Dopo i ‘teatrini’ di Prigozhin e Zaporizhzhia, gli Us rilanciano la controffensiva contro Russia e Cina
di Simona Maria Frigerio
Premessa. In questi giorni abbiamo letto un pungente articolo pubblicato su The Grey Zone da Max Blumenthal e Wyatt Reed intitolato Le vere vittime della ‘guerra civile’ russa: gli esperti della Beltway* [t.d.g. (1)].
Blumenthal e Reed annoverano tra coloro che, nella manciata di ore in cui avrebbe avuto luogo il cosiddetto colpo di Stato di Prigozhin, avevano scambiato il proprietario di un esercito di mercenari – considerati gruppo terroristico fino a pochi giorni prima – in un paladino della democrazia e delle libertà occidentali, o trasformato un Paese coeso e fortemente patriottico come la Russia in un regime dittatoriale pronto a implodere e frammentarsi, due personaggi di cui forse gli italiani poco sanno ma che rappresentano bene le forze neocon e belliciste in campo negli States.
Il primo sarebbe l’ex ambasciatore statunitense in Russia, Michael McFaul, “espulso poco cerimoniosamente da Mosca mentre apparentemente stava tentando di organizzare una rivoluzione colorata nel 2012” [t.d.g. (1)], il quale apparterrebbe a una frangia negazionista dell’Olocausto che asserirebbe che Adolf Hitler non avrebbe ucciso persone di lingua tedesca. McFaul, come riporta The Grey Zone, prometteva “una grande battaglia” e sembra confidasse in privato di essere certo che il Presidente Putin non fosse nemmeno più a Mosca e, con una ‘palla di cristallo’ decisamente annebbiata, dichiarava: “Questa è una guerra civile”.
Tutte affermazioni premature e completamente smentite dai fatti nel giro di pochissime ore. Sicuramente c’è voluto più tempo al Presidente Macron per silenziare la banlieue – dove il fuoco cova sotto le ceneri da oltre trent’anni, come ben sanno i francesi.
Il secondo personaggio di cui scrivono i colleghi è Anne Applebaum, giornalista statunitense naturalizzata polacca, che ha firmato il 24 giugno (intempestivamente) un articolo intitolato: La Russia sta scivolando in quella che può essere descritta come una guerra civile [t.d.g. (2)].
Rintracciare cosa scriva la stampa statunitense è un ottimo esercizio per comprendere come possa leggere il pubblico d’Oltreoceano ciò che sta accadendo in Europa e fin dove possano spingersi negli Us per foraggiare Kyiv contro Donbass e Crimea. Anne Applebaum, innanzitutto, sembra o non ben informata lei stessa o scrivere abbacinata dal wishful thinking, dato che aveva già predetto la “decisiva controffensiva ucraina che avrebbe ‘spazzato via’ (storm through) le difese russe e non solamente ‘liberato’ la Crimea, ma incoraggiato un regime change da Mosca al Venezuela” (t.d.g.).
Venendo al punto, Applebaum – in un articolo a 4 mani con Jeffrey Goldberg e illustrato da Bono (sì, il front man degli U2 un tempo noto per le sue battaglie pro questo o quello e la pubblicità della mela) – ha scritto ‘perle allucinogene’ quali: “Persino il peggior successore immaginabile… persino il generale più sanguinario o il più rabbioso propagandista sarebbe immediatamente preferibile a Putin, perché sarebbe più debole di Putin” [t.d.g. (1)]. Il che, tradotto, significherebbe che sarebbe meglio un nevrotico con pulsioni distruttive in stile Greg Stillson o Adolf Hitler a un presidente che pondera ogni passo e ama l’Europa? Ovvio che la succitata abbia creduto ai suoi vaticini e da qui il titolo al summenzionato articolo. Sempre The Grey Zone ci informa di un particolare che ci farà comprendere meglio il livello di imparzialità della giornalista statunitense, ossia che il marito, Radek Sikorski, ex Ministro degli Esteri polacco, è colui che ha ringraziato via Tweet il Governo statunitense per aver distrutto il Nord Stream (messaggio poi cancellato. Forse perché rivelava al comune cittadino notizie che dovevano restare segrete?).
