…il segreto della Terza guerra mondiale?
di Simona Maria Frigerio
Avete un panorama da Caraibi di fronte ai vostri occhi, proprio quello della pubblicità – senza nemmeno bisogno dello snack per immaginarlo: spiaggia dorata che brilla al sole intervallata da palme e alberi fioriti di carnose campanule gialle di fronte a un mare che vira dal color smeraldo al blu di Prussia, tagliando netto l’orizzonte. Vi pare quasi, per la prima volta nella vostra vita, di scorgere il mitico raggio verde che avete inseguito fin dai tempi in cui guardavate i film di Rohmer. L’occhio resta muto di fronte a tanta bellezza finché… errando tra luci e ombre, scorgete un gruppetto di giovani – per metà tedeschi e per metà statunitensi – biondi, ariani o Wasp, statuari come gli dei di Leni Riefenstahl che, di fronte alla magnificenza della natura, si aggiustano il cappellino da baseball, si sciolgono i capelli (ovviamente lunghi le ragazze, stile palla da bowling i ragazzi), si lisciano i due peli di barba molto fashion, si scostano giusto quel centimetro di costume microscopico che copre troppo la ‘chiappa’, tirano fuori bicipiti labbra o culo, si mettono in posa, e partono coi selfie a mitraglia per immortalare ciò che realmente li affascina: loro stessi.
Mentre questa spensierata gioventù benestante occidentale si gode il meritato riposo dopo le fatiche immani di oltre due anni di lockdown e, per alcuni, di studio ed esami universitari online, i loro opulenti papà e mamme si sono riuniti a Davos o nella base militare statunitense su suolo tedesco (retaggio della Guerra Fredda, che è finita solo per i russi) di Ramstein per discutere del mondo che verrà e di come proseguire la macelleria in Donbass.
A Davos si è sentito di tutto e il contrario di tutto. Mentre Bourla, sollecitato da colleghi della stampa non mainstream, ha preferito non commentare le domande incalzanti su come si faccia ad arricchirsi vendendo un vaccino non testato per immunizzare; gli States hanno sostenuto l’idea di imporre sanzioni alla Cina (per indebolire, immaginiamo, di conseguenza la Russia o per renderla più malleabile ai nostri desiderata); mentre altri intervenuti, come il Presidente di Siemens AG, Jim Hagemann, avrebbero affermato che l’essere umano costituzionalmente onnivoro debba smettere di mangiare carne (tanto le proteine le potremo incamerare con il nuovo business di insetti, aracnidi e larve) per combattere il cambiamento climatico (tesi da accettare, ovviamente, con la stessa fede cieca con cui ci si è fatti inoculare un vaccino che ci ha permesso di contagiare e contagiarci allegramente e in tutta libertà).
Ma è a Ramstein che è emerso il meglio del pensiero unico occidentale: sostenere l’Ucraina contro l’autodeterminazione del popolo del Donbass e, si comincia a sospettare, per conquistare le risorse energetiche russe (così da rilanciare l’economia capitalistica occidentale in crisi profonda, come auspica, ad esempio, la Ministra delle Finanze canadese, di origine ucraina, Chrystia Freeland, la quale avrebbe dichiarato pubblicamente che la sconfitta della Russia “darebbe un enorme impulso all’economia globale”).
Il primo risultato di Ramstein e della Nato è stato, però, un parziale fallimento: la Germania aveva dichiarato che non avrebbe mandato i suoi carri armati Leopard 2 a meno che gli Usa non avessero fatto altrettanto con i propri M1 Abrams (ma il cambiamento di idee è stato subitaneo, vista la mancanza di consequenzialità dell’attuale Governo: verde, ma favorevole a carbone e gas di scisto). Dietro tanta testardaggine teutonica non si capiva, però, cosa si nascondesse. Alcuni osservatori avevano azzardato l’ipotesi che Berlino non volesse rischiare il prestigio dei fiori all’occhiello della propria industria bellica mettendoli in mani inesperte e perdendo, a fronte di performance sul campo di battaglia deludenti, commesse future. Altri sostenevano che, con l’aumento del costo dell’energia, non si sarebbe stati in grado di produrre agli attuali prezzi e, quindi, un successivo rincaro dei mezzi da acquistare per il rimpiazzo in patria sarebbe pesato troppo sulla fiscalità tedesca. Siano vere, in parte o totalmente, tali ipotesi, fatto sta che solo qualche giorno fa Berlino e Washington tentennavano. Ma come fa notare Lloyd Austin, il Segretario della Difesa statunitense, che ha fatto gli onori di casa nella più grande base aerea a Stelle e Strisce fuori dagli Us, gli ‘alleati’ avrebbero dato assicurazioni per ingenti quantitativi di altre armi.
