Open etichetta, la logica avalla, noi chiediamo risposte
di Simona Maria Frigerio e Luciano Uggè
Teatro e giornalismo, se autenticamente esercitati, non sono mai mestieri ‘comodi’ – a essere troppo soddisfatti di sé si rischia l’autocompiacimento, se troppo sicuri si scade nel manicheismo, se dalla parte del potere (l’errore peggiore per un watchdog) si diventa giullari o megafoni e veline. Ovvio che un giornalista investigativo come Seymour Hersch non abbia bisogno di essere difeso da nessuno e tanto meno dal nostro piccolo blog. Ma chi liquida la sua inchiesta come fake news (senza avere una propria fonte anonima o documenti che ne comprovino l’infondatezza) ci lascia basiti. La sua indagine, in breve, delinea questo scenario: gli States, con l’appoggio dei norvegesi, avrebbero posizionato il C4 sul Nord Stream e, mesi dopo, grazie a un aereo P8, avrebbero lanciato una boa sonar per far innescare l’esplosivo (ma non tutto avrebbe funzionato in quanto, nel frattempo, l’innesco di due delle otto cariche si sarebbe deteriorato). Una fonte interna avrebbe rivelato a Hersch l’intero progetto.
Come ribattono i fact checker?
Partiamo dal tentativo di denigrazione – a livello personale – di Open. Hersch non ha vinto solo un Pulitzer come affermato da David Puente: “Come abbiamo visto in passato, vincere un prestigioso premio come il Pulitzer o il Nobel (vedasi il caso Luc Montagnier) non significa ottenere una credibilità permanente”. Tentativo che mira a equiparare il giornalista al ricercatore Montagnier – ossia (immaginiamo) a novax, terrapiattisti e complottisti. La verità (che si può facilmente scoprire in rete) è che Hersch si è aggiudicato una ventina di premi, tra i quali ben cinque George Polk Award (1), ed è primo in assoluto per numero di tali onorificenze.
Proseguiamo. Hersch avrebbe fatto anche un altro errore capitale per Open: non pubblicare su una testata (dove il Caporedattore o Direttore avrebbe verificato la sua fonte e/o gli avrebbero chiesto documenti a comprova della sua indagine, 2) ma su una piattaforma denominata Substack. A questa ‘accusa’ risponde Hersch, indirettamente, in un’intervista in cui gli si chiedeva, in pratica, se negli anni 70 i giornalisti non fossero più liberi: “Non ho trovato un solo giornale che mi pubblicasse la storia di Mỹ Lai (3), e questo fu il motivo per cui la consegnai al Dispatch News Service (4)”. In fondo, non è cambiato nulla: le notizie e i giornalisti scomodi faticano a essere pubblicati sulla cosiddetta stampa blasonata – ieri come oggi – e nemmeno Hersch fa eccezione.
Ma mettiamo i piedi nel piatto. Per Open uno dei problemi più grossi è rintracciare le navi dragamine che avrebbero trasportato i sommozzatori, i quali avrebbero posizionato il C4 sui gasdotti e cita, a proposito, il parere di “Joe Galvino, esperto OSINT del The Outlaw Ocean Project”. Non vogliamo usare la risposta dei colleghi de L’Antidiplomatico che affermano come citare un esperto e sbagliarne due volte il nome (Galvino invece di Galvin, ma si sarebbero corretti) non deporrebbe a favore della notorietà dello stesso. Bensì vorremmo sapere chi è Joe Galvin, di cosa sia ‘esperto’ e quale significato abbia il termine OSINT. Galvin, come afferma lui stesso sulla sua pagina Linkedin, è un freelance e un redattore di una organizzazione giornalistica non-profit denominata The Outlaw Ocean Project (che si occuperebbe di pubblicare inchieste su fatti connessi con il mare, come migrazioni o atti di pirateria). La sigla OSINT si riferisce, invece, al processo di raccogliere informazioni da fonti di dati pubblici e legali da utilizzarsi per una funzione specifica (per esempio, ricerche di mercato riguardo a un nuovo prodotto o, meno prosaicamente, sorvegliare il mood degli user dei social). Quindi, tornando ai tracciati delle navi in zona, ringraziamo in anticipo i colleghi di Open che si rivolgeranno al redattore Galvin per cercare tra i dati pubblici quelli relativi a Ustica. Se non scopriremo nulla sul Nord Stream sapremo, però, cosa accadde in Italia nel 1980! (Ma ci ritorneremo).