Il nuovo cavallo su cui puntano i falchi: le bombe a grappolo
Vi abbiamo riassunto per brevi capi quanto scritto da The Grey Zone per comprendere meglio la nuova mossa del Presidente Biden, che ovviamente è avallata da un’opinione pubblica ‘correttamente informata’: fornire l’ennesimo pacchetto di aiuti militari all’Ucraina per un totale di 735 milioni di dollari che comprende, oltre a veicoli corazzati Stryker e Bradley, bombe a grappolo (bandite da 120 Paesi aderenti alle Nazioni Unite).
Il tentativo è quindi quello di alzare ancor di più il livello dello scontro – come è stato con i proiettili a uranio impoverito già forniti dal Regno Unito e di cui si è persa traccia (distrutti dai russi, rivenduti sul mercato nero dagli stessi ucraini o messi da parte per tema che li usassero anche le forze armate russe?).
Le bombe a grappolo hanno la ‘pessima abitudine’ di non esplodere e, quindi, di rimanere nel terreno ed essere poi involontariamente innescate da civili (pensiamo ai bambini che hanno perso un arto un po’ in tutto il mondo) anche a conflitto terminato.
Tale scelta è, però, interessante anche per altri motivi. In primis perché, per ammissione dell’amministrazione statunitense, le riserve di proiettili da 155 mm starebbero diminuendo a livelli preoccupanti – il che la dice lunga sui quantitativi di armi che gli Us stanno impiegando e che è politicamente ‘giustificabile’ solo se si ammette di essere coinvolti in un conflitto – direttamente o per procura. In secondo luogo fa specie che la Germania (oltretutto green), che ha bandito tali armi, abbia espresso comprensione nei riguardi della scelta di Biden. Il portavoce del Governo tedesco, Steffen Hebestreit, ha infatti affermato di fronte alla stampa: “Siamo certi che i nostri amici statunitensi non abbiamo preso tale decisione… a cuor leggero” (t.d.g.).
Vilnius e il nostro personale Walhalla
I feedback sul vertice Nato con le dichiarazioni ufficiali che ogni Stato membro continuerà a sostenere l’Ucraina “fino alla vittoria finale” – tradotto: “fino all’ultimo soldato in campo” – con corollario di tagli alla spesa pubblica per i servizi dei cittadini europei, potrete leggerli ovunque; come la promessa (o minaccia?) che dell’adesione alla Nato di Kyiv si potrà riparlare a vittoria sancita – in caso contrario, sappiamo come gli States abbiano abbandonato (spesso a gambe levate), i territori da loro bombardati (pardon, pacificati), da Saigon a Belgrado da Baghdad a Kabul. Questo senza tenere conto degli interventi diretti o indiretti degli States in Africa, delle cosiddette primavere arabe, le rivoluzioni arancioni, i colpi di Stato (o tentativi) in Sudamerica e le politiche in Asia Occidentale che consentono, tra l’altro, a Israele di mantenere saldamente sotto occupazione i Territori dello Stato palestinese nonostante le Risoluzioni dell’Onu.
Il premio per ‘uomo dell’anno’ se lo aggiudica il Presidente Recep Erdoğan, con i colleghi di Repubblica che promuovono il ‘sultano’ (come lo hanno appellato per anni) tra i ‘Grandi’ (con la G maiuscola?), in quanto sdogana l’entrata della Svezia nella Nato – parrebbe in cambio della promessa di accettazione – da parte della Ue – della richiesta di adesione della Turchia alla stessa. Scambio alla pari? Vedremo. Visto che il Presidente dovrà, a quel punto, accettare anche di applicare le sanzioni dell’Unione a Cina e Russia, perdendo due eccellenti partner commerciali, in cambio di un posto in un gommone alla deriva – ossia un’Europa ormai sull’orlo della recessione e della deindustrializzazione e con l’Ucraina che rischia di trasformarsi in una zavorra insostenibile. Se non bastasse, dopo la ‘liberazione’ dei comandanti della Azov che, negli accordi tra Turchia, Ucraina e Russia, sarebbero dovuti restare in Turchia fino al termine del conflitto in Donbass, Erdoğan pur sostenendo di essere l’uomo della mediazione di pace, in realtà si è screditato tanto quanto la Germania della Merkel o la Francia di Hollande (rispetto agli Accordi di Minsk).
