«Il futuro, come la verità, appartiene alla Russia»(1)
di (e traduzione di) Simona Maria Frigerio
Il 21 febbraio scorso il Presidente russo Vladimir Putin ha tenuto il suo discorso all’Assemblea Federale (2). Alcuni punti da lui affrontati possono essere interessanti anche per i lettori italiani, dato che concernono argomenti di interesse internazionale – dalla guerra in Donbass al Trattato New START, passando per la visione geopolitica multipolare (che coinvolgerà un sempre più ampio spettro di Paesi – dai Brics a nuove realtà della scena economica, quali l’Iran e i negletti Stati africani e sudamericani). Non a caso il Presidente Putin ha esordito: «Questo è un tempo di radicale, irreversibile cambiamento nel mondo, di eventi storici cruciali che determineranno il futuro del nostro Paese e del nostro popolo, un tempo in cui ognuno di noi ha responsabilità enormi».
Donbass: ieri, oggi e domani
Il primo tema affrontato è stata ovviamente l’Operazione Speciale. Putin ha ricordato come tutto sia iniziato nel 2014 (e non il 24 febbraio 2022) e che, per anni, la Russia abbia operato per risolvere la situazione in maniera pacifica. Dopo le dichiarazioni di vari leader europei (a cui ha dato il via l’intervista ad Angela Merkel) di aver utilizzato quegli otto anni per armare e rafforzare l’Ucraina in vista della riconquista del Donbass e di una sua entrata nell’Alleanza Atlantica (e, quindi, in funzione antirussa), non si può che ribadire quanto già scritto in precedenza: forse la Russia è stata l’unica a credere negli Accordi di Minsk e nel Formato Normandia e, forse, Putin resterà alla storia come il più europeista tra i leader europei degli ultimi vent’anni. L’inganno di Francia e Germania, garanti di accordi che sapevano di non avere nessuna intenzione di far rispettare, ha ricordato Putin, fa parte di un modo di agire praticato anche in precedenza, con la ex Yugoslavia, l’Iraq, la Libia e la Siria. Di nostro, aggiungeremmo anche l’Afghanistan – prima, devastato da vent’anni di missioni di ‘pace’ contro un popolo che nulla aveva a che fare con l’attentato alle Torri Gemelle e al Pentagono e, poi, abbandonato nelle mani dei talebani che si sarebbero dovuti ufficialmente ‘eradicare’.
Le élite occidentali, secondo Putin, avrebbero sempre mentito (e continuerebbero a farlo) anche ai loro stessi cittadini. In effetti, nonostante le rassicurazioni di volere un mondo basato su regole comuni che portino pace e prosperità, è indubbio che i Paesi della Nato hanno agito in maniera opposta, con «l’espansione verso i confini russi, la creazione di nuove aree per il dispiegamento della difesa missilistica in Europa e Asia» ed è altrettanto indubbio che «non c’è alcun altro Paese che abbia tante basi all’estero quante ne hanno gli Stati Uniti».
Venendo al 24 febbraio 2022, Putin ha affermato che, dalle informazioni in possesso dei russi, in quei giorni sarebbe dovuta scattare un’operazione militare di Kiev contro il Donbass (come già avvenuto nel 2014/2015), colpendo anche le zone abitate – il che ha già causato, negli ultimi nove anni, circa 5 mila vittime civili (secondo stime russe). Il Presidente ha fatto notare che per armare il regime di Kiev, l’Occidente ha «speso oltre 150 miliardi di dollari» e ha poi aggiunto che, al contrario: «secondo l’Organizzazione per lo Sviluppo e la Cooperazione Economica, i Paesi del G7 hanno stanziato circa 60 miliardi di dollari nel 2020–2021 per l’aiuto ai Paesi più poveri […] nonostante pretendano di interessarsene, e condizionando il supporto all’obbedienza». Aggiungeremmo che, visto il fallimento del Covax e l’accaparramento forsennato di dosi inutili di ‘vaccino’ Pfizer (che non faremo, ma pagheremo), sia ormai fuori discussione che l’Africa possa avere ancora fiducia nell’Europa e negli States. E ancora: «La lotta contro la povertà, lo sviluppo sostenibile e la protezione dell’ambiente che fine hanno fatto?» Ce lo chiediamo anche noi di fronte allo sdoganamento del gas di scisto, delle centrali a carbone, del nucleare o all’invio di armi che stanno letteralmente distruggendo Ucraina e Donbass e mietendo centinaia di migliaia di vittime. Per non parlare del coinvolgimento (diretto o indiretto) dell’Occidente nei colpi di Stato in varie nazioni: dal 2001, sempre secondo Putin, che cita esperti statunitensi, «quasi 900 mila persone sarebbero rimaste uccise in guerre scatenate dagli Us dopo il 2001, e oltre 38 milioni sarebbero i rifugiati». Rincariamo con le cifre dei civili morti a causa delle sanzioni, che hanno letteralmente piagato (ma non piegato) Paesi come l’Iraq (3) e la Siria. Fin qui, un ripasso di storia contemporanea.