Joe Galvin avrebbe a sua volta ritwittato un certo Oliver Alexander (citato anche da Open) che afferma di aver “rintracciato tutti i percorsi delle navi (dragamine) di classe Alta / Oksøy della Marina Norvegese durante il periodo in cui sarebbero state posizionate le cariche sui gasdotti Nord Stream. Nessuna era nei siti come preteso” (da Hersch). Ma chi è questo Oliver Alexander, che si autodefinisce (lui sì) esperto OSINT (almeno su Twitter)? La risposta ci lascia basiti: un analista che pubblica su Substack (o cielo: ma è la medesima piattaforma screditata da Open se vi pubblica Hersch!). È Alexander a scrivere su Twitter: “If you enjoy my content, please consider supporting my work here and on Substack with a premium Substack subscription for $6 a month. This helps support my work which is increasingly taking up more and more of my time” (non traduciamo: ci penseranno i colleghi di Open). A noi resta il dubbio che i social abbiano sostituito la Bibbia e i documenti secretati…
L’affaire censura non ferma le inchieste
Proseguiamo. Open ha dato ancora una volta semaforo rosso a L’Antidiplomatico per aver pubblicizzato l’inchiesta di Hersch, mentre in altri Paesi la notizia è apparsa senza censure e il mondo della politica si è mosso per verificarne il contenuto. Tutto ciò che ha sortito l’intervento censorio di Open è il solito oscuramento della pagina Facebook dei colleghi ‘scomodi’ mentre Byoblu, a proposito, ha ironicamente ma acutamente osservato che ormai ci troviamo di fronte a: “Un esercito di fact checker aspiranti Torquemada”. Chissà cosa ne avrebbe pensato Pasolini di tutta questa censura… e che fine avrebbero fatto i suoi ‘io so’…
Ma puntare il dito contro l’amministrazione Biden per le esplosioni del Nord Stream è davvero così impensabile?
No. Se è vero che Noam Chomsky, in un’interessante intervista a Thomas S. Karat (5), aveva già fatto il suo ragionamento lapalissiano. Di fronte a un tale atto di sabotaggio bisogna porsi due domande: chi ci guadagna e chi avrebbe i mezzi per attuarlo. La risposta è univoca. Partendo, quindi, dalla semplice logica, si arriva al fatto che l’inchiesta di Hersch, pubblicata l’8 febbraio, può essere vera perché ‘se sei nella savana e vedi un quadrupede a strisce correre, è molto probabile che sia una zebra e non un mulo mezzo albino’!
Andiamo avanti. Open accusa Hersch di non aver creduto alle smentite di Cia e Casa Bianca. Vi chiediamo: uno Stato che attua sabotaggi, omicidi più o meno mirati (vedi il caso di Daniel Hale v/l’amministrazione Obama), destabilizzazioni delle legittime istituzioni di altri Paesi, avalla golpe e/o li fomenta, cospira e dichiara guerra su fatti infondati come le armi chimiche di Saddam, da trent’anni fa guerre in ogni dove rinominandole missioni di pace e perdendole tutte, ma lasciando dietro di sé milioni di morti civili (scusate: danni collaterali), potrebbe ammettere di aver commesso un reato che potrebbe configurarsi come terrorismo internazionale? Un sabotaggio che, provocando la fuoriuscita di 300.000 tonnellate di metano nell’atmosfera, sarà ricordato probabilmente come uno tra i peggiori disastri ambientali e che, minando un’infrastruttura vitale per gli interessi dei popoli europei, potrebbe essere di fatto paragonato a un atto di guerra contro le nostre economie? In ogni caso, un buon fact checker dovrebbe poter verificare, tramite proprie fonti, se Cia e Casa Bianca sapessero e/o siano stati coinvolti. Ma saremmo su un altro pianeta…