Su tutto ciò siamo in attesa della risposta del Presidente Putin, se ci sarà.
Nel frattempo, vi traduciamo i primi commenti a caldo di Russia e Cina, ormai considerati apertamente i nemici numero 1 dell’Occidente.
L’ambasciatore russo negli States, Anatoly Antonov, ha risposto alle domande della stampa circa la condanna, da parte della Nato – nel Comunicato finale del Summit di Vilnius – del dispiegamento di armi nucleari tattiche in Bielorussia: “Il Comunicato dell’Alleanza afferma che il dispiegamento di armi nucleari tattiche in Bielorussia mina la stabilità strategica e la sicurezza dell’area Euro-Atlantica. Allo stesso tempo, dichiara che le armi nucleari statunitensi in Europa servono a preservare la pace e come deterrente all’aggressione. Questa è un’ulteriore conferma del doppio standard che prevale nella Nato” (fonte Ministero degli Esteri russo, t.d.g.). Ineccepibile. Nulla da aggiungere.
Il secondo commento a caldo è del portavoce della Missione Cinese in Unione Europea sempre riguardo al Comunicato finale del Summit laddove afferma come le ambizioni e le politiche coercitive cinesi siano una sfida agli interessi, alla sicurezza e ai valori della Nato (3). La Cina, dopo aver richiamato le similitudini con la retorica da Guerra Fredda (del resto, a noi pare che confondere ‘interessi’ e ‘valori’ sia pratica alquanto ipocrita e pericolosa), puntualizza che “dietro al deteriorarsi della cornice della sicurezza internazionale, la Nato, invece di riflettere sulle proprie responsabilità, come blocco militare regionale, muove accuse senza fondamento, immischiandosi in affari aldilà delle proprie frontiere e creando situazioni di confronto. Tutto ciò mette in evidenza l’ipocrisia della Nato e la sua ambizione egemonica come il suo tentativo di espandersi. Continuando a dichiararsi, nel Comunicato, potenza nucleare, non fa che esacerbare le tensioni regionali…” e più oltre: “esortiamo la Nato… ad ascoltare la richiesta di pace, sviluppo e cooperazione della comunità internazionale”. La chiusura recita: “Vogliamo che sia chiaro alla Nato che la Cina, dal canto suo, è fermamente decisa a salvaguardare la propria sovranità, sicurezza e sviluppo. Si oppone fermamente ai movimenti della Nato verso la regione dell’Asia-Pacifico, e qualsiasi azione che comprometta i legittimi diritti e interessi cinesi incontrerà una risposta risoluta” (t.d.g.).
Di fatto la Nato sembra non arretrare di un passo di fronte a Russia e Cina e ‘infischiarsene’ di promesse e minacce. Del resto il mondo sarà multipolare o unipolare (non pare esistere una terza via). Mentre la Cina minaccia (o promette?), Europa e Us agiscono – foraggiando il massacro in Donbass (anche con nuovi missili francesi a lungo raggio, oltre alle bombe a grappolo statunitensi). La Nato e l’Alleanza Indo-Pacifico si avvicinano sempre più smascherando finalmente il piano egemonico militare e geostrategico di Biden e della sua amministrazione, che paiono guidare saldamente l’Occidente – come valchirie – verso la definitiva battaglia contro l’alleanza sino-russa e che, proprio come le valchirie, sceglieranno i destinati a morire.
Buon Walhalla a noi tutti!
(1) L’articolo in lingua originale, The real casualties of Russia’s ‘civil war’: the Beltway expert class, pubblicato il 26 giugno 2023 su: https://thegrayzone.com/2023/06/26/russias-civil-war-beltway-expert/. Aggiungiamo che per Beltway* si intende il cuore del potere di Washington D.C.
(2) L’articolo, Russia is sliding into what can only be described as a civil war, in originale su The Atlantic: https://www.theatlantic.com/international/archive/2023/06/russia-civil-war-wagner-putin-coup/674517/
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venerdì, 14 luglio 2023
In copertina: Foto di Bela Geletneky da Pixabay