Più interessante, forse (dato che il Presidente Putin è stato per anni leader di un partito di stampo economico liberale), la critica rivolta a un Occidente che avrebbe «continuato a derubare chiunque con il pretesto della democrazia e delle libertà» ma, in realtà, volendo «imporre valori neoliberali ed essenzialmente totalitari, per ‘brandizzare’ interi Paesi e nazioni, per insultare pubblicamente i loro leader, per sopprimere il dissenso nei loro stessi Paesi e distogliere l’attenzione dagli scandali della corruzione con la creazione un nemico immaginario». Tra Qatargate e gli sms secretati tra von der Leyen e Bourla, forse per l’Europa è meglio non rispondere a tale accusa.
Il Nazismo al servizio dell’economia liberista
Si è tornato a parlare anche della presenza di neonazisti all’interno delle Forze Armate ucraine e del fatto che, recentemente, una brigata è stata denominata Edelweiss – non come la stella alpina, ma come la divisione nazista coinvolta, durante la Seconda guerra mondiale, nella deportazione degli ebrei e che si è macchiata anche di feroci azioni punitive contro i partigiani in ex Yugoslavia, Italia, ex Cecoslovacchia e Grecia. Nonostante ciò, l’Occidente (ma soprattutto Israele) se non approva, sicuramente tace, dato che questi settori sono utili allo scopo, che similmente agli anni 30 del Novecento, sarebbe (secondo il Presidente) l’eliminazione della Russia dallo scacchiere mondiale. Putin afferma poi (come già fatto in precedenza) che i russi non sono in guerra con il popolo ucraino, ma quello stesso popolo è diventato ostaggio del regime di Kiev. Di conseguenza ribadisce: «A più lunga gittata saranno i sistemi che gli Occidentali forniranno all’Ucraina, e più lontano dovremo spingerci per allontanare la minaccia dai nostri confini».
Sempre riguardo all’Operazione Speciale, Putin si rivolge direttamente ai residenti delle Repubbliche di Donetsk e Lugansk e delle regioni di Zaporozhye e Kherson: «Voi, amici miei, avete scelto il vostro futuro con i referendum e la scelta è stata chiara nonostante le minacce e le violenze neonaziste». Al che si deduce che la Russia non intenderebbe tradire la fiducia dei russofili e il loro voto, restituendo tali territori a Kiev. Al contrario, Putin afferma di avere già intrapreso misure per la «ripresa socioeconomica» e per «programmi di sviluppo di queste regioni nell’ambito della Federazione. Ivi inclusi il ripristino degli stabilimenti di produzione» con ricadute positive in campo lavorativo. Putin ha altresì promesso la costruzione di nuove strade «come già fatto in Crimea, che adesso possiede un’affidabile rete per il trasporto via terra con l’intera Russia». D’altro canto, si starebbe studiando un fondo statale per supportare (anche dal punto di vista psicologico) i veterani quando tornano a casa, e le famiglie dei militari e dei volontari morti al fronte, soprattutto (per queste ultime) relativamente agli orfani e alla loro educazione per opportunità di lavoro in futuro.