Una conferma indiretta, se non del proprio coinvolgimento, sicuramente dell’interesse statunitense a bloccare l’invio del gas russo a basso prezzo alle industrie altamente competitive tedesche, arriva dallo stesso Joe Biden che ha pubblicamente affermato: “Se la Russia invade… non ci sarà nessun Nord Stream 2. Metteremo fine a tutto ciò” e, venti giorni prima, la sottosegretaria Victoria Nuland aveva già annunciato durante un briefing al Dipartimento di Stato: “Voglio essere molto chiara oggi. Se la Russia invade l’Ucraina, in un modo o nell’altro il Nord Stream 2 non proseguirà“. E così, in un modo o nell’altro, gli States stanno affogando la nostra economia e l’unica zattera sembra quella ‘gettata’ dall’Est europeo (eccetto l’Ungheria) che, secondo Anna Maria Merlo su Il Manifesto – dopo la votazione del Parlamento Europeo per l’invio di caccia a Kiev – avrebbe espresso l’intenzione di ottenere: “una chiara vittoria dell’Ucraina con conseguente sconfitta di Mosca (con un cambio di regime) e un nuovo ordine di sicurezza in Europa contro la Russia”. Eppure ci sembrava che la Nato non fosse in guerra…
Un altro passo avanti. Quando Puente accusa Hersch di avere una unica fonte e per di più ‘anonima’ (come se ciò equivalesse al fatto di non averla), forse dimentica cosa accade negli States ai whistleblower. Da Chelsea Manning a Daniel Hale passando per Edward Snowden sappiamo bene che le amministrazioni – democratiche o repubblicane che siano – non solamente non pagano mai per i loro crimini ma trasformano coloro che li denunciano in criminali da perseguire e punire per aver rivelato, a noi cittadini, verità che avremmo tutto il diritto di sapere.
Fatto sta che i russi, l’inchiesta di Hersch l’hanno presa molto sul serio (ma voi obbietterete che è una presa di posizione strumentale). E però anche la Cina pretende un’indagine e sembra che perfino qualche parlamentare europeo (come l’irlandese Clare Daly) cominci a chiedere la verità – visto che il Nord Stream era un investimento importante per tutti noi e quattro società energetiche europee – una in Francia, una nei Paesi Bassi e due in Germania – condividevano il 49% delle azioni del gasdotto. Ora, dato che dalle risultanze ufficiali emerse fin qui, è chiaro che la Russia non si è autodistrutta un investimento stellare (6), come fa sapere il Ministero degli Esteri della Federazione: “I deputati della Duma, dell’Assemblea Federale della Federazione Russa, chiedono al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite di dare il via a un’indagine riguardo all’atto di terrorismo internazionale, fornire un’opinione legale di tale orrendo atto di sabotaggio, e portare in giudizio gli organizzatori e coloro che hanno perpetrato il crimine, che ha minato la sicurezza dell’area euroasiatica” (t.d.g.).
L’email a Sputnik e gli errori ‘imperdonabili’
Nel frattempo anche Sputnik (cielo!, la testata che ci impediscono di leggere, in Europa, per ‘proteggerci’ dalla disinformazione…) ha pubblicato una propria inchiesta che corroborerebbe l’accusa di Hersch. Una email sarebbe stata ricevuta da John Dougan, un giornalista statunitense in Russia, che avrebbe anche ottenuto dalla fonte (la quale, per ovvie ragioni, deve restare anonima) le sue credenziali, una foto di se stesso nelle esercitazioni BALTOPS 22 (7), il numero di matricola e la foto del passaporto. Nella email si avallerebbe quanto esposto da Hersch, ossia che “sommozzatori della Marina statunitense sotto la copertura delle esercitazioni BALTOPS 22 sarebbero riusciti a piazzare esplosivi C4 da azionare in remoto al largo dell’isola danese di Bornholm” (“quella che sarebbe stato il luogo più favorevole per piazzare gli esplosivi, il largo di Bornholm”: così il collega di Open che pare faticare un po’ con l’inglese). Tali esplosivi sarebbero poi “stati fatti detonare, distruggendo tre dei quattro gasdotti del Nord Stream a settembre” 2022 (t.d.g.). Ovviamente, per quanto scritto da Sputnik non vi è bisogno di fact checker perché non potete leggerlo (8).
