«Rompiamo il silenzio sulla campagna referendaria e ricostruiamo una massa critica»
di Simona Maria Frigerio
Abbiamo già scritto dei tre quesiti referendari promossi dal ComitatoGenerazioni Future (1). Una campagna partita il 23 aprile scorso e che proseguirà fino al 17 luglio per raccogliere 500 mila firme su due argomenti di importanza primaria: la salute e la pace.
Visto che il silenzio – sulla carta stampata e sulle emittenti pubbliche – è semplicemente assordante; visto che le promesse – negli anni di pandemia – di migliorie e investimenti nella Sanità pubblica sono state disattese; e visto che la vocazione costituzionale italiana per la pace è un principio valido solo per i discorsi ufficiali del 2 Giugno; Michelangelo Severgnini e L’Antidiplomatico hanno deciso di affidare alla narrazione documentaristica il racconto dei tanti perché di questi tre referendum, attraverso le testimonianze di chi dice no alla logica guerrafondaia imperante. Un documentario per favorire il dialogo nella società civile e che è stato bloccato dall’algoritmo di YouTube nel giro di poche ore il 21 maggio scorso. Per questo abbiamo pensato di sentire Severgnini – così da farci spiegare quanto successo e se, nel frattempo, lo sciopero della fame di Davide Tutino fosse riuscito a rompere il muro di silenzio.
Michelangelo Severgnini: «Non so se sono la persona più adatta a rispondere perché non ho il polso di tali dinamiche, ma immagino ci siano due possibili tipi di aperture. Da una parte, di alcuni media e, dall’altra, di alcune forze politiche. Da qui alla fine della raccolta firme la sfida è quella di far scattare una o entrambe queste realtà, al momento dormienti. Pensiamo, ad esempio, ad alcuni giornali, come Il Fatto Quotidiano, che cominciano a interessarsene. Dobbiamo raggiungere le 500.000 firme – che non sono poche, ma non siamo ancora alla metà degli elettori italiani +1!».
Il servizio televisivo Rai, che dovrebbe essere pubblico, perché latita nell’informare i cittadini? E la militanza politica, non esiste più?
M. S.: «Il referendum non riesce proprio ad andare in Rai. All’interno del documentario che ho girato c’è una frase che configura questo scenario e lo analizza. Nel momento in cui l’intero emiciclo del Parlamento è di fatto contrario a questo referendum, anche la tv pubblica agisce di conseguenza. Gli organizzatori lo sapevano fin dal principio. La sfida è infatti quella di conquistare gli spazi, almeno una parte, affinché si raggiungano le firme necessarie. La stessa cosa va riferita a una serie di sigle politiche che, negli ultimi giorni, hanno dato segnali di apertura e la collaborazione per la raccolta delle firme e l’organizzazione dei banchetti».
Dove nasce l’idea di girare un documentario per parlare di un referendum?
M. S.: «Da un po’ di tempo con L’Antidiplomatico pensavamo di produrre una sorta di ‘saga’ con una serie di documentari legati tra loro da un determinato stile, ossia la presa diretta, e da un fil rouge, ossia il racconto di momenti d’Italia che sfuggono al mainstream. Il titolo di questa ‘saga’ è Lotte sociali sullo soglia di un conflitto mondiale ed era già stato realizzato un primo documentario, intitolato Il Dissentista, uscito a marzo di quest’anno (2), girato in Sicilia e che racconta i moti di protesta contro il caro bollette, avvenuti tra ottobre e dicembre del 2022, e di cui non si è parlato sulla stampa nazionale, sebbene la regione fosse sull’orlo di una rivolta di popolo. Quando poi si è pensato di calendarizzare le uscite dei documentari successivi, il referendum è sembrato un argomento adatto. Di solito, io costruisco i documentari attorno a un protagonista ma, in questo caso, sono due (3) e, con la presa diretta, ho seguito l’uno o l’altro, mentre si raccontava e organizzava o prendeva parte a una serie di attività connesse alla campagna referendaria. Poi, con un montaggio alternato, ho intrecciato le due narrazioni intervallandole con filmati realizzati col telefonino dai soldati in trincea: questo perché il pubblico si ritrovi in guerra, si senta frastornato, e poi ritorni in Italia, a questo presente e ai banchetti, ovvero alla nostra dimensione quotidiana».
La censura ha colpito il documentario. Come e perché?