Berlino è l’ago della bilancia anche per quanto riguarda i suoi Leopard in mano a polacchi e finlandesi – che sarebbero desiderosi di inviarli al fronte. Parrebbe addirittura che la Polonia voglia fornire i suoi 40 persino senza l’approvazione tedesca all’esportazione, come ha dichiarato il vice-ministro degli Esteri, Pawel Jablonski, alla stazione radio RMF FM: “Non escludiamo di fare tale passo” – ovviamente senza tenere in considerazione l’opposizione della società civile, scesa in piazza contro il coinvolgimento della Polonia nella guerra proprio in questi giorni.
Il Presidente ucraino Volodymyr Zelensky, dal canto suo, ha spinto ulteriormente per forniture (pro bono causa?) di armi pesanti e, nel suo messaggio video, avrebbe persino invocato i presenti di “passare alla storia come la Ramstein degli F-16 e dei missili a lungo raggio” (non allontanandosi, ormai, troppo dalla realtà). Del resto è il New York Times a informarci che Washington avrebbe dichiarato che l’Ucraina avrebbe bisogno di armi diverse per attaccare la Crimea (il che significherebbe spostare la guerra in territorio russo e provocare una ulteriore escalation non prevedibile). Ci chiediamo ogni giorno di più, di fronte a tale spirito bellicista, cosa sarebbe successo al popolo del Donbass se non fosse intervenuta la Russia (scusateci, ci eravamo dimenticati che tale entità territoriale è stata cancellata dai libri di storia e geografia occidentali).
Il Segretario Generale della Nato, Jens Stoltenberg, avrebbe comunque ‘salvato la reputazione’ della Germania – nonostante il momentaneo diniego all’invio di Leopard – affermando che la stessa resta uno tra gli alleati che sta fornendo il maggior supporto all’Ucraina: “Artiglieria, munizioni, sistemi di difesa aerea e ora anche i veicoli da combattimento Marder: la Germania è leader negli aiuti all’Ucraina in molte, molte aree”. Lloyd Austin, sulla scia dell’allora nulla di fatto sui carri armati, per ‘salvare la faccia’ dell’Alleanza Atlantica, ha sollecitato gli alleati “to dig deeper”, ossia a rovistare nei magazzini dove si trovano le scorte di armamenti per fornire all’Ucraina tutto quanto le serve.
I prossimi aiuti ‘umanitari’ all’Ucraina
Non è più il tempo delle carovane di cibo e medicinali, dell’accoglienza dei medici profughi (per sostituire i nostri non vaccinati), dei sistemi difensivi e delle schermaglie sull’appoggio o meno a una parte belligerante. Ormai la Nato è chiaramente schierata e, se ancora tentenna a inviare uomini (forse perché non ne avrebbe per combattere una guerra di terra), è alla lista della spesa e gli Stati europei rispondono prontamente. La Finlandia ha annunciato 400 milioni di euro di aiuti militari, incluse munizioni e artiglieria pesante. Gli Uk invieranno 600 missili Brimstone; la Danimarca 19 obici di fabbricazione francese Caesar, mentre l’ex neutrale Svezia ha promesso il suo sistema di artiglieria Archer – da notare che quest’ultima e la Finlandia non sono nemmeno Paesi membri della Nato, ma forse tutti sperano di pascersi sulle spoglie della Russia.
Già il 4 gennaio il Presidente francese Macron aveva avuto una conversazione telefonica con l’omologo ucraino, Zelensky, in cui gli annunciava l’invio a mezzo nave di un certo numero di carri armati leggeri AMX-10 RC, prodotti tra il 1976 e il 1994 (il che sa un po’ di fondo di magazzino…). Anche lui, notiamo, sordo al grido delle piazze francesi che vogliono la pace e non lavorare fino alla morte per finanziare una guerra che non è la loro.
