Dalla terra al cielo
di Simona Maria Frigerio e Luciano Uggè
A Pisa, riapre Santa Maria della Spina quale splendida cornice per una mostra che vuole essere un viaggio nello spazio e nel tempo attraverso un umile oggetto da lavoro: il filo a piombo.
Curioso il fatto che si sia scelta la chiesetta di Santa Maria della Spina – espressione di quel gotico che aspirava, nelle sue guglie e volute, a toccare il cielo con un dito – per ospitare una mostra dedicata al filo a piombo, strumento per muratori (ma non solo) che sembra puntare, da un alto senza limiti, verso il terreno in una retta infinita e infinitamente precisa.
Partendo da queste considerazioni un po’ estemporanee, veniamo a un’esposizione che si giova di una splendida location e che dimostra per quantità e qualità degli oggetti in mostra e per dovizia di particolari un’attenzione e una ricchezza davvero unici.
Volendo dare un ordine cronologico all’esposizione potremmo iniziare con il filo a piombo dell’antico Egitto, di provenienza Alessandro-Tolemaica, databile 332-30 a. C. – un autentico gioiello nel suo campo. Proseguiamo con i pesi in uso nell’antica Roma (pondera) di varie forme e per funzioni diverse, quali quelli per telaio – necessari per tendere l’ordito (e principalmente in terracotta, i cosiddetti pesi fittili). In mostra, anche scandagli da nave per verificare la profondità dei fondali; da pesca, utili a tenere tese le reti; e i fili più rari e pregiati, ossia quelli a forma antropomorfa (probabilmente teste di dee). Tra gli altri dell’antichità, da notare la bacheca dedicata ai fili a piombo ottomani, ben conosciuti perché esposti in musei pubblici e privati – a differenza di quelli italiani spesso abbandonati nei depositi.
A livello geografico, la mostra spazia dall’Italia (dove i fili sono principalmente di origine artigianale e popolare), alla Francia, dalla Gran Bretagna ai pesi di marca e brevettati made in Us.
Anche a livello di utilizzo, si scoprono chicche interessanti. Forse non tutti sanno che esistevano fili a piombo per tappezzieri, in uso soprattutto negli Stati Uniti, leggeri in modo da non danneggiare, con le oscillazioni, la carta da parati e di forma piatta per aderire meglio alle pareti; da miniera, appesi con catene perché le corde potevano incendiarsi, dato che nella parte superiore del piombo si posizionava un serbatoio con il combustibile nel quale era immerso lo stoppaccio; da inaugurazione, in avorio ma spesso falsi poiché fabbricati utilizzando, al posto del materiale pregiato, palle da biliardo; e, ancora, da carpentiere, di origine francese e di discendenza gallo-romana, da utilizzare nei boschi per costruire le case in legno. Tra i piombi particolari, infine, quelli meccanici, con sistemi per il riavvolgimento della corda.
In mostra, anche uno spazio dedicato agli accessori, quali distanziatori di legno, foderi per pesi, rocchetti e squadre antiche. Su una parete si possono persino scoprire alcuni esemplari di archipendolo, strumento già noto agli egizi e ai romani, necessario per costruire piani orizzontali utilizzando la verticale del filo a piombo.
Gran finale con la groma (gentilmente fornita dall’Associazione Culturale romana SPQR) che serviva per intersecare a 90° le strade dell’Impero (cardo e decumano).
Ma il gioco potrebbe continuare, con fili a piombo per architetti, per artisti, a doppio bulbo: ai lettori recarsi in visita per scoprirli tutti.
La mostra si è tenuta:
Santa Maria della Spina
Lungarno Gambacorti – Pisa
Cercando la Verticale tra Arte e Tecnologia
mostra di Fili a Piombo antichi
(collezione privata Riccardo Chetoni)
curatore Riccardo Chetoni
venerdì, 24 febbraio 2023 (la recensione riguarda la mostra tenutasi dal 4 al 30 giugno 2014, in originale in Anche i critici nel loro piccolo…)
In copertina: Un particolare della Locandina (utilizzata nel 2014 per pubblicizzare l’esposizione pisana)