I tre paradigmi che innalzano gli US sullo scranno degli dei
di Simona Maria Frigerio
Ben altri, molto più sapienti di me, hanno scritto sulle ‘affinità elettive’ tra capitalismo/consumismo e nuova religione di Stato – intendendo che è oggi il dio denaro a comandare e non i (pre)concetti di una fede di tipo religioso.
Eppure esistono altri parallelismi che, forse, andrebbero oggi maggiormente approfonditi. Noi tenteremo – brevemente, rassicuratevi! – di mettere a confronto le moderne democrazie di stampo occidentale (in primis quella statunitense) e le religioni monoteiste, definendone i margini partendo da tre precise linee di demarcazione.
La prima affinità riguarda la verità e giustezza proclamate da entrambe. Gli Us sono da trent’anni (ma, in realtà, da dopo il Secondo conflitto mondiale) il paradigma dei ‘buoni’. Novelli cow-boy che lottano per portare la loro idea di democrazia (che non è mai sociale, bensì esclusivamente formale) in ogni parte del mondo – volenti o nolenti i popoli che la devono accettare (e, spesso, subire). Come nelle religioni monoteiste, questa sicurezza di essere detentori dell’unica verità è talmente forte che qualsivoglia errore è immediatamente cancellato dalla narrazione come se non fosse mai esistito. Non conta che i Padri della Chiesa, ad esempio, abbiano perseguitato Galileo Galilei perché doveva essere la terra al centro dell’universo e non il sole, e la Bibbia – libro sacro infallibile – abbia descritto qualcosa che non è verità assoluta (o sia stato malamente interpretato); il Vecchio e il Nuovo Testamento continuano a essere citati e a essi si fa riferimento per supportare l’esistenza di Cristo o della Terra Promessa (palestinesi d’accordo o meno). Allo stesso modo, quando un giornalista chiede a John Kerry (inviato speciale del Presidente Biden per il clima) se l’ex Presidente Bush dovrebbe essere processato per l’invasione dell’Iraq (dato che la Corte penale internazionale ha emesso un mandato di cattura contro il Presidente Putin per crimini di guerra, a causa dell’Operazione Speciale in Donbass), lo stesso non solamente risponde seccamente no, ma afferma che gli States non sapevano che l’accusa contro Saddam Hussein di possedere un arsenale di armi chimiche fosse una ‘bugia’. Negazione ed elusione. Kerry esclude dalla narrazione che l’uomo politico scelto da Washington per guidare l’Iraq dopo la caduta di Saddam Hussein nel 2003, Ahmad Chalabi, raccontava a France 5 nel 2015: «Gli americani già nel 2001-2002 mi chiesero riferimenti e persone che avrebbero potuto essere utili a costruire un’accusa sulle armi di Saddam e io ho fornito agli Stati Uniti questi elementi: non mi sento colpevole, sono stati gli americani poi a trarre le conclusioni» (1).
Passiamo oltre. La seconda similitudine è l’esportazione della democrazia – come della propria religione monoteista. La storia dei missionari cristiani (ben poco ‘cristiani’) è ormai nota a tutti, ma anche quella degli States non lascia adito a dubbi. Se si è convinti di essere il migliore dei mondi possibili o i detentori della verità assoluta perché non si dovrebbero convincere anche altri popoli della bontà del nostro stile di vita (o del nostro credo)? Il relativismo non è più un’opzione praticabile. I missionari, in fondo, erano spesso a rimorchio dei conquistadores, e recavano con sé il ‘dono’ della colonizzazione da parte di popolazioni straniere – in genere provenienti dal ceto più basso della ‘madre patria’, se non direttamente espulsi dalle patrie galere (pensiamo soprattutto all’Australia e alla Tasmania).
L’ultimo paragone si può fare rispetto a come le fedi monoteiste e le democrazie occidentali guardino e considerino l’altro da sé. Se noi siamo i ‘buoni’, è ovvio che gli altri debbano essere i ‘cattivi’. La campagna mediatica a livello religioso si protrae ormai da decenni. Ad esempio, se l’Islam prima della rivoluzione iraniana poteva essere tollerato dall’Occidente (a scuola si insegnava ai bambini che lo 0 fu inventato dagli arabi e gli arabi erano stati più clementi coi cristiani che non questi ultimi con gli ebrei), dal 1979, ossia dal momento in cui il petrolio e le ricchezze iraniani furono sottratti allo Scià e, di conseguenza, a noi, il velo islamico divenne un problema – ovviamente per le donne occidentali. Nessuno accenna mai a quell’Iran che, nel 1951, vide arrivare al potere Mohammad Mossadeq, laico, che voleva stabilire una forma concreta di democrazia e una monarchia costituzionale – ma voleva anche nazionalizzare l’industria degli idrocarburi e, per questo, gli inglesi, prima, agirono con il boicottaggio contro il petrolio iraniano (spalleggiati dagli europei) e, poi, intervenne lo sceriffo a stelle e strisce a organizzare un golpe – con il supporto della Cia (la cosiddetta Operazione Ajax). Così, fino all’arrivo dell’ayatollah Khomeyni, per l’Occidente, l’Iran era quello dei rotocalchi rosa – con le donne occidentali che piangevano sulla sorte di Soraya, moglie sterile e per questo ripudiata da Reza Pahlavi, che la sostituì prontamente con Farah Diba (la quale ebbe quattro figli che non hanno, però, ereditato il trono). Anche gli afghani dovrebbero farci venire qualche dubbio, dato che l’esercito addestrato per vent’anni dai militari statunitensi se non ha steso il tappeto rosso di fronte ai talebani, poco ci manca, e le donne afghane – quelle che dovevamo ‘liberare dal velo’ – pare che al momento siano soprattutto felici di essersi liberate di noi! E però ogni fede crede di essere l’unica quando, come insegna la parabola di Nathan il Saggio, nessuno può sapere quale sia l’anello originale (se poi ne esiste veramente uno). E la nostra democrazia – formale ma non sostanziale – non solamente si discosta ogni giorno di più dall’aspirazione all’eguaglianza e alla ridistribuzione delle ricchezze, quindi dalla democrazia sociale, ma quando i suoi rappresentanti sono votati da una maggioranza di una minoranza o non sono nemmeno votati (come accade per la Commissione Europea), si scopre che si è governati da una forma teocratica che si autolegittima solo in quanto ogni altra forma sarebbe peggiore o ‘sbagliata’.
(1) https://www.ispionline.it/it/pubblicazione/iraq-la-madre-di-tutte-le-bufale-16215
venerdì, 28 luglio 2023
In copertina: Foto di Paola Sanchez da Pixabay
Condivido Simona, d’altronde questi sono asceti feticisti solo del controllo finanziario €$£