Dall’incanto di un paesaggio russo in technicolor alla contemporaneità sinfonica al servizio di Eisenstein
di Simona Maria Frigerio
Doppio programma quello in scena alla Scala di Milano che vede protagonisti due compositori che, al di là delle etichette stilistiche, hanno saputo conquistare l’immaginario collettivo con componimenti che hanno creato universi immaginifici come pochi altri: Pëtr Il’ič Čajkovskij e Sergej Prokof’ev.
Ecco allora il Maestro Nicola Luisotti e, al pianoforte, l’eccellente Alexander Toradze, interpretare perfettamente quanto Čajkovskij scriveva in una lettera a un’amica: “un semplice paesaggio russo, una passeggiata d’estate per campi e boschi, o a sera attraverso la steppa, in una condizione di spirito tale da farmi stendere per terra sopraffatto da un impeto d’amore per la natura, mi trasportano subito verso quei sentimenti indicibilmente dolci, che un bosco, la steppa, un ruscello, un paesino in lontananza, una modesta chiesetta, tutto ciò che forma la nostra povera natia campagna russa, sanno ridestare in me”. Čajkovskij struggente, fanciullesco, petulante e geniale, raffinato o salottiero, non può essere ascoltato che a occhi chiusi perché le sue note hanno la capacità di evocare mondi fantastici e risvegliare l’immaginario naturalistico sopito – ma non scomparso – nell’animo ‘civilizzato’.
Non a caso, Walt Disney volle la suite dello Schiaccianoci per accompagnare la danza di fate e fiori, funghi e orchidee nel suo capolavoro: Fantasia; non a caso, platea e palchi della Scala rimangono in religioso silenzio su quella nota così mirabilmente trattenuta da Toradze; non a caso, se si aprono gli occhi è facile rimanere affascinati e incuriosirsi per quel gioco di contrappunti tra il direttore, Luisotti – che fa completamente suo il pathos del maestro russo – e il flauto, mentre sembrano comunicare a distanza in un botta e risposta impertinente e scanzonato.
Un autentico piacere dei sensi che forse lo spettatore blasonato considererà fanciullesco ma che non stanca mai di conquistare il pubblico, che infatti accoglie l’esibizione con uno scrosciare infinito di applausi.
Dopo l’intervallo la musica cambia, letteralmente. L’intero ensemble della Scala è sul palcoscenico: 65 strumenti a corda, 25 a fiato, arpa e pianoforte, oltre alle percussioni: Sergej Prokof’ev prende la parola e, naturalmente, è il côté più cerebrale a godere di quelle note che già presentano in nuce le elucubrazioni della contemporaneità. Ma curiosamente anche Prokof’ev è maestro di universi immaginifici che, forse, nascono dall’intelletto più che dal sentimento ma non per questo sono meno visivi. Non è un caso, ancora una volta, che l’autore russo abbia collaborato attivamente ad alcuni tra i capolavori firmati da Sergei Eisenstein, musicando: Alexander Nievski, Ivan il Terribile e La congiura dei Boiardi. Nessuno può sfuggire all’allegro marcato o all’allegro giocoso col quale si chiude la sua Sinfonia n. 5 in si bem. magg, op. 100e, ancora una volta, è un piacere vedere Luisotti dirigere con fermezza ma altrettanto trasporto – due scelte stilistiche solitamente inconciliabili – il centinaio di elementi che suonano all’unisono su uno tra i palcoscenici più ambiti al mondo.
Un autentico piacere – e non solo per pochi eletti.
Lo spettacolo è andato in scena:
Teatro alla Scala
piazza della Scala – Milano
Filarmonica della Scala
direttore Nicola Luisotti
pianoforte Alexander Toradze
Programma:
Pëtr Il’ič Čajkovskij
Concerto n. 1 in si bem. min, op. 23 per pianoforte e orchestra
Allegro non troppo e molto maestoso – Allegro con spirito
Andantino semplice – Prestissimo
Allegro con fuoco
Sergej Prokof’ev
Sinfonia n. 5 in si bem. magg, op. 100
Andante
Allegro marcato
Adagio
Allegro giocoso
venerdì, 28 luglio 2023 (la recensione riguarda lo spettacolo andato in scena il 14 giugno 2011, in originale in Anche i critici nel loro piccolo…)
In copertina: Il logo del Teatro alla Scala di Milano