Tre giorni di ‘natura poetica’
di Simona Maria Frigerio
Campsirago Residenza organizza ormai quasi da vent’anni un festival che tenta di coniugare una precisa ricerca sugli spazi e gli ambienti naturali ripensati come scenografia – insieme inusuale e suggestiva – delle performance, una vena intrinsecamente poetica, il desiderio e il piacere della condivisione e della convivialità. In questa edizione 2023, dopo le limitazioni e le chiusure imposte dal Governo per far fronte alla pandemia, ritrovarsi insieme in spazi non deputati per fruire della bellezza propria delle arti ma anche per tornare a dialogare con l’altro da sé è un piacere nel piacere.
Si inizia questo – che potremmo definire – percorso esperienziale, venerdì 23 giugno con Cucine(S) di Floriane Facchini & Cie, un banchetto partecipativo costruito con e per gli abitanti di Valgreghentino, che si è tenuto nella piazza principale del paese e lungo la strada che la taglia centralmente. Il ‘prima’ conta quanto il ‘durante’ in questo progetto di respiro internazionale, a metà strada tra ricerca antropologica e performance. Per dieci giorni Facchini e Clément Martin, fotografo, hanno intervistato dodici abitanti della zona sulle pratiche culinarie locali. La sera del 23 ogni spettatore è stato invitato a portare la propria pietanza preferita e a raccontarne la ricetta per uno scambio di saperi e tradizioni, con tocchi di originalità. In sottofondo canzoni scelte ad hoc, come Alla fiera dell’Est eseguita da Branduardi che, spiega Facchini, durante la cena, in francese non parla di “due soldi” bensì di “deux pommes” e, difatti, sulle nostre tavole sono posizionate piccole mele tipiche della zona, simili alle pesche tabacchiere, che maturano in estate e hanno sapore acidulo e rinfrescante. La serata è proseguita tra conversazioni più e meno impegnate – ma il momento ‘prezioso’, come lo ha definito la commensale a me vicina, è stato proprio quello della rivelazione del ‘senso delle mele’. Questo scambio, semplice ma essenziale, avrebbe dovuto essere il leitmotiv della serata ma si è manifestato, purtroppo, solo fugacemente. Forse perché molti commensali si conoscevano fra loro, forse per timidezza di coloro che avevano preparato le pietanze, forse per la sfiziosità dei piatti o la fame degli invitati, ha funzionato di più la parte conviviale che quella performativa. La serata è stata però piacevolissima e ha inaugurato il Festival regalando il sapore della famiglia teatrale e sociale ritrovata.
Sabato 24 il primo appuntamento è al Sentiero della Marcita di Ello, alle 15.30, per la performance itinerante Alberi Maestri, nella versione Accessibile, ossia con accompagnatore per gli ipo e i non vedenti e l’interprete nel linguaggio dei segni per le persone sorde. Un percorso emozionale con un testo interessante che può offrire molti spunti di discussione, attiva pensieri e riflessioni e introduce a un mondo, quello degli alberi, che ci circonda, ci accoglie, ci permette di respirare e ci nutre. Il testo che ascoltiamo in cuffia è ottimamente supportato da un mix di rumori naturali e suggestioni musicali e altalena – con ritmi precisi – tra sprazzi filosofici e poetici, sempre con garbata delicatezza. Colpisce, in particolare, la riflessione sull’azione del camminare, propria del pellegrino che – muovendosi tra due poli: la partenza e l’arrivo – vive in uno stato liminale. Perché, come spiega anche il poeta e scrittore Luigi Nacci, ideatore del Festival della Viandanza, in un’intervista a Elena Torre: “Siamo tutti pellegrini… quando lasciamo la nostra casa per avventurarci in terre in cui veniamo percepiti come forestieri, quando cioè abbandoniamo le nostre sicurezze e la nostra presunta granitica identità e ci facciamo carico, sulle spalle, della nostra fragilità” (1). E così ci sentiamo noi, mentre ci muoviamo sul Sentiero della Marcita di Ello (ambiente già di per sé fragile e, quindi, perfetta metafora) inseguendo i sogni degli alberi, i sussurri delle loro radici, le favole raccontate a una foglia, o immaginando come gli alberi – che paiono inamovibili, per il loro essere radicati nel terreno – in realtà si muovano tanto da aver invaso l’intero globo terrestre. Suggestioni. Tante.
