Quando i watchdog mostrano che il Re è nudo
di Simona Maria Frigerio (traduzioni di Simona Maria Frigerio)
Agnés Callamard, segretaria generale di Amnesty International ha commentato a caldo la decisione del Ministro degli Interni britannico, Priti Patel, di autorizzare l’estradizione di Julian Assange negli Usa – dove rischia fino a 170 anni di reclusione in base a 17 capi d’accusa che si fondano sull’Espionage Act: “una legge draconiana del 1917, pensata per i traditori che passano informazioni al nemico” (1). In realtà, per aver mostrato i crimini contro l’umanità commessi dall’esercito che si vanta di ‘difendere le regole’, in Iraq e Afghanistan (2).
Solo tre pagine per liquidare la vita di Assange e la libertà di informazione, ci sono volute al Giudice dell’Alta Corte Jonathan Swift [mai cognome fu più azzeccato! (3)], che ha respinto ben otto diverse motivazioni contenute nell’appello contro l’ordine di estradizione per Assange negli Us, firmato a giugno 2022 da Priti Patel, allora nelle vesti di Segretario di Stato.
Mentre la moglie di Assange e sua legale ha già annunciato un nuovo appello, dall’altra parte della Manica, è il Governo Francese a cercare di risalire alle verità scomode denunciate dal whistleblower Edward Snowden, ormai definitivamente cittadino russo. Il 6 aprile scorso si è tenuta l’audizione di Arnaud Montebourg – politico di area socialista, Ministro dell’Economia nei governi Ayrault I e II, dal 16 maggio 2012 al 25 agosto 2014 – di fronte alla Commissione d’Inchiesta relativa alle ingerenze politiche, economiche e finanziarie di potenze straniere – Stati, organizzazioni, aziende, gruppi d’interesse, privati – atte a influenzare o corrompere opinionisti, dirigenti o partiti politici francesi (4).
Non si tratta dell’ennesima fake news su qualche fantomatico Russiagate, bensì di ciò che lo stesso Montebourg ha sintetizzato in un tweet del 2021 (5): “Dopo le rivelazioni di Edward Snowden a partire dall’estate del 2013, sappiamo che gli Stati Uniti spiano i Paesi loro alleati”.
Il giornalista che ha pubblicato i documenti ‘trafugati’ da Snowden su The Guardian si chiama Glenn Greenwald e, per questo, ha vinto il Premio Pulitzer per il miglior giornalismo di pubblico servizio nel 2014; mentre la sua collega, Laura Poitras, che ha girato il docu-film Citizenfour, sempre sullo scandalo dello spionaggio Us a danno dei Paesi europei, si è aggiudicata l’Oscar per il miglior documentario. Assange, al contrario, è perseguitato dal 7 dicembre 2010, mentre la sua fonte Chelsea Manning è stata condannata a 35 anni di reclusione e scarcerata dopo 7 per grazia dell’allora presidente uscente Barack Obama. Manning è però tornata in carcere l’8 marzo 2019, per essersi rifiutata di testimoniare di fronte a un grand jury contro Assange e WikiLeaks, ed è stata rilasciata solo il 12 marzo 2020 dopo aver tentato il suicidio [rischiava di rimanere in carcere per 18 mesi, ossia fino alla scadenza del mandato del Gran Giurì, (6)].
Ma torniamo a Montebourg per capire la gravità e il peso delle rivelazioni di Snowden. A distanza di otto anni la Francia sta cercando di comprendere fino a che punto gli ‘alleati statunitensi’ abbiano ‘giocato sporco’. Traduciamo solo alcuni dei passaggi della lunga audizione dell’ex Ministro e vi rimandiamo alla trascrizione originale per il testo completo (4). Il politico socialista non solamente sottolinea l’importanza della denuncia di Snowden ma adombra altre questioni, oggi, di capitale importanza: mercati, materie prime, concorrenza, sanzioni unilaterali, procedimenti extragiudiziali, guerra e pace, Onu, veti, ricatti politici ed economici, la longa manus degli States – ossia gli autoproclamati ‘sceriffi mondiali’ – sulle aziende e i Governi europei. Tutti argomenti che dovrebbero essere portati a conoscenza dei cittadini europei per una sana discussione all’interno della società civile.