La resilienza economica russa
Non poteva mancare un ampio stralcio dedicato alle sanzioni che, obiettivamente, come afferma Putin hanno «fatto impennare i prezzi nei» nostri «Paesi, polverizzato posti di lavoro, costretto società a chiudere e causato una crisi energetica» mentre affermava, i nostri politici, «che i russi fossero da incolpare per tutto ciò». Per Putin il fine degli occidentali era: «Tagliare i legami economici con le aziende russe e privare il sistema finanziario dei suoi canali di comunicazione per distruggere la nostra economia, isolarci dai mercati export e minare così le nostre entrate. Hanno rubato le nostre riserve di valuta di cambio e, per chiamare le cose con il loro nome, hanno tentato di svalutare il rublo e far salire l’inflazione in maniera» pericolosa.
Il segreto della resilienza (questo termine che piace molto anche all’Europa con il suo PNRR) russa, secondo Putin, risiederebbe nella capacita di «Governo, parlamento, Banca centrale, regioni, aziende e lavoratori di cooperare per mantenere la stabilità dell’economia». Si sarebbero così preservati i posti di lavoro, la protezione sociale, evitata la penuria anche di beni essenziali e supportato il sistema finanziario e gli imprenditori. Il pacchetto a favore dell’economia, varato a marzo 2022, ammontava a circa un trilione di rubli ma, a differenza di quanto accade negli States (con il dollaro), Putin rivendica di non aver «battuto nuova moneta». In quel momento si registrava una diminuzione del mercato interno lordo. Le previsioni di alcuni ventilavano un meno 25% che si è rivelato essere, per il 2022, un meno 2,1% (a livello di Prodotto Interno Lordo). «Le aziende russe hanno ristrutturato la logistica e stretto rapporti con partner affidabili – ve ne sono molti, sono la maggioranza nel mondo». In parole povere, l’Occidente (e soprattutto l’Europa) credeva di essere non solamente l’unico partner commerciale della Russia, ma di poter manovrare ogni altra nazione secondo il proprio volere, estendendo le sanzioni a tutto il globo. Ma la verità è che finché si colpivano Paesi marginali come Cuba o l’Iraq, la Siria o il Venezuela, il gioco poteva funzionare ma, oggi, di fronte all’attacco contro la Russia non vi è una nazione che non tema che la Ue e gli States, domani, le si rivoltino contro. Ecco perché il multipolarismo sta diventando il vero spettro di una debacle economica, ma anche diplomatica e di immagine, europea di dimensioni storiche. Non a caso il Presidente russo chiude questa sezione del suo discorso con le manovre sino-russe per sostituire il dollaro con le valute nazionali nelle transazioni internazionali: «Vorrei farvi notare che la percentuale delle transazioni internazionali regolate con il rublo è raddoppiata dal dicembre 2021, raggiungendo un terzo del totale; e, includendo le valute dei Paesi amici, supera la metà delle transazioni totali». Inoltre, afferma di voler creare, insieme ai propri partner internazionali, un sistema che sarà indipendente dal dollaro e dalle valute occidentali (si prospettano tempi duri, quindi, anche per l’euro).
Riguardo ai settori economici che sono cresciuti, Putin ha rilevato l’ottima performance dell’edilizia e della produzione agricola mentre il tasso di disoccupazione, al 4,7% prima della pandemia, sarebbe sceso al 3,7% (cifre che noi solamente sogniamo, in Italia). Sempre secondo il Presidente: «La recessione è stata limitata al secondo trimestre del 2022, mentre l’economia ha ripreso a crescere nel terzo e quarto trimestre» ma, soprattutto, è interessante notare, per noi Occidentali, che i russi stanno sviluppando «un nuovo modello e una nuova struttura». Nuovi mercati sarebbero stati aperti nell’area pacifico-asiatica oltre a quello interno. La produzione, anche tecnologica, starebbe acquisendo «nicchie di mercato abbandonate o che saranno a breve abbandonate dalle aziende occidentali» (che perdono, quindi, compratori certi per i propri prodotti e non si sa se troveranno nuovi mercati nei quali venderli).
«Il tempo delle sfide ma anche delle opportunità»
Se finora la Russia è stata considerata dall’Occidente solo una fonte di energia, prodotti agricoli e metalli (e forse si è auto-ghettizzata in tale ruolo), il Paese ha deciso finalmente di puntare su scuola, ricerca, innovazione e tecnologie.
