A piedi nudi nel parco
di Simona Maria Frigerio
Decimo anniversario per il Festival diretto da Beppe Navello, tra dimore principesche che si trasformano in palcoscenici della creatività internazionale. E a questo punto vi attendete una recensione. Spiacenti. Ciò che seguirà non sarà propriamente una forbita critica né un articolo travel ovviamente cool (particolarmente adatto vista la canicola estiva), bensì un racconto in bilico tra viaggio dell’anima e piccola esperienza di vita che forse susciterà in alcuni il desiderio di recarsi in Piemonte per godere del fascino della storia (i castelli dove si svolgono gli spettacoli), unito alla magia del teatro, della danza e delle arti visive in generale.
Sabato mattina si parte armi e bagagli (e l’ossessione di aver dimenticato qualcosa) per Torino, quella grigia capitale sabauda, uno dei vertici del triangolo industriale ormai un po’ sghembo, che negli ultimi dieci anni si è rivestita a nuovo con la rivalutazione di interi quartieri e il moltiplicarsi di luoghi ed eventi culturali.
La giornata è afosa, il cielo velato e di fronte al Teatro Regio il pullman che ci deve condurre ad Agliè (dove si svolgerà lo spettacolo di Blanca Li) langue immobile come un gatto all’ombra delle piramidi (ovviamente in tema dato il legame stretto e onnipresente tra il capoluogo piemontese e i tesori del museo egizio). In meno di un’ora arriviamo al castello di Agliè, circondato da un parco lussureggiante persino nell’afa di luglio e – giusto per rispondere alla domanda di come ciò sia possibile – ecco che inizia a grandinare: palline da ping pong rimbalzano sulle aiuole.
Sul pullman ci si guarda dubbiosi: tentare stoicamente la discesa sfidando i colpi avversi o restare al riparo?
L’atroce dilemma è risolto brillantemente dall’autista che parcheggia vicino all’entrata e i prodi scendono di corsa e un po’ scomposti, felici di aver conquistato la prima meta: la visita guidata al castello. Agliè merita, non tanto per gli stucchi e i fronzoli Rococò, quanto per l’accurata ricostruzione delle stanze che ci mostrano la vita degli aristocratici tra il Settecento e l’Ottocento.
La tavola apparecchiata alla russa racconta il cambiamento dei costumi: se prima ai commensali si presentavano tutti i piatti contemporaneamente, con l’arrivo del XVIII° secolo si servono le portate una dopo l’altra e, di fronte allo sconcerto dell’ospite che teme un pasto ridotto alla zuppa, ecco comparire il menu accanto al piatto per rincuorarlo sul numero di pietanze che gli saranno servite.
Una successione di sale è occupata dall’altra attività (di grande impegno) prediletta dall’aristocrazia (non solamente sabauda): il gioco d’azzardo. I nobili non riuscivano a fare a meno delle carte, come dimostrano i tavolini sparsi nella ludoteca infinita dei ricchi. Ne sapevano qualcosa i direttori del Regio Ducale Teatro di Milano, prima, e della Scala, poi, che si disputavano gli appalti – non per amore del bel canto quanto degli introiti del gioco d’azzardo, che fioriva in ridotti e ridottini.
Spirito ludico (da smoccolo sulla platea) che i nobili trasferivano nelle loro dimore profuse di biliardi (stecca per gli uomini e boccette per le dame: curiosa scelta freudiana ante-litteram), scacchiere, cineserie e l’immancabile jouer du piano (con la concomitanza di significati: giocare oltre che suonare), e così via.
E se a teatro gli aristocratici gozzovigliavano nei palchetti gettando ossa di pollo sulla platea, ad Agliè i nobili sedevano in una biblioteca dove un lato della stessa (scostato dal muro) creava lo spazio per un corridoio lungo il quale poteva muoversi la servitù lontana dagli occhi e senza disturbare la lettura degli augusti padroni.
Ed è proprio a loro, a cuochi e camerieri, che è dedicata la parte più interessante della visita perché da poco più di un mese ad Agliè è stata completata l’opera di restauro delle cucine dove si scopre non solamente cosa mangiavano (e bevevano) i nobili dei piani superiori, ma soprattutto come trascorreva il tempo la servitù – tra camini fumosi, vasellame e pentole sempre meticolosamente inventariate.
Dopo la visita al castello, due passi per Agliè: i ristorantini sono invitanti e la carne da queste parti è ottima, vegetariani permettendo.
