Il miglior Čechov riletto da una regista di talento
di Simona Maria Frigerio e Luciano Uggè
Дядя Ваня è forse la quintessenza di Čechov. Racchiude in quei quattro atti la ferocia, l’apatia, le aspirazioni, l’intelligenza, la rassegnazione e la tenacia di un intero popolo, ritraendo nel contempo un preciso milieu socio-culturale, un insieme di nevrosi che possiamo definire caratteri tipici dell’essere russo tra la fine di una nobiltà esangue e dissanguata e l’avvento di una nuova classe protagonista della Storia (con la S maiuscola). Ma non solo, perché Čechov era tanto psicologo quanto filosofo, tanto lucido nella sua denuncia di un mondo che spreca le proprie ricchezze (quelle naturali come l’intelligenza) quanto profondamente affettuoso con i vinti – i suoi antieroi che sprecano la vita in una inerzia e passività che paiono connaturate (simili a Sisifo e altrettanto indomabili).
La regista Simona Gonella rilegge oggi Čechov restituendoci la sua contemporaneità, che non è mai superficiale in quanto la psiche umana e le relazioni familiari disfunzionali, la crudeltà tagliente che solo il padre, la madre o l’amante sanno inciderci nella carne, sono una realtà oggi, come lo erano oltre un secolo fa.
Tutto in questo teatro funziona. Dal disegno luci (di Rossano Siragusano) che riesce a ricreare situazioni, spazi e a sollecitare emozioni con impercettibili, ma sensibili, passaggi; alla scelta minimal della scenografia (di Federico Biancalani), rossa come un girone infernale, ma tridimensionalmente posata all’interno del palco per dichiararne esplicitamente la stessa natura teatrale, e con gli interpreti praticamente sempre in scena, ‘costretti’ a restare sul ‘ring’ finché l’avversario cadrà a terra sconfitto; fino al samovar, unico oggetto/emblema di quella radice russa e dello spazio intimamente familiare imprescindibili per la lettura di quest’opera. Ma pensiamo anche alla poltrona – un po’ da dentista (colui che ti ‘cava’ un dente…) e un po’ da psicologo – che rimanda inevitabilmente alla sotto-traccia di quell’indagine sulla ferocia, che scava come solo uno psicanalista lacaniano potrebbe fare, partendo dal linguaggio per risalire alla nevrosi.
Perfetta la rumoristica e altrettanto azzeccate le scelte musicali che creano un contrappunto brechtiano, a partire soprattutto dalla fine del II atto, quando la mano di Gonella sembra liberarsi più arditamente da qualsiasi riverenza verso l’originale e da un principio di ‘latellismo’ (la pedissequa recitazione delle didascalie per la prima decina di minuti, che non allontanano brechtianamente lo spettatore bensì rimandano inevitabilmente a quel Natale in Casa Cupiello di cui salvammo solo la prova attorale di Lino Musella. Forse l’intenzione è di restituire quasi fisicamente allo spettatore l’inerzia nella quale languono i personaggi, ma vi riesce di più il semplice gesto di scacciare le zanzare).
Attori tutti talentosi e in parte. Puntuali e attenti. Vero mestiere e quel qualcosa in più che da anni contraddistingue Woody Neri. Il suo entrare in scena, nei panni di Zio Vanja, con il mazzetto di fiori in mano è un’intuizione registica da plauso ma senza Neri difficilmente avrebbe ottenuto il medesimo effetto. Il finale del terzo atto è da applauso a scena aperta, il monologo con cui ci saluta Sonja tutto tranne che una resa a un dio.
Uno Zio Vanja che entra a buon diritto nella storia del teatro di Čechov sia a livello registico sia interpretativo. Un esempio di quanto il teatro, arte che nasce da un collettivo di contributi artistici e mestieri, sappia ancora commuovere e parlare a chi partecipi al suo rito laico.
Lo spettacolo è andato in scena:
Teatro Fabbricone
via Ferdinando Targetti, 10/8 – Prato
domenica 23 aprile, ore 16.30
Zio Vanja
Un’indagine sulla ferocia
di Anton Čechov
regia Simona Gonella
con Stefano Braschi, Stefanie Bruckner, Marco Cacciola, Anna Coppola, Stefania Medri, Woody Neri e Donato Paternoster
scene Federico Biancalani
disegno luci Rossano Siragusano
costumi Annamaria Gallo
ambienti sonori Donato Paternoster
produzione Elsinor Centro di Produzione Teatrale e Teatro Metastasio di Prato
venerdì, 19 maggio 2023
In copertina: Foto di Luca Del Pia (gentilmente fornita dall’Ufficio stampa del Teatro Metastasio di Prato)