Partiamo dalla logistica. La Russia intende investire sulla Mosca-Kazan con direttive periferiche verso Kazakhstan, Mongolia e Cina; e sui porti sul Mar Nero e il Mare d’Azov. Si inaugureranno anche nuove vie commerciali con l’India, l’Iran, il Pakistan e i Paesi del Medio Oriente. Altro settore sul quale intende investire, la modernizzazione del sistema ferroviario verso est, ossia la storica Transiberiana e la linea Baikal-Amur.
Proseguirà il programma per la distribuzione gratuita del gas: «I nostri cittadini potranno sempre chiedere di allacciarsi al sistema di distribuzione del gas» (e non dovranno scegliere, ci viene da commentare, tra riscaldarsi e mangiare).
La promessa è di prestiti statali anche per acquistare impianti di produzione o per rinnovarli, con un interesse al 3 o 5%, da restituire al massimo in sette anni. Per quanto riguarda il settore investimenti, Putin fa notare che, grazie a una bilancia dei pagamenti in attivo, la Russia non ha bisogno di prestiti esteri. Mentre l’inflazione dovrebbe attestarsi al 4% nel secondo trimestre dell’anno (quella reale europea è a una o due cifre?), riducendo così il carico degli interessi sui prestiti a lungo termine. Infine, per incoraggiare gli investimenti interni, soprattutto il risparmio previdenziale volontario, lo Stato (a differenza dell’Occidente, aggiungeremmo noi, dove i fondi pensione possono diventare incubi da cui non ci si può risvegliare) dovrebbe – secondo Putin – farsi garante in caso di «bancarotta delle società finanziarie».
Infine, mentre in Europa dipendenti e pensionati non riusciranno nemmeno a recuperare l’inflazione (ce lo impone la guerra?), per i lavoratori russi la promessa di Putin è di continuare «ad alzare il salario minimo, a un tasso maggiore dell’inflazione così che il salario reale aumenti davvero. Dall’inizio dell’anno, il salario minimo è cresciuto del 6,3%» e l’obiettivo è un rialzo di un altro 10% a partire dal 1° gennaio 2024.
Lo schiaffo di Anagni
Il Presidente russo è tornato a parlare del caos economico e sociale degli anni 90, quando il Paese iniziò a ricostruirsi sulla base di regole di mercato e proprietà privata. Nonostante la vocazione economica liberale, Putin ricorda come la Russia abbia seguito l’esempio occidentale ma che il risultato non è stato quello atteso: «La nostra economia nazionale si orientò prevalentemente verso l’Occidente e, per la maggior parte, divenne fonte di materie prime». Un trend che Putin ammette, oggi, essere stato negativo per il Paese e che ha indotto chi ha governato, dopo un adeguamento del sistema finanziario, a rilanciare «gli investimenti pubblici su vasca scala». Ma non solo: «Le tecnologie provenivano dall’Occidente, così come fonti di finanziamento a buon mercato e mercati lucrativi», di conseguenza i capitali russi presero a fluire verso l’Occidente: «Sfortunatamente, invece di espandere la produzione e acquistare impianti e tecnologia per creare nuovi posti di lavoro in Russia», gli imprenditori (o gli oligarchi, come preferite chiamarli) hanno speso i lori soldi «in case all’estero, yacht e proprietà lussuose».
L’esito di tali scelte sarebbe sotto gli occhi di tutti e Putin, come Filippo il Bello, non lesina le critiche verso tali imprenditori: «Gli eventi recenti chiaramente dimostrano come l’immagine dell’Occidente quale paradiso sicuro per i capitali sia un miraggio. Coloro che non sono riusciti a comprenderlo in tempo, coloro che hanno visto la Russia solo come fonte di reddito e pianificato di vivere per lo più all’estero, hanno perso molto. Sono stati derubati e si sono visti sottrarre i lori legittimi guadagni» e ha concluso avvertendo, con un pizzico di ironia, tali imprenditori che: «finiranno per ammalarsi correndo da una Corte all’altra, da un ufficio all’altro, in Occidente, tentando di recuperare i loro soldi». Del resto, «nessun normale cittadino nel nostro Paese sarà dispiaciuto per coloro che hanno perso i propri patrimoni nelle banche estere, i lori yacht o palazzi, e così via. Nelle loro discussioni casalinghe, le persone avranno ricordato le privatizzazioni degli anni 90 (4), quando le aziende costruite dall’intera nazione furono vendute per ‘due soldi’ e le cosiddette nuove élite esibivano il loro lifestyle sontuoso». Diciamo che, come nella Cina di Xi Jinping, l’orientamento economico a livello internazionale si sta volgendo verso il multipolarismo, mentre a livello interno si recuperano quegli elementi di sicurezza sociale e servizi pubblici (o public welfare) che l’Occidente sta cercando in tutti i modi di azzerare.
