Il mandato d’arresto contro Putin fermerà l’avanzata del mondo multipolare?
di Simona Maria Frigerio
Da ormai molti anni l’amministrazione della legge, in vari Paesi latinoamericani (e non solo), si è trasformata in un’arma per ‘impallinare’ presidenti scomodi per Washington o per l’establishment finanziario occidentale. Le corti di giustizia internazionali, poi, fin dal processo di Norimberga, esprimono solo la visione del vincitore in un preciso contesto storico. Allora, non a caso, si condannarono alcuni criminali nazisti, ma non si portarono certamente al banco degli imputati gli Stati Uniti (1) per i crimini contro l’umanità commessi in Giappone durante la Seconda guerra mondiale – non solamente per le due atomiche, ma anche per le bombe incendiarie che avevano già messo in ginocchio il Paese del Sol Levante.
Fatte tali premesse non si può nemmeno liquidare il mandato di arresto emesso contro un Presidente in carica, ossia Vladimir Putin, ricordando che, come ha dichiarato la portavoce del Ministero degli Esteri russo, Maria Zacharova: “Le decisioni della Corte Penale Internazionale non hanno alcun significato per la Russia, anche dal punto di vista legale. La Russia non è parte dello Statuto di Roma della CPI, quindi non ha obblighi di alcun genere e, inoltre, con tale organo Mosca non collabora” (2).
Non sarebbe neppure corretto liquidare un mandato d’arresto asserendo (sebbene sia storicamente esatto) che Madeleine Albright, ad esempio, ex Segretario di Stato per l’Amministrazione democratica del ‘pacioccone’ Bill Clinton – nonostante abbia affermato a 60 minutes: «Credo che sia stata una scelta molto difficile, ma quanto al prezzo, pensiamo che ne valesse la pena», intendendo “che gli obiettivi politici degli Stati Uniti valevano il sacrificio di mezzo milione di bambini iracheni”, uccisi dalle sanzioni (3) – non è mai stata condannata da alcun tribunale penale né in patria né a livello internazionale.
Qui i problemi sono di natura etica, politica e storica. Se la questione storica possiamo dire che l’abbiamo liquidata, affrontiamo gli altri due punti.
Partiamo dal punto di vista etico e seguiamo i soldi, come farebbero un qualsiasi detective. La Corte Penale Internazionale non ha la propria base giuridica nella Carta delle Nazioni Unite (a differenza della Corte Internazionale di Giustizia, anch’essa con sede a L’Aja) ma nel cosiddetto Statuto di Roma. Si occupa dei “crimini internazionali commessi dagli individui e non dagli Stati”, relativamente a “genocidi, crimini contro l’umanità, crimini di guerra e aggressioni” e vi aderiscono 123 Paesi ma non la Russia, gli Stati Uniti, la Cina, la stessa Ucraina e persino Israele – che non ha mai ratificato l’adesione. Fortemente voluta dalla Coalition for an International Criminal Court, ossia da un gruppo di Organizzazioni Non Governative di stampo occidentale, dovrebbe essere genericamente finanziata dagli Stati che vi aderiscono oltre a “enti, aziende, governi, singoli e organizzazioni”. Nel sito della stessa ci è stato impossibile reperire dati più chiari riguardo al suo finanziamento ma Just Security, il 27 maggio 2022 (4) pubblicava un articolo in cui spiegava come la Corte fosse a corto di fondi e che gli States (che non vi aderiscono) stessero pensando a come finanziarla seppure con il preciso fine di investigare sui crimini commessi in Ucraina (dalla Russia?). Riportiamo la traduzione precisa del paragrafo che fotografava la situazione: “Il 7 marzo, il Procuratore ha emesso una call (in una Nota Verbale) chiedendo l’aiuto degli Stati a livello finanziario. Se gli Stati Uniti fornissero i fondi necessari, si aggiungerebbero ad almeno altri venti Paesi, inclusa la Nato e altri alleati, che hanno già risposto alla ‘chiamata’. Ma gli Us apparentemente non saranno in grado di unirsi al gruppo se il Congresso o i suoi rami esecutivi provano a destinare i fondi specificamente per le indagini in Ucraina”. Le domande corrette sarebbero: perché uno Stato che non riconosce un’organizzazione né vi aderisce dovrebbe finanziarla (e a propri scopi)? E perché quest’ultima dovrebbe accettare fondi da chi pretende diritti ma non si assoggetta a doveri? Basti citare il caso di Daniel Hale, che ha denunciato le eliminazioni ‘mirate’ volute dall’amministrazione Obama (5) ma non ci risultano mandati di cattura contro l’ex Presidente democratico.