Durante la giornata abbiamo anche modo di visitare gli spazi di Campsirago Residenza e di ammirare, oltre al panorama che fa da scenografia naturale al teatro all’aperto, anche il restauro conservativo della struttura medievale che ha permesso di recuperare spazi che rimandano a un vivere e a mestieri antichi – dal pozzo alla ghiacciaia, dal forno all’arco a sesto acuto. Uno spazio raccolto, quasi monacale, ma con una bella corte con balconata dove si affacciano le stanze degli ospiti in residenza, tra soffitti con travi a vista, pavimenti in pietra e grandi camini. L’accoglienza è ottima e pare di essere a casa.
La nostra seconda giornata si chiude alle 21.15 a Villa Sirtori – rinnovata a partire dal Seicento ed edificata intorno a una torre appartenuta ai feudatari della zona, con un bell’affaccio sull’Adda nel piccolo comune di Olginate. Qui, presso il teatro all’aperto, Daniele Timpano torna a interpretare a distanza di una decina d’anni lo spettacolo che lo ha reso famoso in tutta Italia, Aldo morto – di cui firma anche il testo e la regia. Come sempre Timpano mette troppa carne al fuoco e, così facendo, serve un ‘polpettone’ abbastanza ‘contraddittorio’. In uno spettacolo, come in una buona pietanza, occorre saper dosare gli ingredienti – senza esagerare. Due ore di monologo parlano da sé. C’è il pianto da coccodrillo degli ex della Dc ma Timpano aggiunge ai compagni del partito di Moro anche il nome di Craxi che, al contrario, con il Psi avrebbe voluto trattare con le Br per il rilascio del parlamentare democristiano. Timpano rammenta Volontè nei panni del Moro dolente della prigionia – nel film abbastanza elegiaco di Giuseppe Ferrara – ma non quello del potere democristiano filo atlantista del capolavoro di Petri, Todo Modo. Accenna alle prove probabilmente manomesse e alle incongruenze (la buona forma del cadavere di Moro nonostante gli oltre cinquanta giorni di prigionia in 3 metri quadrati) ma non scava nei depistaggi. E ancora, sciorina le sigle del terrorismo rosso ma non accenna a quelle nere. E sì, ammette che ci furono le stragi di Stato ma poi si ferma dicendo che non può dilungarsi e così oscura un frammento importantissimo del puzzle. La violenza era anche di Stato e contro Gladio e le bombe che dovevano tenere legata l’Italia al blocco occidentale e alla Nato (quella che da trent’anni fa guerre in tutto il mondo denominandole ‘operazioni di pace’), oltre che garantire al capitalismo mercificante e consumista di azzerare diritti e istanze civili, politiche e sociali, si scatenò un’altra violenza. Perché a ogni azione corrisponde una reazione uguale e contraria. Lo abbiamo rivisto – sebbene per un tempo più limitato ma con un’estensione nello spazio molto più ampia – con i movimenti no global della fine degli anni 90, seppelliti a Genova nel 2001 con il corpo di Carlo Giuliani. In breve, Timpano lancia pietre e ritira la mano. Qualcuna colpisce nel segno ma molte sbagliano il bersaglio. E alla fine l’impressione è sempre la stessa: grande animale da palcoscenico ma caotico e irrisolto. Quando per voler dire tutto, e il contrario di tutto, non si dice niente.
Domenica 25 giugno il Giardino delle Esperidi Festival propone, dalle 16.00, un percorso nella natura lungo uno di quei sentieri che, nel Medioevo, univa i vari borghi della zona a media quota. La nostra Crossing Experience, una camminata performativa con il direttore artistico Michele Losi, parte da Ello per raggiungere La Fura passando da Figina (e ritorno). Come ci spiega la nostra ‘guida’ stiamo vivendo un’esperienza forse più cinematografica che teatrale. In effetti, inquadrare i vari spazi che incontriamo nella nostra camminata, oltre che captare e registrare i rumori e i suoni che ci circondano mixandoli per mappare un immaginario mentale nel quale ci immergiamo, è quasi altmaniano, e siamo noi i registi di questo film. Anche arricchire l’esperienza con la sensibilità olfattiva rimanda inevitabilmente alle sperimentazioni semi-folli di un John Waters. Per alcuni tra di noi, a questo esperimento di mappatura del territorio per immagini, suoni e odori si è aggiunto il ricordo di passati spettacoli che hanno visto questi spazi trasformati in palcoscenici naturali. Vivere il walking e il panorama come set cinematografico è un esperimento interessante che lascia, alla fine, la sensazione di aver condiviso l’‘attimo fuggente’.
