Uomini che odiano le donne e Donne che amano troppo Versione 2.0
di Simona Maria Frigerio
Esce per Porto Seguro Editore il libro di Fabio Norcia e Cristina Calzecchi Onesti intitolato Fantasmi. Ma partiamo dal sottotitolo: Ma chi l’ha detto che devi baciare un rospo per trovare un principe?
Facciamo una piccola digressione. Nel 1970 la psicoterapeuta statunitense Robin Norwood pubblicava Donne che amano troppo. Nel 1985, sulla scia del successo che quel piccolo volume stava riscuotendo anche tra i non addetti ai lavori (era infatti pensato per essere divulgativo e non un manuale), Feltrinelli mandava alle stampe l’edizione in italiano con la presentazione di Dacia Maraini.
Rovesciando in certo modo la narrazione corrente che vuole la donna costituzionalmente materna o predisposta alla cuffietta da infermiera, in stile Florence Nightingale, e il maschio oppresso proprio da questa propensione femminile a ‘salvarlo’ o ‘curarlo’ dai suoi ‘mali’ o ‘difetti’, Norwood poneva l’accento sulle dinamiche familiari dell’infanzia della donna e sulla possibilità della stessa di risolversi in modo tale da non accontentarsi più (e addirittura non cercare più) rapporti non soddisfacenti e/o disfunzionali, bensì alla pari e gratificanti. In questo modo i paradigmi erano capovolti e la responsabilità, in un certo senso, per l’irresponsabilità maschile era da attribuirsi a quelle donne (mogli, compagne o madri) che permettevano al maschio di trastullarsi impunemente – il che, tradotto, significava: scaricare ogni peso e dovere sull’altro da sé, meglio se femmina.
Il ragionamento della psicoterapeuta era quanto mai preciso e lineare e, per esperienza diretta di molte donne, anche fin troppo calzante (non a caso i milioni di copie del libro vendute). Una bambina non amata e non stimata crescerà con un senso di inadeguatezza e la convinzione di non meritare di essere amata, portandosi dietro il timore dell’abbandono e della solitudine – esperita non come scelta o conquista o segno di indipendenza bensì come mancanza. Se la bambina, crescendo, non riuscirà ad avere stima di sé sarà, come donna, maggiormente incline a costruirsi rapporti con uomini/partner (ma potrebbero essere anche donne/partner) che, se da un lato, saranno sfuggenti e le confermeranno inconsciamente ciò che pensa di sé, ossia di non essere meritevole di quell’amore che agogna; dall’altro, avendo una serie di ‘mancanze’, potrebbero necessitare del suo aiuto, della sua presenza, dandole la sensazione di essere indispensabile al benessere del partner e, quindi, confortandola nell’illusione che – per questo bisogno – non sarà mai abbandonata.
Da questa disposizione a farsi carico di compiti e responsabilità non proprie, a trasformarsi in infermierina e missionaria, ad auto-compiacersi nel ruolo della ‘bambina saggia’ che, se non è stata amata dal papà sarà due volte mamma per il proprio (o la propria) partner, il passo era ed è breve. All’orizzonte, il miraggio che, grazie a tale abnegazione e presenza, il maschio alla fine si ravvederà come Paolo sulla ‘via di Damasco’, scenderà da cavallo (senza svenire), e da ‘bestia’ – grazie a Bella – si trasformerà in un principe azzurro che amerà per sempre la sua Cenerentola.
In breve, quel libro insegnò a un’intera generazione di donne che occorre innanzi tutto volersi bene e rispettarsi e che è meglio iniziare un rapporto dopo aver raggiunto tali conquiste così da incontrare la persona giusta e abbandonare quella sbagliata prima di aver buttato via anni o essersi fatta male o, peggio ancora, aver avuto figli (con un Peter Pan troppo cresciuto), ai quali si trasmetteranno le proprie inadeguatezze e paure.
Tutto risolto? Visti i dati sul numero di donne tuttora maltrattate in famiglia (senza contare quelle uccise dai propri partner), parrebbe di no. Anzi. A ben guardare, i modelli anche televisivi o politici propongono donne nate vincenti o che assumono i modelli maschili senza distinguo di genere pur di arrivare al potere. La svendita di sé – l’intelligenza, l’utero, la vulva o il proprio tempo – sembra ormai un dato acquisito e coloro che soccombono in questa corsa frenetica al successo mercificato sono delle perdenti senza speranza. Come potrà mai una donna che non sia una wonder woman competere con tali modelli? Come potrà sviluppare, oltre all’auto-stima in famiglia, quel senso del sé laddove il pensiero femminista si è indebolito al punto da aver derogato alla differenza di genere per una Pangea fluida e indeterminata? Come farà la donna a centrarsi e a pretendere quello spazio, intorno a sé, che le permetta di capire e comprendere se stessa prima di dare la propria disponibilità ad aprire un dialogo coerente e fruttuoso con un o una partner?