A livello politico, invece, o squisitamente diplomatico, ci chiediamo con chi potrebbe mai negoziare la pace in Donbass, l’Europa, se il Presidente di uno tra gli Stati contendenti potrebbe essere arrestato mettendo piede, ad esempio, in Germania? Oppure la verità scorre in maniera più sotterranea e il regime change invocato dall’Europa passerebbe attraverso la vittoria ucraina e una rivoluzione ‘colorata’ in Russia che porti al potere un fantoccio dell’occidente con il quale si potrebbe finalmente fingere di negoziare?
A parte ciò, come si possono pretendere l’immunità e l’insindacabilità parlamentari, tese a difendere il cittadino eletto da coercizioni e pressioni interne o esterne, e poi consentire che un Tribunale emetta direttamente un mandato d’arresto senza aver proceduto a una seria indagine preliminare, aver raccolto prove, testimonianze (super partes), e senza passare nemmeno dal via, ossia dalla famosa autorizzazione parlamentare garantita anche ai nostri eletti?
E infine facciamo chiarezza partendo da quel titolo tipico di una certa stampa che ha bisogno di vendere qualche copia in più: Ladro di bambini con la foto del Presidente Putin – che, per inciso, ha pubblicato Il Manifesto. La narrazione occidentale fatica a rammentare – ma i colleghi e ‘compagni’ del Manifesto non dovrebbero – che l’Ucraina ha ucciso uomini, donne e bambini, impunemente, per otto anni in Donbass. Ricordiamo solo uno tra i titoli del medesimo quotidiano: Spari dei soldati di Kiev sulla scuola, 10 morti (6) del 2 ottobre 2014 firmato da Fabrizio Poggi. Nello stesso si legge questo passaggio, che forse i ‘compagni’ del Manifesto farebbero meglio a cancellare dalla memoria della rete: “Rappresaglie contro i civili non sono purtroppo rare tra le truppe e i battaglioni volontari ucraini: lo testimonia il ritrovamento di oltre 400 corpi – donne e ragazzi, le mani legate dietro la schiena e colpi al cranio – in numerose fosse comuni in zone attorno a Donetsk prima controllate da reparti neonazisti. Ieri un combattente del battaglione «Dnepr» fatto prigioniero, prima di essere estradato da Rostov a Mosca per essere sottoposto a esame psichiatrico, ha ammesso di aver partecipato al massacro di donne e bambini nell’area di Lugansk e di essere per questo stato ricompensato dall’oligarca Igor Kolomojskij, che finanzia diversi battaglioni volontari”.
Ma non basta. I ‘compagni’ del Manifesto forse dovrebbero cancellare anche questo articolo dalla rete per reggere la narrazione corrente e sostenere l’arresto del Presidente Putin: Ucraina: i bambini soldato dei neonazi di Azov, targato 22 luglio 2017 e firmato da Yurii Colombo, nel quale leggiamo: “«Siamo giovani aquile! Ragazzi e ragazze! Noi siamo giovani falchi! Nazionalisti! Un-due!». È quanto gridano dei bambini mentre marciano in un campo di addestramento militare vicino a Kiev, dove si insegna a centinaia di minorenni a diventare futuri combattenti ucraini. Sono i primi fotogrammi del documentario shock tramesso 5 giorni fa dal canale americano Nbc, su queste «colonie» create appositamente dal «Battaglione Azov», per fornire i primi rudimenti all’uso delle armi a ucraini tra i 9 e i 17 anni”.
Per otto anni Kiev ha portato avanti quella che si può definire una pulizia etnica contro la propria popolazione russofila, al fine di recuperare un’area ricca di materie prime e aziende produttive, in un Paese che da terza economia dell’Urss, nel giro di vent’anni, si era ritrovato sull’orlo del default [a proposito, nel 2015 George Soros si era curiosamente schierato a favore di una specie di ‘piano Marshall’ europeo “di circa 50 miliardi di dollari per l’Ucraina – un appello che, in Occidente”, sappiamo cadde nel vuoto (8)]. L’Ucraina ha perseguito tale politica bombardando la popolazione civile del Donbass, vessandola (ad esempio, non versando le pensioni), impedendole l’uso della lingua russa, perseguitando la Chiesa ortodossa, eccetera, mentre la Corte Penale Internazionale era probabilmente impegnata altrove. Ora, come scrive Marinella Mondaini su L’Antidiplomatico: “Dati alla mano, dall’inizio dell’Operazione Speciale russa in Ucraina al 27 febbraio di quest’anno, le persone evacuate in Russia sono 4 milioni e mezzo, tra cui 690.000 bambini. La grande maggioranza di loro è arrivata nella Federazione Russa accompagnata dai propri genitori o da tutori o fiduciari”.