M. S.: «Tra i flash dal fronte vi erano anche due filmati non relativi alla guerra in Ucraina – con un sottopancia che spiegava dove erano stati girati e in quale anno i fatti si erano verificati. Il pretesto di YouTube per cancellare il documentario è stato proprio che sarebbero state utilizzate delle immagini ‘fuori contesto’. Il che può essere vero dato che sono filmati di repertorio, ma inseriti – come peraltro normalmente si fa nei documentari – con i sottopancia esplicativi. Uno di questi mostrava, per inciso, i bombardamenti su Baghdad e, quindi, la didascalia recitava: “Baghdad, marzo 2003”. Vorrei aggiungere che il canale YouTube de L’Antidiplomatico è stato interamente bloccato per una settimana con la minaccia che al prossimo video ‘come questo’ il canale sarà definitivamente cancellato. A questo punto vorrei capire cosa significa ciò. A me, come regista e documentarista, non sembra che i loro rilievi siano fondati. Teniamo conto che il documentario è stato caricato la sera del 20 maggio e la mattina presto del 21 era già stato bloccato. Se si considera che il documentario era a disposizione solamente degli abbonati al canale YouTube de L’Antidiplomatico e che l’esperimento della ‘saga’ è iniziato solo pochi mesi fa e gli abbonati, al momento, saranno un centinaio, ipotizzare che ci sia stata una segnalazione nottetempo di uno tra gli abbonati è fuori discussione. Aggiungo che, per me, è escluso che sia stato davvero l’algoritmo in quanto ho caricato lo stesso file sul mio canale di YouTube e l’algoritmo non è intervenuto. A questo punto suppongo che sia stata una mano esterna, che ha seguito l’intera vicenda, e ne ha bloccato immediatamente l’uscita».
I referendum, se otterranno le firme e saranno approvati dalla Consulta, non arriveranno comunque troppo tardi?
M. S.: «Alcuni dicono che la Corte Costituzionale potrebbe non ammettere i referendum; altri ci chiedono se non pensiamo che anche se i referendum fossero ammessi, il Governo potrebbe non convocarli; oppure che anche se li si tenesse, non li si vincerebbe. E così via: tutto vero, però credo sia arrivato il momento di muoversi e parlarne. Con i referendum si potrebbero raggiungere tanti altri obiettivi a cascata e le firme vanno raccolte se non altro perché sappiamo, dai sondaggi, che praticamente il 70% dei cittadini italiani è contrario alla guerra. Questo è il motivo per il quale si scatena la censura, perché loro sanno che se la notizia entra in contatto con il grande pubblico, la battaglia l’hanno già persa. La nostra battaglia, al contrario, è quella di aprire delle brecce e fare arrivare la notizia agli italiani. Vorrei aggiungere un’ultima cosa. Aldilà dei motivi pretestuosi per censurare il documentario, io penso che sia stata un’altra cosa a dare fastidio. Nel film non si racconta niente di nuovo: la realtà, la conosciamo tutti. Sono le opinioni espresse nel documentario – frutto di un punto di vista che non è presente in nessun quotidiano e in nessuna televisione, anzi che non è nemmeno accettato all’interno del dibattito – che hanno dato fastidio. Questo è ciò che fa loro paura: mostrare che esiste un altro pezzo d’Italia, che ha opinioni diverse e che è suo diritto esprimerle».
Un’altra Italia esiste ma non pare voler agire. Il pensiero unico è imperante. Ogni idea o informazione diversa è tacciata come ‘fake news’. Le persone quasi temono, se si discostano dalla linea ufficiale, di essere in minoranza persino conversando tra amici. Quale via d’uscita?
M. S.: «Secondo me esistono centrali di potere della comunicazione – e, in Italia, sappiamo bene chi sono i proprietari dei grandi gruppi di comunicazione – che immettono a piene mani questo tipo di tossicità all’interno del linguaggio, dei contenuti che girano, a volte addirittura con delle notizie false. Come se ne esce? Da un punto di vista politico. Bisogna trovare il modo, in questo Paese, di riorganizzare daccapo il sistema dell’informazione. A cominciare dalle proprietà. Però questo passaggio non si fa senza prima aver eletto un Governo favorevole a questo tipo di cambiamento. Il percorso è lungo ma la strada è questa: per costruire una massa critica ci vuole tempo ma dobbiamo provarci».
Il video di Michelangelo Severgnini per L’Antidiplomatico, censurato da YouTube, è disponibile su Vimeo: https://vimeo.com/ondemand/referendum
(1) I tre quesiti referendari, per saperne di più: https://www.inthenet.eu/2023/05/12/piu-diritti-meno-armi/
(2) Il Dissentista, 25’, 2023 – Lotte sociali sulla soglia di un conflitto mondiale. Film breve di Michelangelo Severgnini, scritto con Fabio Maggiore: mondialehttps://vimeo.com/ondemand/431162
(3) Ugo Mattei ed Enzo Pennetta
venerdì, 16 giugno 2023
In copertina: Foto di Elias da Pixabay