Il libro di Fabio Norcia e Cristina Calzecchi Onesti
Non è una caso, quindi, che nel 2022 sia uscito Fantasmi. Ma chi l’ha detto che devi baciare un rospo per trovare un principe? per tornare a ragionare su questi temi senza il vittimismo tipico di alcune tra noi donne, ma nemmeno con il piglio che ci faceva scendere in piazza a gridare: «La vagina è mia e me la gestisco io». In realtà, il medico e neurofilosofo Norcia si concentra soprattutto sugli uomini e sui disturbi di personalità maschili che innescherebbero comportamenti principalmente irresponsabili ai quali le donne non sanno come reagire.
A pagina 11 della Prefazione, scritta dallo stesso Norcia, si ritrovano gli argomenti di Norwood: “Se il bambino non riceverà dagli adulti dimostrazione tangibile di stima e di fiducia, rafforzerà… l’idea di non piacere e continuerà per tutta la vita ad avere paura dell’abbandono e delle sue terribili conseguenze” e però qui si affronta anche l’insicurezza maschile – cosa rara, dopo alcuni anni in cui ci si è posta la domanda (spesso oziosa) su come sarebbe stato il maschio del XXI° secolo di fronte a una presunta nuova forza o protervia femminile. E si riafferma la differenza di genere, in tempi in cui è ormai un diktat il gender fluid. Interessante, a questo proposito, l’analisi della differenza nel comportamento di maschi e femmine di fronte a situazioni di stress. Sebbene né i maschi né le femmine siano monoliti e, quindi, le loro reazioni possano differire dallo ‘standard’, a pagina 17 si rilevano quelle differenze genetiche e ormonali che portano gli uomini ad adottare una reazione di ‘combattimento o di fuga’ mentre le donne sono più propense al ‘prenderti cura e sii amichevole’. Ovviamente anche l’educazione ha la sua parte in questa differenziazione nella risposta in quanto “i maschi già da piccoli sono generalmente condizionati a dare prova di coraggio, di forza e di virilità” (Boys don’t cry non è solamente il brano dei Cure o il titolo di un bel film di Kimberly Peirce). Nelle conclusioni Norcia avverte le donne di smetterla di accusarsi di ingenuità o, peggio, di stupidità e di non tentare di cambiare i propri atteggiamenti imitando gli uomini. Come dargli torto quando scrive: “Già ci sono le prime avvisaglie negative, come le donne che imitano la sessualità aggressiva degli uomini o quelle che competono senza etica per arrivare a posizioni manageriali”.
Il libro prosegue con una Premessa in cui Cristina Calzecchi Onesti racconta di come abbia conosciuto Fabio Norcia, medico (pediatra) e neurofilosofo, e qui si comprende che il libro, scritto a 2+2 mani, a differenza di quello di Norwood, è l’espressione di un’analisi al maschile di un racconto al femminile.
Calzecchi Onesti rammenta qualcosa che avevamo già notato noi, ossia che la “narrazione più accreditata è che l’uomo di oggi sia spaventato dalla evoluzione della donna, forte, autonoma e indipendente”, ma anche che si tenda a confondere “il diritto alle pari opportunità con l’omogeneizzazione”.
La risposta? Sfogliamo alcuni dei casi affrontati – non tutti e non esaustivamente, altrimenti non avrebbe senso, per voi, leggere il libro, la cui peculiarità è di offrire i racconti delle donne in stile ‘narrativo’, ovvero rielaborati in maniera letterariamente coinvolgente da Calzecchi Onesti, corredati da un’analisi psicologica e filosofica di Norcia. Il risultato è più ‘appassionante’ a livello letterario, ma forse un po’ meno convincente a livello scientifico (sebbene gli ultimi anni di Covid ci abbiano allontanati invece che avvicinati alla scienza che, sempre più, sembra imposizione dall’alto di scelte economiche e non indagine sul campo, sempre pronta al dialogo, alla confutazione, alla verifica e all’ammissione della limitatezza propria delle scienze umane ma anche di quelle naturali).