Ma è ancora Open a rispondere alle proprie domande. Le “imbarcazioni e gli aerei citati da Hersh potrebbero aver operato senza attivare i dispositivi di tracciamento? Chi propone queste teorie rischia di peggiorare ulteriormente la narrazione del giornalista”. Su questo facciamo rispondere indirettamente da Repubblica che, il 3 agosto 1998, riguardo alla strage di Ustica del 1980, scriveva: “Le indagini della magistratura romana non hanno potuto accertare cosa sia successo realmente, ma almeno su una cosa sono d’accordo i pm Giovanni Salvi, Vincenzo Roselli e Settembrino Nebbioso: prima, durante e dopo la caduta dell’aereo di linea civile, intorno al DC 9 e nella zona adiacente c’è stato un intenso traffico militare, traffico aereo che è sempre stato negato sia dai nostri vertici dell’Aeronautica sia dalle forze alleate”. Come abbiamo già scritto, a Puente chiediamo di fornirci finalmente i relativi tracciati: visto che è convinto che sia impossibile far sparire un aereo o una nave, siamo certi che grazie ai colleghi di Open sapremo finalmente perché sono morte le 81 persone a bordo del DC9 dell’Itavia.
E passiamo all’errore che pare imperdonabile. Hersch ha affermato che Jens Stoltenberg avrebbe “cooperato con l’intelligence statunitense fin dalla Guerra in Vietnam”. Puente smentisce, suggerendo al collega di verificare in rete l’età del leader della Nato, fatto che preclude ogni possibilità che detta affermazione sia vera. Eppure, se Puente avesse cercato un po’ più a lungo si sarebbe accorto che è lo stesso Stoltenberg ad aver ammesso di essersi interessato di politica proprio a causa della Guerra in Vietnam e che avrebbe partecipato a delle proteste di fronte all’Ambasciata statunitense. Ora, dato che alcuni dei manifestanti furono poi arrestati, sembrerebbe per aver lanciato sassi e rotto qualche finestra, viene da pensare che sia strano che un giovane militante contrario alla presenza degli States in Vietnam sia poi diventato un falco a capo della Nato; e sorge perfino il dubbio di trovarsi di fronte alla trama di The Ghost Writer di Roman Polanski. Fantapolitica? Forse. Ma le armi chimiche, Saddam, non le aveva – e Downing Street e Washington sapevano di mentire.
Siamo quasi alla fine. Per quanto riguarda l’aereo P8 che avrebbe lanciato la boa sonar, Open fa notare che nessun aereo P8 dell’aeronautica norvegese avrebbe effettuato un volo di routine in quell’area dato che i cinque velivoli di quel modello hanno iniziato i pattugliamenti a partire dal 2023. Sebbene questo sia vero, è vero anche che il 18 novembre 2021 la Norwegian Defence Materiel Agency (NDMA) ha ricevuto il primo dei cinque Boeing P-8A Poseidon maritime patrol aircraft (MPA) e che, già il 15 marzo 2022, il Capo dell’Aeronautica norvegese, Rolf Folland, dichiarava alla stampa che la 133a Air Wing e il 333° Squadron avrebbero lanciato un programma di valutazione e collaudo dell’apparecchio (e di quelli che sarebbero stati consegnati nei mesi successivi). Dato che i P8 non sono rivoluzionari (rispetto, ad esempio, ai P3 già in dotazione ai norvegesi) ma solo più performanti e con maggiore capacità di carico e sensori, non si può immaginare che per i piloti non sia stato difficile imparare a manovrarli e che questi test e collaudi si siano ripetuti con una certa frequenza se, dal 2023, i nuovi P8 sostituiscono in toto i P3?
E veniamo all’ultima delle questioni che pone Open, ossia se esista la boa sonar (lanciata da un aereo P8) che avrebbe innescato l’esplosivo, precedentemente piazzato durante l’esercitazione della Nato. Una boa sonar capace di emettere dei suoni a bassa frequenza: Puente afferma che Hersch non avrebbe verificato l’esistenza di un brevetto per tale congegno e sia troppo generico riguardo al suono/segnale. Puente ha verificato, al contrario, la sua non esistenza? Se fosse un’arma segreta o ancora sperimentale sarebbe registrata all’Ufficio Brevetti e Marchi? Per quanto concerne specificamente il segnale, Hersch cita il Dr. Theodore Postol, professore emerito in scienza, tecnologia e politiche di sicurezza nazionale al MIT, da lui consultato. Per quanto concerne la boa sonar, noi in rete ne abbiamo trovate un’infinità con caratteristiche differenti: possono essere lanciate da aerei, elicotteri, droni e missili, scendere a profondità prestabilite, emettere segnali diversi, perfino codificati, eccetera. In pratica, dall’Australia alla Norvegia, dagli States alla Germania sembra che tutti gli eserciti studino da decenni tali congegni e li abbiano adattati ai più diversi scopi (compresi quelli civili).