Ma la situazione potrebbe persino peggiorare. Facciamo un piccolo inciso con le dichiarazioni del Viceministro della Difesa britannica, Annabel Goldie, la quale ha affermato che il suo Paese invierà munizioni anticarro perforanti all’uranio impoverito a Kiev. Ora, mentre il leader della Nato, Jens Stoltenberg, continua a ripetere il mantra che la Repubblica Popolare Cinese non deve dare alcun sostegno militare a Mosca, dato che ciò “equivarrebbe a una violazione della Carta delle Nazioni Unite, del diritto internazionale”, l’invio di armi all’uranio impoverito [o di mine antiuomo, con le quali hanno dovuto convivere i bambini del Donbass negli ultimi nove anni (9)] sarebbe, al contrario, legittimo? Come conciliamo l’inquinamento delle falde e dei terreni che lascerà dietro di sé l’uranio impoverito (e che ucciderà per anni uomini, donne e bambini nelle zone del conflitto, oltre ai militari ivi impegnati) con la vocazione green di questa Europa sempre più schizofrenica (10)?
Ma torniamo a Putin. Accusare lui e il Commissario per i diritti dei bambini presso il presidente della Federazione Russa, Maria Lvova-Belova, della “deportazione illegale e del trasferimento della popolazione, in particolare dei bambini, dai territori occupati dell’Ucraina alla Federazione Russa” – quando siamo, in realtà, di fronte all’evacuazione di civili da aree pericolose verso luoghi sicuri, dove sono stati accolti, sfamati, protetti, accuditi e curati anche migliaia di bambini – significa non possedere oltre il senso della realtà.
O forse ostinarsi a perseguirne un’altra, parallela e distopica, dato che le ‘manette’ scattano proprio quando Putin riceve Xi Jinping a Mosca, per una visita di due giorni. L’Occidente e il mondo unipolare scricchiolano ma non si arrendono. Il loro volto è più soave che mai: sono i difensori della democrazia, dell’aggredito, della verità e della giustizia ma, come scriveva Shakespeare, “Tis time to fear when tyrants seem to kiss” (11).
(1) Sulla realtà storica dei crimini contro l’umanità commessi dagli Us in Giappone: https://serenoregis.org/2013/10/10/u-s-a-e-giappone-soci-nella-falsificazione-storica-oliver-stone-e-peter-kuznick/
(2) L’articolo di Marinella Mondaini su L’Antidiplomatico: https://lantidiplomatico.it/dettnews-ordine_di_arresto_contro_putin_ecco_da_dove_vengono_le_prove_della_cpi/40832_49086/
(3) Per approfondire: http://www.vita.it/it/article/2001/12/05/le-sanzioni-alliraq-e-i-peccati-di-omissione-dei-media-americani/7376/
(4) Sui fondi della CPI: https://www.justsecurity.org/81676/how-best-to-fund-the-international-criminal-court/
(5) Gli omicidi mirati dell’amministrazione Obama: https://www.lantidiplomatico.it/dettnews-i_drone_papers_e_la_burocrazia_della_morte_sotto_obama_il_caso_daniel_hale/5871_48662/
(6) L’articolo completo de Il Manifesto: https://ilmanifesto.it/spari-dei-soldati-di-kiev-sulla-scuola-10-morti
(7) L’articolo completo de Il Manifesto: https://ilmanifesto.it/ucraina-i-bambini-soldato-dei-neonazi-di-azov
(8) Alcune informazioni sulla situazione economica ucraina negli ultimi anni: https://lavoce.info/archives/33089/laltra-faccia-crisi-ucraina/
(9) La denuncia dell’Unicef: https://www.unicef.org/press-releases/430000-children-continue-bear-brunt-eastern-ukraine-conflict
(10) Per chi non sapesse o non ricordasse cosa siano i proiettili a uranio impoverito:
(11) Da William Shakespeare, Pericles: “È il momento di temere quando i tiranni pare che bacino” (t.d.g.)
venerdì, 24 marzo 2023
In copertina: Foto di Adam Bortnowski da Pixabay (gratuita da usare sotto la licenza Pixabay)