Sfogliamo il volume
Iniziamo dal terzo racconto drammatizzato, Il Passerotto. La prima annotazione è che lo stesso è un po’ troppo drammatizzato: si sente il sapore rancido del retorico Non ti muovere di Margaret Mazzantini o del solido giallo di Jussi Adler-Olsen, Battuta di caccia. L’analisi, poi, è quella di un maschio. Si sovrastima l’impatto di una interruzione volontaria di gravidanza sulla donna (anche se non bisogna dimenticare che, psicologicamente e fisicamente, è diametralmente opposto affrontare il medesimo intervento in una società che lo ritiene legale e che lo legittima e in una che lo vieta o lo permette attraverso escamotage più o meno condivisi. Meglio, in ogni caso, se si attua in una specie di ‘congrega’ di ‘streghe’/femministe che non presso una mammana, magari zingara – politically correct: Rhom). Sul fatto che il maschio, rifiutando di essere padre, si sottragga alle sue responsabilità, al contrario, non si può che condividere l’analisi di Norcia ma ricordandosi che il maschio, se non interpellato sull’idea di essere padre, anticipatamente, può aiutare fornendo un supporto economico all’Ivg o al mantenimento del bambino (se la donna decide di portare avanti la gravidanza) ma non può essere costretto (come la donna, che infatti può interrompere la gravidanza) a diventare o a sentirsi padre.
Più comune, anche senza scomodare figure politiche o manageriali, La gazza ladra. ‘L’altra’, si potrebbe sintetizzare. La storia, la conosciamo tutte. Il punto non è perché lui ha avuto una relazione breve con un matrimonio e altre liaison da risolvere, ma perché lei – che non è più una adolescente sui banchi di scuola – continui ad attendere un sms o una chiamata. Questo è il racconto fulcro, quello dedicato al cosiddetto ‘fantasma’ del titolo. Ancora una volta l’analisi si concentra, però, sul maschio che, ancora una volta, arretrerebbe di fronte alle responsabilità, in questo caso a causa di un disturbo istrionico di personalità. Sarebbe interessante capire cosa ne pensi il maschio di una donna che, dopo una breve relazione e qualche fugace incontro tra adulti e consapevoli (lo sono mai le donne?, verrebbe da chiedersi), continua a sperare: in cosa? La casetta del Mulino Bianco? Più interessante ritrovare la patologia tutta al femminile già descritta da Norwood nelle parole stesse della donna: “Mi ero sentita rifiutata dal primo uomo che una bambina incontra nella vita. Mio padre. E, con una perfetta coazione a ripetere, continuavo a ricreare quella situazione originaria”.
Proseguiamo ma succintamente. L’amore universale sembra la trascrizione del cliché à la Picasso. Passiamo oltre. Il rospo del sottotitolo si incontra in Abusivismo. Non sveliamo la ‘trama’, ma che le chat e i vari siti di incontri non accolgano tra le loro fila tutti principi azzurri e damine da carillon dovrebbe essere risaputo. Sorvoliamo su Mal d’Africa perché, non appartenendo a quella cultura, fatico a comprenderla e non mi permetterei mai di giudicarla. In L’orco ritroviamo il ‘cattivo’ da rotocalchi, come Marco Mariolini, o la figura mitica del manipolatore (il gaslighting è già stato abbondantemente studiato). Infine il Cybersex può essere eccitante se condiviso, vedasi In the cut di Jane Campion.
Le conclusioni. Dopo due prefazioni interessanti e una parte centrale che lascia alquanto perplessi, l’ultima parola – sia di Calzecchi Onesti sia di Fabio Norcia – suona molto personale. Alla prima, che si chiede se ci si deve schierare “dalla parte della ragione, che non permetterebbe mai di vivere la vita, ma solo di attraversarla, oppure da quella del sentimento, che spariglia le carte”, si può consigliare una buona lettura come Ragione e sentimento di Jane Austen o L’arte di amare di Erich Fromm. Più condivisibile l’affermazione che è la donna che dovrebbe riconoscere i “messaggi distorti o fallaci”. Se e quando non lo fa, è perché non ha gli strumenti psicologici per farlo oppure è la società nella quale vive a impedirglielo. Certamente pensare che l’amour se non è fou non è, è rétro quanto il romanticismo da Sturm und Drang.
Molto più interessante la chiusa di Norcia che afferma come il libro sia “un excursus variegato su comportamenti comuni alla maggior parte degli uomini” e che “le donne devono imparare a conoscere tali meccanismi psichici per evitare il rischio che di fronte alle difficoltà di un rapporto affettivo finiscano per credere di essere loro la causa”. Interessante e utile. Peccato che proprio la drammatizzazione e la scelta di queste storie risenta pesantemente della retorica del cliché.
Condivisibili le ultime righe, che avrebbero potuto essere più incisive se inserite in un libro più logico-analitico, invece di inframmezzare il feuilleton con l’analisi psicologica e filosofica: ossia, che è tempo per tutte e tutti di trasformarci da homo sapiens in homo ethicus.
Fantasmi
Ma chi l’ha detto che devi baciare un rospo per trovare un principe?
di Fabio Norcia e Cristina Calzecchi Onesti
copertina Lucrezia Neri
copertina flessibile
138 pagine
Euro 14,00
© 2022, Porto Seguro Editore
venerdì, 21 aprile 2023
In copertina: Fronte e retro dalla copertina