Paesaggi-corpi
di Simona Maria Frigerio e Luciano Uggè
Per una volta il titolo di una mostra corrisponde esattamente al suo contenuto, evitando l’accumulo di opere di altri artisti – coevi, precursori o esegeti – e di schizzi, su quaderni e tovaglioli, per riempire i buchi alle pareti. Palazzo Reale sceglie di concentrarsi su Paul Cézanne e il suo rapporto col plain air attraverso una quarantina di opere, esposte in un allestimento oltremodo suggestivo.
Cézanne. Les atéliers du Midi si dedica al rapporto del Maestro con Aix-en-Provence, sua terra natale – chiarito fin sa subito dalle indicazioni geografiche nella prima sala – sia a livello di resa della natura sia dei suoi abitanti, grazie a un ristretto numero di ritratti.
Tralasciando le prime opere à la manière de… – improponibili Les Quatre saisons – e concentrandosi solo sul tratto veloce ma già corposo di Tête de femme d’après Rubens (1869-1873) e sulla resa plastica e la pennellata materica che rende l’uomo e la roccia quasi un continuum in Le Baigneur au rocher (1860-1866), ci si immerge quasi subito nella vita e nel lavoro del Maestro di Aix grazie a un allestimento intelligente che calibra bene un numero di informazioni puntuali, ma non pedanti, con la resa del Midi – attraverso una serie di proiezioni che calano lo spettatore in boschi, giardini e perfino nell’atélier del Maestro.
Via via che si prosegue il percorso si notano temi e trattazioni propri dell’autore e quel continuo rimando al passato in cerca di una nuova, personale e moderna forma di classicità. Se la Venere di Urbino di Tiziano può avere ispirato l’impudica, splendida Olympia di Manet, il Paesaggio con donne bagnanti (1621) del Guercino è ravvisabile forse in Baigneuses devant la montagne Siante-Victoire (1870 circa) non tanto per il tema più volte ripreso nella storia dell’arte, quanto proprio per la costruzione della scena: dall’angolatura dell’illuminazione al cono capovolto, utilizzato per la prospettiva centrale, fino al trittico delle figure sulla sinistra, mentre i cani del Guercino sembrano sostituiti dalla bagnante sdraiata sulla destra. O, ancora, ecco comparire le meditazioni di Cézanne sulla massa e sulla trattazione dello spazio grazie alle sue nature morte: da Sucrier, poires et tasse bleue (1865-1866), dove la consistenza materica restituisce un effetto smaltato che esalta la sfericità degli oggetti riprodotti – e, quindi, la forma a monte del soggetto – a La Table de cuisine – Nature morte au panier (1888-1890), dove si moltiplicano gli angoli prospettici e l’instabilità delle superfici si fa evidente, mentre i colori – più sobri – si appiattiscono in una pennellata tesa nella ricerca di una perfezione armonica che è restituita solo dalla composizione, oseremmo dire classica.
E infine ecco il Ritratto di Henry Gasquet (1896), perfetto esempio, con quella sua ombreggiatura azzurrata, di vicinanza del Maestro alle necessità espressioniste di trattazione del soggetto – non più visto come qualcosa al di fuori di sé ma come espressione di intima necessità da parte dell’artista; e Il giardiniere Vallier (1906 circa), nel quale la trattazione materica si stempera e il colore assume un fluire spontaneo che fa intravedere quelli che sarebbero potuti essere gli sviluppi della pittura di Cézanne (se lo stesso non fosse morto improvvisamente) – mentre l’unità cromatica tra sfondo e personaggio restituisce l’unità emozionale di ogni dettaglio e la resa senza soluzione di continuità tra ambiente ed essere umano.
La sezione che convince meno è invece il filmato, l’uso e l’abuso della camera a mano -mutuato da Lars Von Trier – può non essere sempre la scelta migliore, mentre una steadycam eviterebbe spiacevoli effetti mal di mare sugli spettatori. Per quanto riguarda poi il contenuto, anche questo lascia perplessi: mentre i critici si dilungano a parlare della luce in Cézanne, paragonando le opere del Maestro al panorama da loro mostrato – in una giornata che più fosca non si potrebbe – dimenticano forse che, se gli Impressionisti intendevano fissare su tela proprio le continue, sfuggenti mutazioni di luce sul mare o su di una foglia bagnata, il Maestro di Aix – in antitesi – intendeva ricostruire la geometria intrinseca alla natura, rendere la sua stabilità all’interno di un universo instabile; mentre da punti di vista e angolature sempre diversi tornava più volte sulla medesima ʻinquadratura’ per rappresentare, appunto, una ʻscena’ paesaggistica – si vedano, a proposito, Le Viaduc à l’Estaque (1879-1882), Grand pin et terres rouges (1885) o, ancora, La citerne dans le parc du Château Noir (1900 circa), tutte in esposizione. Molto più godibile sarebbe stato un video che raccontasse opere e percorsi della mostra, magari con l’ironia di un Philippe Daverio o di un Flavio Caroli, due tra i tanti storici dell’arte e divulgatori che l’Italia vanta.
La mostra si è tenuta:
Palazzo Reale
piazza Duomo, 12 – Milano
Cézanne. Les atéliers du Midi
a cura di Rudy Chiappini
con la collaborazione di Denis Coutagne
allestimento Corrado Anselmi
Catalogo della mostra:
Cézanne. Les atéliers du Midi
saggio introduttivo Rudy Chiappini
testi Denis Coutagne, Valerio Adami, Michel Fraisset e Pavel Machotka
180 pagine
Euro 49,00
2011, Skira Editore SpA
venerdì, 17 marzo 2023 (la recensione riguarda la mostra tenutasi dal 20 ottobre 2011 al 26 febbraio 2012, in originale in Anche i critici nel loro piccolo…)
In copertina: Il tavolo di cucina – Natura morta con cesta, (1888-1890), olio su tela; 65×80 cm. Parigi, Musée d’Orsay, lascito di Auguste Pellerin, 1929 ©RMN (Musée d’Orsay) / Hervé Lewandowski (una tra le fotografie utilizzate nel 2011 per pubblicizzare l’esposizione a Palazzo Reale)