“Siamo in uno stato di guerra mondiale. Potrete trovare queste parole eccessive, ma è esattamente ciò che si può constatare […]. La battaglia economica per le materie prime e la conquista dei mercati ha portato le potenze occidentali a confrontarsi. Abbiamo vissuto un nuovo ciclo di mondializzazione dopo la nascita dell’Organizzazione Mondiale del Commercio, tra il 1994 e il 2001, che si è tradotto, per riassumere, nell’entrata della Cina, senza alcuna contropartita, nel commercio mondiale […].
Ci sarebbe molto da dire sulle ragioni di detta mondializzazione che non è piombata dal cielo: non è un diktat economico né tecnologico, ma innanzi tutto un fatto politico […].
Si vis pacem, para bellum, dicevano i Romani: se volete la pace, preparatevi alla guerra. Noi non siamo assolutamente preparati alla guerra laddove subiamo un certo numero di ingerenze economiche riguardo alle nostre aziende. Voglio rammentare qualche esempio per chiarire le idee alla Commissione d’inchiesta.
Quando, dopo gli eventi dell’11 settembre 2001, il Presidente Chirac decise, nel 2003, di esercitare il diritto di veto della Francia al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite contro l’invasione dell’Iraq da parte di una coalizione occidentale, gli Stati Uniti, che controllavano le catapulte della nostra porta-aerei, la Charles-de-Gaulle – non ne abbiamo che una, ma è strategica – hanno deciso, per ritorsione, l’embargo unilaterale sulla fornitura di una pezzo strategico prodotto dagli statunitensi. Il generale Bentégeat ha detto che fummo obbligati a mettere in manutenzione la Charles-de-Gaulle dai sei mesi a un anno, a causa di tale misura di ritorsione da parte di uno Stato straniero, apparentemente alleato della Francia, ma che aveva deciso di ‘multarci’.
Era una forma d’ingerenza e di mancanza di rispetto della posizione del Governo dell’epoca. Il quale aveva votato no al Consiglio di Sicurezza, secondo le forme di multilateralismo giuridico dell’Onu, e si è visto sanzionato sui mezzi di difesa nazionali. Fu un’ingerenza politica, giuridica ed economica della nostra sovranità, ingerenza da allora reiterata – di cui vi fornirò altri esempi – e che potremmo ancora dover affrontare […].
Quando la General Electric ha acquisito Alstom, la storia è ormai ben nota ai rappresentanti nazionali e all’opinione pubblica, detta società ha acquisito ciò che denominiamo «l’îlot conventionnel (7)» all’uscita dei nostri 58 reattori nucleari civili e di tutti gli altri reattori nucleari equipaggiati con la turbina Arabelle, che assicura la conversione del vapore in elettricità. General Electric si è servita di detta turbina fabbricata nello stabilimento di Belfort per ricattare EDF, a cui ha chiesto di accettare un aumento unilaterale dei costi dei pezzi di ricambio. EDF, che fino ad allora non aveva mai alzato un dito per lottare contro i ricatti di Alstom, per aver opposto una eccezione di irricevibilità, si vide General Electric promuovere uno sciopero della manutenzione di diversi mesi, nel 2016 – fatti ormai resi pubblici – con il fine di esercitare pressioni. Il signor Lévy, allora Presidente di EDF, si disse ‘scioccato’ da tale azione in una lettera che spiegava come un comportamento simile non fosse accettabile tra persone civili. Vi era in tale risposta una forma di naïveté che deploro. Se vogliamo proteggerci da tali ingerenze, occorre essere capaci di evitare che le nostre aziende siano acquisite da altri […].
Secondo le rivelazioni di Edward Snowden, 75 milioni di conversazioni, ed email, sono state sfruttate in Francia, contro di noi: è un’ingerenza. Riguardavano il Presidente della Repubblica, i ministri (com’è noto anch’io all’epoca esercitavo detta funzione – ed ero obbligato a usare telefoni criptati dato che eravamo a conoscenza di quanto stava accadendo), e le grandi aziende.