A conclusione di giornata e, per noi, di Festival, alle 21.15 nella piazza del Municipio di Ello, assistiamo a Gilgamesh del duo Fossick Project – con canto dal vivo e proiezione di immagini. Sono proprio l’illustratrice Cecilia Valagussa e la musicista Marta del Grandi a domandare, nella presentazione di questo spettacolo: “Se Gilgamesh fosse una regina, cambierebbe la storia? Se raccontassimo questa storia con musica e immagini, omettendo qualsiasi testo, otterremmo una lettura diversa?”. Partiamo da alcune considerazioni generali per cercare di rispondere. La prima è che in Oriente (pensiamo al teatro delle ombre balinesi, ad esempio) le epopee narrate sono note al pubblico in ogni passaggio e personaggio (cosa che non si può dire per questo antichissimo testo assiro-babilonese). La seconda è che qui si ha la proiezione di illustrazioni volutamente contemporanee ove sono i rimandi altri che possono sfuggire, più che il fatto che il protagonista vesta panni femminili (post-femminista o gender fluid poco interessa visto che nell’iconografia orientale, spesso, eroi e divinità hanno sembianze o tratti – dai lineamenti a un accenno di seno – femminei). Ma facciamo un esempio della difficoltà nel tradurre i significanti in significati. Noè, secondo i miti biblici, muore a 950 anni e farlo impersonare a un tardigrado (stupefacente invertebrato che, in uno stato di anidrobiosi, può essere messo in animazione sospesa e sopravvivere non si sa per quanti secoli) è metaforicamente azzeccato ma per molti può essere un salto pindarico difficilmente traducibile (e godibile). Anche il fatto che le canzoni (che danno spunti di interpretazione a vari passaggi) siano in inglese, le rende non comprensibili a tutti – e questo gap tra anglofoni e non rende la fruizione ulteriormente differenziata. Quindi, visto che alcuni passaggi (come il serpente che mangia la pianta della giovinezza, privando Gilgamesh dell’immortalità) non sono facilmente decriptabili attraverso la successione delle immagini proposte né lo spettatore sa qual è l’oggetto della quest del/della protagonista, e possono difettare codici linguistici o culturali per decodificare le figure, la ricostruzione (o l’invenzione ex novo) della narrazione risulta farraginosa. Si finisce, più o meno inevitabilmente, per riempire i gap e interpretare la storia attraverso miti e conoscenze occidentali. Da Orfeo ed Euridice (perché Enkidu più che morire pare essere inghiottito dagli inferi) a Persefone, alla passione di Achille per Patroclo fino al diluvio universale che, effettivamente, è presente sia nel testo assiro-babilonese sia in quello biblico. Dalla comune matrice umana non sfugge alcun paradiso creato da mente umana.
Una tre giorni decisamente motivante, ricca di spunti e diversificata a livello esperienziale. Un Festival che ha il merito di rimettere in comunicazione realtà territoriali magari anticamente vicine ma che, nella nuova società parcellizzata, finiscono per apparire sideralmente distanti – riattivando tradizioni e saperi e riappropriandosi di spazi per creare nuove suggestioni e costruire nuovi rimandi.
(1) https://www.mangialibri.com/interviste/intervista-luigi-nacci
Il Giardino delle Esperidi Festival
edizione 2023
organizza Campsirago Residenza
varie location
venerdì 23 giugno, ore 20.00
piazza centrale
Valgreghentino
Floriane Facchini & Cie presentano:
Cucine(S)
(banchetto partecipativo)
ideazione, testi e regia Floriane Facchini
sabato 24 giugno, ore 15.30
Sentiero della Marcita
Ello
Campsirago Residenza / Associazione Fedora presentano:
Alberi maestri accessibile
ore 21.15
Villa Sirtori
Olginate
Frosini/Timpano presentano:
Aldo morto
testo, regia e interpretazione Daniele Timpano
domenica 25 giugno
dalle ore 16.00 alle 19.30
partenza da Ello
Crossing Experience
(camminata performativa con il direttore artistico Michele Losi)
ore 21.15
piazza del Municipio
Ello
Fossick Project presenta:
Gilgamesh
venerdì, 30 giugno 2023
In copertina: La locandina del Festival