La pioggia però ha fatto danni e anche se da buoni commensali ci attardiamo volentieri con il roast-beef, siamo un po’ in fibrillazione: si terrà comunque lo spettacolo previsto nel parco (quello lussureggiante di cui sopra)?
La felice sorpresa è scoprire che, nonostante il palcoscenico sia impraticabile, i proiettori in corto circuito e il video Jardin des délices (ispirato al trittico di Bosch e che dovrebbe servire da scenografia e contrappunto alla danza, firmato da Eve Ramboz) non potrà essere proiettato, Blanca Li e la sua compagnia accettano di danzare sull’erba fradicia, alla luce di qualche semplice faro (dimostrando coraggio da purosangue e un’allegria spregiudicata da saltimbanchi dell’arte con la A maiuscola).
Il risultato è emozionante: il cielo si è schiarito, nemmeno una nuvola all’orizzonte trapuntato di stelle. Alle spalle del palco inagibile, il castello di Agliè è imponente: i suoi chiaro-scuri e la sua presenza sostituiscono degnamente le immagini del film di animazione della Ramboz, e sottolineano con la loro semi-eternità, la caducità degli esseri umani e dei loro vizi. Mentre sull’erba, le coreografie di Blanca Li suddivise in quadri, trasformano i danzatori nelle figure minute e infinite, insieme mostruose e intriganti, del trittico di Hieronymus Bosch. Quadri questi, intercalati da altri dove la danza si trasforma in parodia della nostra società contemporanea perché il vizio, diverso nella forma, è sempre identico a se stesso nel contenuto.
E allora la coreografa – che molti imparentano con Pedro Almodóvar – ecco che dimostra un’ironia dissacrante di fronte al malcostume comune che non è nemmeno più mezzo gaudio. La mania del gioco, del cellulare, dell’abbronzatura, dell’apparire della nostra epoca votata all’edonismo fine a se stesso trova splendida espressione nella parodia del mondo della moda che si autocelebra nelle sfilate, dove l’insulsaggine della corsa spasmodica per essere originali e fashion si corona delle scarpe targate Alexander McQueen (che provocano lo sciopero delle modelle) e termina propriamente con un fiore nel culo (come in una figura di Bosch). Coinvolgente il finale: la danza con la morte è un ballo al quale ognuno di noi prende parte, consapevolmente o meno, dal giorno in cui emette il primo respiro.
Dissacrante e divertente, a tratti imprevedibile, spesso emozionante: l’uomo e la donna non sono molto cambiati dai tempi di Bosch, al più hanno sostituito il pettegolezzo vis-à-vis con il mobile e la nudità impudica e gioiosa con l’osceno vestito nuovo dell’imperatore.
Ciliegina sulla torta, condita non con aceto balsamico ma con attenzione per l’ambiente: le borse, con il materiale per la stampa, ecocompatibili. Prodotte con bottiglie di pet recuperate da aziende che si ispirano alla filosofia del chilometro zero sono l’esempio positivo di un progetto sviluppato nel territorio di Cuneo che conferma il felice sodalizio tra scelte responsabili e creatività.
Lo spettacolo si è tenuto nell’ambito di Teatro a Corte:
Castello di Agliè
Agliè (TO)
Le Jardin des Délices
pièce per 9 ballerini e un pianista
regia e coregrafia Blanca Li
danzatori Anthony Cazaux, Jean-Gérald Dorseuil, Géraldine Fournier, Yan Giraldou, Glyslein Lefever, Blanca Li, Rafa Linares, Margalida Riera e Yohann Tete
pianista Yohann Tete
video a cura di Eve Ramboz
musica Tao Gutiérrez
scenografia Pierre Attrait
disegno luci Jacques Châtelet
video Charles Carcopino
sculture corporee Tilmann Grawe
costumi Laurent Mercier e Françoise Yapo
parrucche Jean-Jacques Puchu
produzione Compagnie Blanca Li
in coproduzionen con Festival Montpellier Danse 09, Le Théâtre- Scène nationale de Narbonne, Altstadtherbst Kulturfestival (Düsseldorf), DRAC Ile-de-France, CCN de Créteil et du Val-de-Marne (Accueil Studio), Le Studio de la Maison des Arts de Créteil / Film prodotto da La Maison con il patrocinio di Ambasciata di Spagna
venerdì, 28 aprile 2023 (la recensione riguarda lo spettacolo andato in scena il 17 luglio 2010, in originale in Anche i critici nel loro piccolo…)
In copertina: Particolare della Locandina di Le Jardin des Délices (da www.blancali.com)