Conclusioni? Abbi dubbi
A differenza di chi vuol trasformare i watchdog del potere politico in cani da combattimento che si sbranano l’un l’altro, noi crediamo che più teste pensanti si sforzano di leggere dati, capire meccanismi, azzardare ipotesi, proporre teorie, cercare informazioni e meglio sia – in un regime autenticamente democratico. Da Tina Merlin a Julian Assange, i giornalisti non possono e non devono mai essere ‘attori’ comodi, funzionali al potere, ma spettatori scomodi. E soprattutto dovrebbero mettersi al servizio della verità, il che equivale – in questo caso – a battersi per sapere chi sono i responsabili materiali e morali della distruzione di una infrastruttura che avrebbe giovato alle economie e alla vita di decine di milioni di cittadini europei e senza la quale ci ritroviamo a pagare un prezzo altissimo non solamente a livello energetico (e industriale, con ricadute sul mondo del lavoro e i servizi pubblici), ma anche come pianeta, dato che il gas di scisto statunitense, altamente inquinante e trasportato da gasiere ancor più inquinanti, potrà sembrare un’alternativa accettabile per i Verdi tedeschi ma non per chi abbia interesse in un futuro sostenibile.
Un altro mondo è ancora possibile?
(1) L’elenco completo: “Five George Polk Awards, two National Magazine Awards, and more than a dozen other prizes for investigative reporting. As a staff writer, Hersh won a National Magazine Award for Public Interest for his 2003 articles Lunch with the Chairman, Selective Intelligence, and The Stovepipe. In 2004, Hersh exposed the Abu Ghraib prison scandal in a series of pieces in the magazine; in 2005, he again received a National Magazine Award for Public Interest, an Overseas Press Club Award, the National Press Foundation’s Kiplinger Distinguished Contributions to Journalism Award, and his fifth George Polk Award, making him that award’s most honored laureate“
(2) L’inchiesta di Hersch in lingua originale è pubblicata sulla piattaforma Substack: https://seymourhersh.substack.com/p/how-america-took-out-the-nord-stream
(3) Hersch ha iniziato la sua carriera denunciando il massacro statunitense di civili vietnamiti a Mỹ Lai; e ha poi proseguito con le operazioni di spionaggio domestico della Cia; il Watergate; le torture dei prigionieri iracheni ad Abu Ghraib. In The Samson Option ha descritto i metodi usati dagli israeliani per acquisire il loro arsenale nucleare. Negli anni successivi ha posto dubbi sull’omicidio di Bin Laden, eccetera
(4) L’intervista rilasciata da Hersch a New Left Review: https://newleftreview.org/sidecar/posts/how-to-blow-up-a-pipeline. Il Dispatch News Service International è l’agenzia stampa fondata nel 1968 dai giornalisti Michael Morrow, Dan Derby, Emerson Manawis e da Richard Hughes
(5) SaltCubeAnalyticsPodcast/ per ascoltare Chomsky sugli attentati al Nord Stream 1 e 2, andare a 1.48. Per l’intera intervista https://youtu.be/QplHaF4Ii_Y
(6) Come afferma il Washington Post citato dalla Tass https://tass.com/world/1553631
(7) BALTOPS 22, ossia esercitazioni nel Mar Baltico, organizzate nel 2022 dalla Nato
(8) L’articolo di Sputnik (non a caso, testata censurata in Europa?): https://sputniknews.com/20230216/new-corroborating-evidence-emerges-showing-us-trace-behind-nord-stream-blasts-1107514989.html
venerdì, 24 febbraio 2023
In copertina: Foto di Krzysztof da Pixabay; nel pezzo: immagini di Rheo e di Gerd Altmann sempre da Pixabay (gratuite da usare sotto la licenza di Pixabay)