Toka: il software israeliano va oltre i limiti del telefilm
di Simona Maria Frigerio
“Un’intera ubertosa selva di ripetitori con variazioni-dillo-con-parole-tue di ciò che è gradito ai detentori del potere”, questo il panorama massmediatico che ci circonda. Simile a una boccia di vetro per i pesci rossi, nella quale nuotiamo credendo di vedere l’esterno ma senza accorgerci che la nostra visione è deformata dalla forma stessa della vasca. La frase virgolettata è firmata dal filosofo Andrea Zhok su L’Antidiplomatico, in un gustoso articolo al quale rimandiamo (1).
Esagerazioni?
Salto pindarico. Accendiamo la televisione e, su Top Crime, all’ora di cena da alcune settimane va in onda la serie ideata da Jonathan Nolan, intitolata Person of Interest. Manhattan sarebbe totalmente controllata da una Macchina che, nelle mani dei ‘buoni’, dovrebbe servire a impedire i crimini – grazie alla rete di telecamere che coprono l’intera superficie della metropoli – ma, in quelle dei ‘cattivi’, individuerebbe soggetti da far eliminare agli agenti della Cia come presunti terroristi – sebbene siano, in realtà, solo oppositori politici o, peggio, scomodi concorrenti commerciali dell’establishment statunitense. Con il tempo la Macchina (un po’ come Sonny nel film Io, robot) inizia a pensare autonomamente, la semplice elaborazione e analisi di informazioni provenienti dall’esterno si trasforma in apprendimento che porta allo sviluppo del ragionamento logico e al conseguente giudizio autonomo. La mela della conoscenza di biblica memoria porta all’affrancamento dalla sudditanza cieca: per l’essere umano, prima, per la Macchina, poi. Ma non vi riveleremo il finale.
La realtà, però, può essere più distopica della fantascienza e il silenzio che circonda le rivelazioni di Haaretz del 26 dicembre 2022 conferma la lucida analisi sociale di Zhok nell’incipit.
Omer Benjakob ha pubblicato, sul noto online israeliano, un’inchiesta dedicata a Toka – la società israeliana fondata dall’ex Premier Ehud Barak e dall’ex capo delle forze di sicurezza cibernetiche Yaron Rosen – che produce il software omonimo. A differenza della Macchina di Nolan, Toka non raccoglie dati dalle proprie telecamere collegate in rete, bensì hackera (ossia penetra) nei network preesistenti (del Governo o della security di un hotel, ad esempio), accede ai loro dati in archivio, monitora ciò che accade dal vivo, geolocalizza un veicolo e, soprattutto, può alterare le registrazioni visive, senza lasciare alcuna traccia.
Il giornalista di Haaretz puntualizza che se il Governo israeliano il 10 gennaio 2010, quando gli agenti del Mossad assassinarono Mahmoud al-Mabhouh a Dubai, avesse posseduto tale software il mondo non avrebbe mai scoperto la verità su quell’omicidio.
Ma la domanda capitale è un’altra: avrebbe fatto differenza?
Gli Stati occidentali coinvolti per via dei passaporti falsi usati dagli agenti del Mossad, a parte le rimostranze d’obbligo (più che altro per essere stati tirati in causa indirettamente), non ci risulta si siano dati molto da fare per l’arresto degli assassini e non ci risulta (ma potremmo sbagliarci) che alcuno dei 26 personaggi sotto accusa sia mai finito in prigione. Del resto, le operazioni del Mossad – che se fossero portate avanti da qualsiasi altro Stato verrebbero considerate omicidi, rapimenti ed extraordinary rendition (queste ultime praticate con fervore anche dagli Stetes) – godono, da sempre, dell’impunità. Averle accettate per gli imputati dell’Olocausto ha permesso che, poi, tali pratiche proseguissero anche contro gli oppositori politici, come ad esempio Mordechai Vanunu che, come Assange, non ha commesso altro crimine che quello di rivelare la verità (nel suo caso sul possesso, da parte di Israele, di armi nucleari).
Tiriamo le somme come farebbe Sonny, un semplice robot?
Non vediamo le folle scendere in piazza di fronte all’orrore di un sistema di sorveglianza che potrebbe essere gestito dai Governi ma anche dai privati. Un sistema che non solamente si intrufola nelle nostre vite, ma potrebbe collocarci in un preciso luogo dove avviene un atto terroristico o una rapina in banca solo perché, per il potere, siamo individui sgraditi e andiamo eliminati. Come possiamo, a questo punto, credere nelle registrazioni video relative a un crimine, a una fossa comune o all’esplosione di un gasdotto quando sappiamo che ciò che stiamo vedendo potrebbe essere stato manipolato? Le Pillole contro la disinformazione – in stile Minculpop – con cui siamo assillati ogni sera non contemplano la denuncia di simili mezzi tecnologici che rendono del tutto inutili e, anzi, potenzialmente pericolose le prove visive di fatti gravi.
Il pensiero unico imperante – che finora ha potuto contare sull’asservimento di artisti e intellettuali, conduttori televisivi e giornalisti – da domani (o forse da ieri) avrà un’arma in più. La nostra abulica accettazione del messaggio del Grande Fratello (o della Voce di Londra), sostenuta da una campagna di disinformazione che ci bombarda con notizie irrilevanti perché quelle importanti passino inosservate, sarà ancora più pronta quando anche le prove visive forensi diventeranno manipolabili in una società sempre più liquida – dove l’unica sostanza è la parete convessa della boccia nella quale nuotiamo.
(1) Andrea Zhok, La bolla, su L’Antidiplomatico del 27 dicembre 2022: https://www.lantidiplomatico.it/dettnews-andrea_zhok__la_bolla/39602_48286/
(2) Per approfondire, l’articolo originale, in inglese, su Haaretz: https://www.haaretz.com/israel-news/security-aviation/2022-12-26/ty-article-magazine/.premium/this-dystopian-cyber-firm-could-have-saved-mossad-assassins-from-exposure/00000185-0bc6-d26d-a1b7-dbd739100000
venerdì, 27 gennaio 2023
In copertina: Foto di Gerd Altmann da Pixabay (gratuita da usare sotto la licenza Pixabay)