Lo schiaffo di Putin, però, non è metaforicamente diretto solo contro gli imprenditori rapaci ma anche contro noi occidentali, che non avremmo mai smesso di tentare di destabilizzare gli Stati dell’ex area sovietica (pensiamo all’ex Jugoslavia) e, soprattutto, «far fuori la Russia quale maggiore porzione sopravvissuta». Le accuse sono molteplici e pesanti. Putin afferma: «Gli occidentali hanno incoraggiato il terrorismo internazionale ad attaccarci, provocato conflitti regionali lungo i nostri confini, ignorato i nostri interessi e tentato di contenere, osteggiare e soffocare la nostra economia». Aggiungeremmo che anche le scelte insieme liberiste e liberticide del suo predecessore, Borís Nikoláevič Él’cin, non a caso tanto apprezzato in Occidente, hanno contribuito a rendere fragile, per anni, il sistema socio-economico russo.
Per Putin gli imprenditori russi dovrebbero, a questo punto, decidere di restare in patria per «avviare nuovi progetti, guadagnare, lavorare seriamente per la Russia, investire nelle aziende e nel lavoro, aiutare scuole e università, la ricerca scientifica e il sistema sanitario, la cultura e gli sport». Lo faranno?
La Russia: altruismo, cultura e ricerca
Putin ha tenuto a ricordare alcune caratteristiche del popolo russo, tra le quali la generosità: «Tutti ricordano che durante la pandemia siamo stati i primi ad aiutare alcuni Paesi europei, inclusa l’Italia». Piccolo inciso: peccato che il Presidente non sappia che, ad esempio, in un corso deontologico dell’Ordine dei giornalisti italiani, si citi tale aiuto come quello valutato il più ‘inutile’ dalla stampa nostrana (a confronto di quello fornito dalla Cina e da Cuba). Si spera che Turchia e Siria, anch’esse ricordate da Putin per i soccorsi inviati a seguito del recente terremoto, mostrino maggiore gratitudine (o, almeno, più lunga memoria).
La cultura, declassata in Occidente ad attività non essenziale in epoca pandemica, ma, già prima, velleitaria perdita di tempo dato che «non dà da mangiare» (5) è, al contrario, al centro di un lungo passaggio di Putin, in cui assicura che lo Stato «userà le risorse della Fondazione del Presidente, la Fondazione per le Iniziative Culturali, l’Istituto per lo Sviluppo di Internet e altri strumenti per supportare tutte le forme di attività creative, quali arte tradizionale e contemporanea, realismo e avant-garde, opere classiche e innovative. Non conta il genere o la corrente. La cultura è al servizio di ciò che è buono, bello e armonioso, riflette su temi complessi e contraddittori dell’esistenza, ma la sua missione principale non è distruggere la società bensì coltivare le migliori qualità umane». E a proposito non può che tornare alla mente il compianto italiano per il teatro di Mariupol. Al quale Putin sembra rispondere indirettamente quando afferma: «Lo sviluppo culturale sarà tra le priorità per ricostruire una vita pacifica in Donbass e Novorossiya. Dovremo riedificare, riparare e fornire di attrezzature centinaia di sedi della cultura, inclusi collezioni museali ed edifici» distrutti.
Controcorrente anche il passaggio sulla ricerca che, come la cultura, avrebbe bisogno di essere libera per sviluppare il proprio potenziale creativo. Secondo Putin – ma pensiamo a quanti scienziati in questi anni hanno rivendicato i medesimi concetti, scontrandosi con governi e aziende che pretendono una ricerca vincolata all’innovazione tecnologica e finalizzata ai bisogni dell’industria – la ricerca ha le proprie regole e occorre rispettarle, senza vincolarla alle necessità dell’oggi o del futuro prossimo. D’altro canto esistono anche professioni che abbisognano di competenze tecniche specifiche e l’obiettivo russo per i prossimi cinque anni è di toccare quota un milione di specialisti in diversi settori industriali: «elettronica, robotica, ingegneria meccanica, metallurgia, farmaceutica, agraria e difesa, costruzioni, trasporti, nucleare e in altre industrie che sono la chiave per assicurare alla Russia la sicurezza, la sovranità nazionale e la competitività».
