A Palazzo Fruscione una sorprendente mostra sui generis
di Lorena Martufi
Se si dovesse raccontare con una sinfonia sarebbe il Requiem di Verdi. Se si dovesse interpretare con un’opera sarebbe il Don Giovanni di Mozart. E se si dovesse dire poi con una canzone sarebbero tutte, ma proprio tutte, quelle di Battiato. Perché la mostra Sguardi di Silvia Lelli e Roberto Masotti è più che una mostra. È parte della storia della musica, documentata con fotografie distribuite in tre grandi sezioni nelle stanze dello storico ed elegante Palazzo Fruscione di Salerno.
Un’iniziativa che nasce dalla sensibilità di Silvia Lelli, personalità di calibro del panorama artistico e musicale contemporaneo, che ha voluto dedicarla al marito e compagno, il noto fotografo e raffinato intenditore Roberto Masotti, scomparso esattamente un anno fa, all’età di 75 anni.
Una mostra, curata da Lelli con Tempi Moderni, con i contributi testuali degli stessi Lelli e Masotti, e di Alfonso Amendola, Leonetta Bentivoglio, Carlo Maria Cella e Carlo Serra – che è insieme un atto d’amore, un testamento, un’eredità che si vuole far conoscere e divulgare per ricordare non solo Roberto, ma anche i più grandi artisti contemporanei, e non, che hanno calcato le scene del teatro e della musica mondiale. Un gioco di squadra nato dalla passione e acceso ancor più nel lavoro, che ha unito la coppia di fotografi più amata del secolo – al punto da firmarsi insieme, come una cosa sola, Lelli e Masotti.
Un binomio storico che, nel corso degli anni, ha firmato i ricordi più celebri del Teatro alla Scala, Lelli e Masotti sono stati i protagonisti di grandi cataloghi, retrospettive e albi nei quali hanno tradotto in sguardi, i capolavori, e li hanno trasformati in vortici, fermando gli attimi e catturando almeno una parte di quella bellezza regalataci in assoli, arie e balletti. I loro ritratti hanno segnato un’epoca, la nostra, e non a caso il titolo della mostra è proprio Sguardi.
Immagini potenti, le loro, come solo quelle che la fotografia può cogliere all’interno di un attimo che diventa eterno: perché dentro vi passano il cuore e l’emozione di un movimento, di un’azione, di una parola, di un gesto che ne esplica il mistero e allo stesso tempo lo contiene, lo preserva, lo isola dallo scorrere del tempo che vorrebbe divorarlo, cancellarlo e smaterializzarlo per sempre. Lelli e Masotti, al contrario, osservatori attenti e rapidi come falchi sulla preda, ascoltatori e spettatori all’avanguardia, prima, e fotografi, poi, artisti inafferrabili e veloci, sono stati bravi a giocare d’anticipo sulla scena: come a caccia, intenti a fermare l’essenza della performance, come in volo – che sia suspence, fremito, follia, rischio, caduta o schianto – in modo che resti viva e diventi eterna per non farsi mai dimenticare.
Un viaggio che si articola in tre parti, come le grandi opere che hanno fatto la storia. Musiche. Kontakthof-Kontrapunkt. Nucleus, in cui ci viene incontro un nome che fa ancora eco sul presente, Franco Battiato, con le fotografie più celebri dell’interprete, poeta e cantante, musicista raffinato che conosciamo tutti. Vedere questi scatti dal vivo, montati su uno schermo, godibili come una passeggiata in musica, tra frasi che segnano il passaggio da uno scatto all’altro, definendo la fotografia come in un rebus o un labirinto, è altra cosa. Si coglie l’artista, il personaggio dentro all’idolo; si comprende come siano inscindibili, tutt’uno, dentro allo spazio e al tempo che pure lo definiscono, in un momento che non tornerà più e di cui adesso gli spettatori siamo noi. Capire che l’essere a tu per tu con il grande autore di testi e canzoni, che hanno segnato più di una generazione, doveva essere davvero un’altra cosa, farsi impercettibili, silenziosi, scaltri per non guastare la presenza o l’eleganza di una posa in poltrona, come in disparte da resto del mondo, dimostra il talento del vero fotografo. Il maestro Battiato, col codino, di profilo, nascosto dietro agli occhiali Persol, con i sandali e le calze ai piedi: così lo ritrae Masotti, consegnandolo a noi quasi famigliare, eppure sempre mito. Bellissimi i testi che corredano gli scatti, sempre firmati Lelli e Masotti perché, come si legge sulla porta che introduce all’ingresso della mostra: “le foto sono testo, sono specchio, sono momento, sono tempo”.
