adenauer, Cancelliere della Germania Ovest, in vista del riarmo dei tedeschi (di Bonn) all’interno della NATO.
Da Sant’Anna di Stazzema al Donbass. “La Resistenza sulle Alpi Apuane fu anche un’epopea civile… un’epopea di ragazzi scamiciati e di povere donne scalze”, scrisse Piero Calamandrei. Ma i vincitori furono altri. E quello ‘strange fruit’ dell’albero malato nazi-fascista continua a fruttificare sotto i cieli d’Europa.
venerdì, 11 agosto 2023
In copertina: dal raccolto e commovente Museo Storico della Resistenza di Sant’Anna di Stazzema, una panoramica della Sala intitolata da Oliviero Toscani a I Bambini Ricordano