Oltre ai fondi per la ristrutturazione degli istituti scolastici, l’obiettivo è l’edificazione ex-novo di 1.300 scuole (da realizzarsi tra il 2019 e il 2024). «Di queste, 850 sono già state aperte. E altre 400 apriranno nel corso dell’anno». Mentre da noi si accorpano gli istituti e le classi tornano a essere pollai, dopo le promesse dei Governi precedenti che si sarebbe provveduto diversamente visto che il ricorso alla Dad era in gran parte dovuto proprio al sovraffollamento delle nostre aule (5). Nelle scuole (come accadeva anche nell’Italia degli anni 60 e 70, quando esisteva l’infermeria interna), ma anche nelle aziende, ci sarà la possibilità di effettuare esami diagnostici e campagne di prevenzione grazie ad ambulanze attrezzate – che ricordano involontariamente i medici scalzi cinesi: quando erano i dottori ad andare nelle campagne a curare i pazienti e non si pensava di poter prescrivere ricette via whatsapp, dopo aver auscultato i polmoni del malato al cellulare…
Il verde e il multicolore Made in Russia
Nonostante l’Europa si vanti del suo green washing, che nasconde gas di scisto, nucleare, riapertura di impianti al carbone, gasiere e degassificatori, tentativi di golpe nei Paesi che possiedono il litio, e una guerra per procura per mettere le mani sulle risorse energetiche russe, nel suo discorso anche Putin ha parlato di ambiente e del progetto Clean Air che dovrebbe migliorare la situazione ambientale nelle maggiori città industriali, con una significativa diminuzione delle emissioni inquinanti. Altro obiettivo è migliorare lo smaltimento dei rifiuti – dalla raccolta differenziata al riciclo: l’obiettivo russo sarebbe un’economia circolare. Infine, si punta sul recupero di importanti riserve d’acqua, quali il Lago Baikal, il Volga e altri fiumi minori. Visto l’inquinamento da Pfas (7), forse anche negli States dovrebbe essere una priorità ripartire dalle acque.
Altro accenno interessante di Putin, quello riguardo all’omosessualità (date le accuse di omofobia), in cui ha precisato: «Gli adulti possono fare ciò che vogliono. L’abbiamo sempre vista così in Russia e continueremo a vederla in questo modo: nessuno può intromettersi nella vita privata altrui, e noi non lo faremo».
La Nato e il New START: domanda rispedita al mittente
Sembra che a inizio febbraio la Nato abbia chiesto alla Russia «di tornare all’applicazione del Trattato sulla Riduzione delle Armi Strategiche, incluso l’accesso degli ispettori» negli impianti nucleari. A questa richiesta Putin risponde con un tocco di ironia: «Non so nemmeno come chiamarlo: è un tipo di teatro dell’assurdo. Sappiamo che l’Occidente è direttamente coinvolto nei tentativi del regime di Kiev di colpire le nostri basi aeree strategiche. I droni utilizzati per lo scopo erano equipaggiati e aggiornati con l’assistenza degli specialisti della Nato. E adesso vogliono ispezionare i nostri impianti difensivi? Nell’attuale situazione di conflitto, mi sembra assurdo».
Per capire il clima psicologico in Russia, citiamo un paragrafo successivo: «Stanno utilizzando la Nato per mandarci dei segnali che sono, in effetti, un ultimatum, per cui la Russia dovrebbe, senza fare domande, implementare qualsiasi cosa già decisa, incluso il Trattato New START, mentre loro fanno come vogliono. Come se non ci fosse connessione alcuna tra le armi offensive strategiche e, diciamo, il conflitto in Ucraina o altre azioni ostili occidentali contro il nostro Paese. Come non ci fossero clamorose affermazioni circa il loro tentativo di infliggerci una sconfitta strategica. Questo è il massimo dell’ipocrisia o del cinismo, o della stupidità, ma non sono idioti. Non sono stupidi dopotutto. Vogliono infliggerci una sconfitta strategica per prendersi i nostri siti nucleari». La conseguenza del ragionamento è che il Presidente Putin ha annunciato che la Russia sospende l’adesione al Trattato New START. Non si ritirano ma sospendono la partecipazione finché non avranno «le idee chiare su cosa, Paesi della Nato come Francia o Gran Bretagna, hanno in gioco», questo perché anche i succitati Paesi possiedono arsenali nucleari che vanno a sommarsi, nell’ambito dell’Alleanza Atlantica, a quelli degli Stati Uniti.
