Nuovo attacco terroristico al Ponte di Kerč’: due vittime e una bambina ferita
di La Redazione di InTheNet (traduzioni di Simona Maria Frigerio)
Partiamo dai dati e chiariamo che, aldilà dell’ipocrisia occidentale, l’Accordo del Mar Nero – formalmente non rinnovato dalla Russia il 17 luglio scorso – non è certamente servito per sfamare il Sud del mondo.
Su 32,8 milioni di tonnellate di grano commerciati dall’Ucraina [e ricordiamo che il 28% dei terreni agricoli in quel Paese è nelle mani di oligarchi e dell’agro-business internazionale, (1)], grazie all’Accordo succitato (2), 12,37 sono finite sulle tavole dell’Occidente (ossia oltre un terzo); 10,93 in Asia (un altro terzo, di cui ben 7,96 in Cina); 5,14 nel Medio Oriente (soprattutto in Turchia e una piccola parte in Israele); 3,24 in Nord Africa (Egitto e Tunisia a far la parte del leone); e solo 0,78 milioni di tonnellate a quei Paesi dell’Africa Sub-sahariana che avrebbero dovuto giovarsene – secondo la propaganda occidentale e, spiace dirlo, anche dell’Onu. Infine, 0,36 milioni sono stati smerciati in Europa dell’Est, dove si trovano quei Paesi i cui coltivatori hanno manifestato per gli squilibri commerciali provocati dall’Accordo stesso, che ha immesso sul mercato quantitativi di grano a prezzi ribassati e, quindi, reso meno competitivo il prodotto degli altri ‘granai europei’ [magari anche maggiormente controllato a livello di pesticidi (3)]. Squilibri che, oggi, sottolinea anche il Presidente della Russian Grain Union, Arkady Zlochevsky, alla Tass: “La fine dell’Accordo sul grano non è grave per la Russia” in quanto lo stesso: “ha portato solo danni e nessun beneficio” e ha aggiunto, in linea con le rimostranze dei coltivatori dell’Europa orientale: “Il risultato dell’implementazione di tale Accordo è che oggi commerciamo a un prezzo scontato di 10-20 dollari, con un picco storico a 70 dollari. Questi sono soldi che stiamo perdendo”.
Dal portavoce del Presidente russo, Dmitry Peskov, apprendiamo che l’Accordo è decaduto lunedì 17 luglio in quanto le “parti dello stesso concernenti la Russia non sono state rispettate” – come già denunciato in precedenza da Putin, riguardo alle garanzie di esportazione del grano e dei fertilizzanti russi (senza nulla aggiungere sull’attacco terroristico contro il gasdotto Togliatti-Odessa che trasportava l’ammoniaca russa in Europa).
In breve, stop al patto che ha arricchito oligarchi ucraini e dell’agro-business occidentale e che non ha risposto alla crisi alimentare dei Paesi più poveri ma ha fatto concorrenza ai coltivatori che rispettano i diktat sanitari, ecologici e di mercato della UE.
La decisione di Mosca, sempre secondo la Tass, è stata presa prima che si sapesse del nuovo attaccato contro il ponte di Crimea – questa volta effettuato con due droni – del 17 luglio. Dal Ministero degli Esteri russi apprendiamo che “dei civili sono stati uccisi: Alexey e Natalya Kulik, residenti a Novy Oskol” mentre “stavano attraversando il ponte con l’auto. La figlia quattordicenne, Angelina, è rimasta orfana; ed è stata ricoverata in ospedale in condizioni moderatamente gravi”.
Sempre il Ministero degli Esteri russo informa che “Kiev ha dichiarato che è stata un’operazione congiunta della Marina ucraina e dei Servizi di sicurezza”. Nella medesima nota si legge: “È stata aperta un’indagine sull’attacco terroristico, e si stanno promuovendo le necessarie azioni investigative. Siamo certi che i colpevoli saranno scoperti e non sfuggiranno alla giustizia. Se le indagini scopriranno che i droni di superficie che hanno attaccato il ponte sono stati prodotti in Occidente, e che i Paesi occidentali hanno giocato un ruolo nella pianificazione, sponsorizzazione e conduzione di questa operazione, sarà confermata la loro complicità nell’attività terroristica del regime di Kiev”.
Ciò che noi non comprendiamo, come esseri umani prima ancora che giornalisti, è perché l’Ucraina bombardi, distrugga strutture logistiche e uccida civili in un’area che rivendica come propria, e che è abitata anche da ucraini, ma che al momento vive pacificamente.
Cosa provereste voi se domattina, sapendo che i vostri figli sono in colonia al mare, scopriste che qualcuno li minaccia con le bombe per ‘liberarli’?
Il motto di Parigi, lo auguriamo alla Crimea: Fluctuat nec mergitur.
(1) I dati sull’accaparramento delle ricchezze ucraine da parte dell’Occidente: https://www.inthenet.eu/2023/07/07/lucraina-allasta/
(2) Infografica con la ridistribuzione del grano ucraino per area geografica: https://tass.com/world/1647909
(3) I pesticidi nel grano ucraino: https://www.inthenet.eu/2023/04/28/lucraina-dei-veleni/
venerdì, 21 luglio 2023
In copertina: Ponte di Crimea nella foto di Ирина Ермоленко da Pixabay