L’accelerazione delle azioni penali orchestrate dal Department of Justice (DOJ), il Ministero statunitense della Giustizia, si è tradotta, tra il 2008 e il 2017, nella condanna di 26 società, 21 delle quali non erano statunitensi. Capiamo a cosa serva l’FCPA (8). Nell’affare Alstom, come ho detto di fronte alla Commissione d’inchiesta sulla sovranità energetica, il signor Pierucci, che ha perso due anni di vita nelle prigioni statunitensi, si è visto mettere sotto il naso, in spregio alle norme sulla prescrizione, delle informazioni di 10 anni prima. Erano state intercettate un milione di email. Come si può accettare che delle società e i loro impiegati siano perseguiti, dieci anni dopo che i fatti sono accaduti, sulla base di un milione di email, per la cui lettura occorrerebbero tre interi anni a un intero studio legale? Come si può ammettere una tale ingerenza extraterritoriale?
In detto affare, gli Stati Uniti non erano le vittime di qualsivoglia danno: ciò di cui si discuteva non interessava alcuna azienda statunitense né il territorio degli States, dato che il contratto incriminato era stato concluso tra l’Indonesia e la Alstom. Fu una violazione della nostra sovranità, un’ingerenza nell’esistenza delle nostre aziende, spionaggio illegale, di fronte al quale le rimostranze sono state flebili, politicamente e diplomaticamente, e un attentato ai nostri interessi nazionali […].
Se non agiremo ci ‘spenneranno’, e in breve tempo – dato che tutto procede velocemente. Basti guardare al numero di aziende francesi che sono state condannate e, successivamente, rilevate. BNP Paribas è stata multata per 9 miliardi di dollari, ma non è stata rilevata – probabilmente non era negli interessi statunitensi – al contrario di Alstom, che ha subito la minaccia di una multa di 750 milioni, scusate se è poco […].
L’uso delle sanzioni può andare anche più lontano: l’abbiamo visto con l’Iran. Avevamo, con Peugeot, il 30% del mercato automobilistico iraniano. Il Presidente Trump decise di recedere unilateralmente dall’accordo concluso tra le potenze occidentali e la Repubblica Islamica dell’Iran nel settore nucleare. Tale accordo, che si basava su una forma di limitazione dell’investimento iraniano al nucleare civile, era stato ottenuto dal Presidente Obama e dal Governo francese ed era stato il coronamento di molti sforzi, del quale ricordo di aver gioito all’epoca. Il recesso unilaterale a tale accordo ha avuto come conseguenza di rimettere in vigore le sanzioni internazionali contro tutte le aziende che avevano avuto l’idea di commerciare con l’Iran. In breve, la Peugeot vendeva 450.000 veicoli all’anno, assemblati nel Paese. Le sanzioni hanno costretto Peugeot a fare i bagagli e lasciare il campo libero alle aziende statunitensi che hanno iniziato a esportare in Iran. Vediamo bene come le regole internazionali siano utilizzate in maniera perversa, ipocrita, falsamente virtuosa, per il profitto del potere”.
Le dichiarazioni dell’ex Ministro sono tranquillamente disponibili per il pubblico e per i giornalisti. Del resto André Chamy, sociologo e avvocato francese, denunciava la medesima situazione già nel 2019 (9). Gli Stati Uniti sono in guerra con l’Europa da decenni e gli unici a non essersene accorti paiono essere i parlamentari europei (che siedono nei vari Stati o a Bruxelles). L’uso delle sanzioni unilaterali per bloccare partnership concorrenziali, l’intento di sabotare il Nord Stream 2, il fatto che se anche una sola transazione avviene in dollari qualsiasi società può essere perseguita dal Dipartimento della Giustizia statunitense (e, quindi, l’Euro era una minaccia), le connessioni tra quest’ultimo e l’intelligence statunitense per perseguire le aziende (e i loro rappresentanti) con documentazione ottenuta illecitamente (come rivelato da Snowden) sono tutti temi affrontati da Chamy con chiarezza. Non stiamo rivelando nulla di segreto. Ovviamente sono i direttori – che dipendono dagli editori – a decidere se tali informazioni sono notiziabili e quanta pubblicità va data alla notizia stessa (scegliere se inserirla in prima o in sesta pagina, al telegiornale delle 20 come servizio d’apertura o in quello a notte fonda prima del meteo, fa differenza).