Nucleus, esposizione in anteprima nazionale, è il titolo scelto da Roberto Masotti per i 16 scatti dedicati all’amico Battiato, laddove il nucleo è il cuore, l’essenza del ritratto e dei segni che la natura imprime in ognuno di noi sul volto, mai sulla maschera, dove la fotografia diventa un atto di fiducia, come la scrittura o l’ascolto di una canzone, l’esecuzione di un brano, il patto segreto, poi pubblico, di uno scambio reciproco, una confidenza dettata dall’essere artisti, prima che uomini. Masotti come un archeologo scava nei pensieri dei suoi soggetti, definendoli meticolosamente, stilizzandoli, senza mai confinarli dentro a un obiettivo che non fosse prima quello che potesse restituirne l’anima. E per questo chiunque vorrà, dopo di lui, occuparsi di fotografia e musica, non potrà più fare a meno di imbattersi in questo maestro della visione, che ci manca oltre misura.
Kontakthof-Kontrapunkt è la sezione centrale della mostra, una porta d’accesso sul mondo coreografico di Pina Bausch, la grande madre del teatrodanza europeo, fotografato in modo dirompente da Silvia Lelli, in una retrospettiva di 20 opere dedicate alla relazione uomo-donna, centrale nel lavoro della regista tedesca.
Il luogo dei contatti, uno degli aspettacoli più amati della Bausch, andò in scena per la prima volta nel 1978 per mettere a fuoco la diversità tra i generi attraverso uno scorrere di stereotipi opposti, ma che si completano a vicenda: uomini in giacca e cravatta da un lato, dall’altro donne in abito da sera. C’è la lotta, l’abbraccio, lo sfilare davanti alle sedie messe in fila di un sipario chiuso, in una passeggiata che conducono gambe all’avanguardia, le quali indossano scarpette rosse, che marciano e sanno di libertà e di resistenza, seduzione, fascino, teatro che sconfina in una gonna di un blu elettrico che si accende di magia. Sono i passi, i protagonisti indiscutibili di questo racconto, dove il femminile conquista, seduce, detta l’incedere del tempo che mette in riga uomini tutti uguali, perché la donna solo si evolve, sempre, in avanti, nella specie per ri-diventare femmina ogni volta che lo necessita, nel ballo, nella danza, nel teatro di Pina che la celebra nelle sue diversità: da anziana, di spalle, in bilico o diritta, svincolata dall’ieri, proiettata nel domani.
Musiche, infine, ultima sezione in cima a Palazzo Fruscione, forse la più importante con 109 scatti e un’installazione video che ferma il tempo e lo riporta all’origine del tutto: il sentimento, l’abbaglio, il gesto, il volto, che ci emoziona in una sintesi visiva che lascia spazio anche alle lacrime. Così lo descrive Carlo Serra, tra i più acuti e visionari organizzatori dell’esposizione, docente universitario in Estetica e Filosofia, esperto musicale tra i più fini: “È l’indice di un gesto poetico, che porta in sé il germe benefico dell’impossibilità: non segnare distanze, ma trovare la fenditura nella chiusura dello steccato, lasciar cantare bocche, strumenti, mani, piedi, coreografie, saldando le lacune che sembrano separare le musiche, che ruotano intorno alle immagini e ai personaggi che le fanno emergere. Il personaggio è lo strumento musicale, la voce che diventa musica, teatro e il continuo senso di attesa verso l’istante in cui il suono abbandona l’esecutore per tornare verso il pubblico”.
Finisce così questa storia, com’è iniziata, su un volto che non dimenticheremo più, quello di Bob Wilson in Doctor Faustus, potente ed evocativo manifesto di Sguardi, tra i sorrisi di Georges Prêtre e di Keith Jarrett, il volto giovane di Muti, l’eleganza di Pollini, le prove di Abbado sul palcoscenico della Scala, le fantasie di Piazzolla, l’abbandono di Maazel alla sua bacchetta, l’espressività di Bernstein, il volo di Pierino sulla coreografia di Roland Petit, la rapsodia di Dudamel, il plasticismo di Hoffmann sulla musica di John Cage, la scenografia di Frigerio del Falstaff di Verdi alla Scala e quella del don Giovanni di Strehler, sempre alla Scala; e ancora, la perfezione de La veglia degli angeli di Jean Grand-Maitre, il ritratto grottesco di Rostropovich con l’orchestra in primo piano, la posa memorabile di Lucinda Childs in Einstein on the beach di Philip Glass. Infine, loro. Lelli e Masotti, in una stampa in bianco e nero che guardano lontano, più di noi, al riparo di un ombrello, in uno di quei posti come questo, talmente pieni di luce e fantasia, che ci piove dentro.
La mostra continua:
Palazzo Fruscione
vicolo Adelberga, 19 – Salerno
fino a domenica 4 giugno 2023
Sguardi
Lelli e Masotti
Musiche. Kontakthof-Kontrapunkt. Nucleus
Racconti del Contemporaneo, VII edizione
Ascolti, Parole/Note/Suoni/Visioni
www.sguardilelliemasotti.com
www.tempimodernidee.com
venerdì, 5 maggio 2023
In copertina: La Locandina della mostra