Il problema – diplomatico e politico che non sarà di facile soluzione nemmeno terminata l’Operazione Speciale (o la guerra, come si preferisce) in Donbass – è quello della fiducia. Dopo le menzogne di Merkel e Hollande, platealmente ammesse (circa gli Accordi di Minsk), nessuno può dar torto a Putin quando afferma: «Solo provate a non mentire a tutti questa volta e a presentare voi stessi come i campioni della pace e della distensione. Noi sappiamo la verità. Siamo consapevoli che alcuni tipi di armi nucleari statunitensi stanno raggiungendo la fine della propria operatività. Al riguardo, sappiamo di certo che alcuni politici a Washington stanno già valutando test nucleari atmosferici, soprattutto da quando gli Stati Uniti stanno sviluppando armi nucleari innovative». Al che anche i russi si preparano a nuovi test nucleari, nel caso gli States procedano. E questo mentre l’Occidente si fa paladino dell’ambiente proibendo ai passanti di fumarsi una sigaretta alla fermata del tram. Vogliamo tornare agli anni di Mururoa, del Nevada e di Semipalatinsk?
«La verità è dalla nostra parte».
(1) Dalla conversazione di Vladimir Putin del 23 febbraio 2023 con i veterani nella Giornata dedicata ai Defender of the Fatherland
(2) Per l’intero discorso del Presidente Putin, rimandiamo al testo in inglese pubblicato il 21 febbraio 2023 da:
http://en.kremlin.ru/events/president/news/70565q
(3) Secondo l’Onu sarebbero morti, in Iraq, a causa delle sanzioni, 1,7 milioni di civili, metà dei quali bambini: https://www.unive.it/pag/fileadmin/user_upload/dipartimenti/DSLCC/documenti/DEP/numeri/n34/12_Basso_modello.pdf
(4) Borís Nikoláevič Él’cin è stato il fautore della politica di privatizzazioni e svendita del patrimonio e delle aziende di Stato russe, criticata nel suo discorso da Putin. Non a caso, Él’cin ha ricoperto la carica di Presidente della Federazione russa dal 1991 al 1999. Nell’agosto 1999 rimosse l’allora Primo Ministro Stepashin, nominando nuovo Premier Putin e indicando quest’ultimo come suo successore per le elezioni presidenziali dell’anno seguente
(5) Ricordiamo le frasi dell’allora Ministro Giulio Tremonti ma anche dell’ex Presidente Barack Obama: https://www.artribune.com/tribnews/2014/02/con-la-cultura-non-si-mangia-lo-diceva-tremonti-ora-lo-sottoscrive-obama-studiate-economia-non-storia-dellarte-dice-ai-giovani-del-wisconsin/
(6) Solo una tra le tante denunce contro le cosiddette ‘classi pollaio’, post-pandemia: https://www.skuola.net/scuola/ritorno-a-scuola-emergenza-classi-pollaio.html
(7) L’inquinamento da Pfas, un gruppo di sostanze chimiche che si accumulano nel corpo degli esseri umani, degli animali e nell’ambiente, minaccia oltre 110 milioni di persone negli States: https://www.rinnovabili.it/ambiente/inquinamento/usa-700-siti-contaminati-da-pfas-110-mln-di-cittadini-rischio/
venerdì, 3 marzo 2023
In copertina: Il Presidente Vladimir Putin, foto di Дмитрий Ocипенko; nel pezzo: Monumento alle vittime dell’Olocausto, foto di Larah Vidotto; Montecarlo, yacht e paradisi fiscali, foto di Candy Guru; fungo atomico, foto di Wikilmages – tutte da Pixabay (gratuite da usare sotto la licenza Pixabay)