Ecco perché la decisione britannica sul caso Assange, come denuncia Agnés Callamard: “invia un messaggio agghiacciante ai giornalisti in ogni parte del mondo”. Perché la narrazione dello ‘sceriffo buono e degli indiani cattivi’ può essere messa in dubbio solo se i watchdog sono liberi di scrivere, denunciare, criticare; e se i whistleblower sono protetti contro licenziamenti e incarcerazioni (perché sottrarre dei documenti che provano un illecito dovrebbe essere pratica premiata e non condannata, in primis dalla società civile). In un mondo sempre più controllato da pochi gruppi di potere (anche a livello di giornalismo mainstream), tenendo conto che una persona non sempre è in grado di leggere in cinque o sei lingue diverse o di trascorrere ore a cercare una certa informazione o un documento in originale, la libertà di stampa va garantita quanto quella di opinione e critica. Il fiore all’occhiello per una dittatura moderna non è la chiusura delle testate che esprimono dissenso ma l’omologazione – che stiamo vedendo in Occidente – dove impera ormai, quasi ovunque, una sola voce, un solo pensiero.
(1) La Repubblica: https://www.repubblica.it/esteri/2019/05/23/news/usa_incriminato_assange_con_17_capi_d_accusa-227036931/
(2) Articolo 21:
(3) Swift, in inglese, significa celere, veloce
(4) La dichiarazione completa dell’ex Ministro Montebourg di fronte alla Commissione d’Inchiesta: https://www.assemblee-nationale.fr/dyn/16/comptes-rendus/ceingeren/l16ceingeren2223028_compte-rendu
(5) Il tweet di Montebourg del 2021: https://twitter.com/montebourg/status/1440662279972745226
(6) Il Gran Giurì, negli Stati Uniti, è tuttora valido per i reati federali più gravi e prevede che una giuria di 23 comuni cittadini, a porte chiuse, decida se le prove presentate dall’accusa siano o meno sufficienti per sottoporre un imputato a processo. A proposito si legga il pezzo di Michele Papa: “«Se il pubblico ministero volesse, potrebbe agevolmente convincere il Grand jury ad incriminare un sandwich al prosciutto». Con queste parole il giudice Sol Watchtler, già presidente della Corte suprema dello stato di New York, stigmatizzava lapidariamente la totale sudditanza di quest’organo popolare al prosecutor. D’altro canto, che il Grand jury non abbia una grande autonomia di giudizio, e che anzi si caratterizzi per una fisiologica sudditanza rispetto alla pubblica accusa, si evince anche dalle statistiche giudiziarie: nel 2010, a fronte di oltre 160.000 casi perseguiti a livello federale, il Grand jury ha negato il rinvio a giudizio solo una decina di volte: una percentuale che si assesta dunque attorno allo 0,007%”. Per intero su: https://www.questionegiustizia.it/articolo/l-america-che-si-incendia-e-le-colpe-del-grand-jury_10-12-2014.php
(7) Un reattore nucleare è formato da due parti: un îlot nucléaire, nel quale la fissione nucleare produce calore, e un îlot conventionnel, dove tale calore è trasformato in corrente elettrica
(8) Il Foreign Corrupt Practices Act statunitense ha lo scopo di combattere la corruzione
(9) L’interessante articolo, tradotto in italiano da Rachele Marmetti, di André Chamy, racconta gli affaire Peugeot, Alstom, GE, l’incarcerazione di Frédéric Pierucci, e molto altro, oltre all’utilizzo dei poteri extragiudiziali del Dipartimento di Giustizia statunitense e delle sanzioni unilaterali (a Iran, Russia e altri Paesi) per favorire la summenzionata guerra economica da parte degli States contro le aziende europee: https://www.voltairenet.org/article205186.html
venerdì, 23 giugno 2023
In copertina: L’immagine della pagina FB italiana dedicata alla liberazione di Julian Assange – https://www.facebook.com/FreeAssangeItaly/. Nel pezzo: Edward Snowden, foto di Gordon Johnson da Pixabay