Ma il meglio arriverà dagli States. L’amministrazione Biden è riuscita a fare approvare un nuovo pacchetto di aiuti militari per 2,5 miliardi di dollari. Il Pentagono ha annunciato che vi saranno inclusi 59 veicoli da combattimento di terra Bradley (IFVs) con 590 missili anti-carro TOW e 295.000 caricatori con munizioni da 25mm; 90 mezzi di trasporto blindati Stryker (APCs) con 20 sistemi di sminamento meccanico, 8 sistemi di difesa aerea Avenger, ulteriori munizioni per i sistemi missilistici terra-aria (NASAMS) e gli HIMARS, oltre a missili anti-radiazione ad alta velocità (HARMs). Oltre a ciò, 53 veicoli resistenti alle mine (MRAPs), 350 veicoli multitask HMMWVs, 20.000 caricatori con proiettili da 155mm e 95.000 da 105mm oltre a circa 11.800 caricatori per mortaio da 120mm. E se non bastassero, più di 3.000.000 di caricatori per armi leggere e approssimativamente 2.000 razzi anti-carro.
Pensate sia tanto? I soli Stati Uniti hanno già stanziato oltre 24 miliardi in aiuti militari all’Ucraina dall’inizio dell’Operazione Speciale russa in Donbass. Se non sono bastati quegli armamenti, a cosa servirà meno di un decimo degli stessi se non a continuare la macelleria degli ucraini filo-russi e filo-Kiev nella speranza che la Russia si dissangui economicamente? E chi imbraccerà quelle armi con le perdite reali che sta registrando ogni giorno l’Ucraina? Vedremo i dodicenni di Kiev con il fucile in spalla come ai tempi della caduta del Terzo Reich?
Gli aggiornamenti al 26 gennaio 2023
La succitata era la situazione al 22 gennaio. Tra le ultime notizie di quello che si può ormai definire Bollettino di guerra, registriamo che i Paesi Bassi sembrano intenzionati a supportare la cosiddetta campagna di primavera del Presidente Zelensky con i propri F16 e a comperare 18 Leopard 2 tedeschi da spedire al fronte. Anche il Cancelliere Sholz ha già cambiato idea (dimostrando tutta la sua fermezza): la Germania invierà 14 Leopard 2 e Biden, nel frattempo, manderà a Kiev 31 Abrams 1. Gli Uk, infine, hanno già promesso 14 Challenger 2 e la Spagna (secondo l’agenzia stampa Ria Novosti) forse 40 Leopard 2, mentre il Portogallo 4.
Ma tutto questo smaniare per l’invio di un centinaio, o persino duecento, carri armati cosa nasconde? Il timore di perdere, come Nato, la guerra e la supremazia del pensiero unico? Oppure che i Brics (oggi Pil numero 1 al mondo) emettano una propria moneta, che finirebbe per essere più competitiva dell’euro, ex spina nel fianco del dollaro – uno tra i motivi della guerra economica degli Us non contro la Russia, bensì effettivamente contro l’Unione Europea?
Cento o duecento carri armati, da saper maneggiare, manutentare e riparare cosa significano veramente sul campo? Il 24 gennaio il Ministero della Difesa russo segnalava di avere abbattuto, dall’inizio dell’Operazione Speciale, 376 aeroplani e 203 elicotteri ucraini, oltre a 2.944 droni, 402 sistemi missilistici antiaerei (teniamo conto che l’Italia vorrebbe inviarne uno, di cui non sappiamo i tempi esatti di smontaggio, montaggio e addestramento del personale), 7.614 tra carri armati e veicoli corazzati, 988 veicoli da combattimento equipaggiati con lanciamissili multipli, 3.898 mortai e cannoni, eccetera.
Un’altra nota a margine che la propaganda guerrafondaia non contempla è stata fatta notare dal Presidente del Comitato centrale del PCFR (Partito Comunista della Federazione Russa), Gennady Zyuganov, durante la sessione alla Duma del 17 gennaio, come riportato dai colleghi – sempre attenti – de L’Antidiplomatico (1). Ossia che la Russia potrebbe mettere fine a questa guerra molto più velocemente di quanto pensiano se interrompesse le “linee di rifornimento dell’Ucraina”. Zyuganov afferma che: “ci sono solo quattordici ponti, quattro passaggi ferroviari e due gallerie che collegano l’Ucraina all’Europa. E i canali di approvvigionamento di armi e munizioni avrebbero potuto essere chiusi da tempo”. Perché finora il Presidente Putin non ha ordinato di bombardarli? Può essere perché conta sulla superiorità numerica del proprio esercito e dell’aviazione (ma se inviamo gli F16…). Può essere perché consapevole che la Russia produce in proprio le armi che utilizza e, quindi, lo Stato finanzia la propria industria bellica ottenendone in cambio tasse e lavoro – mentre l’Europa si dissanguerà, tagliando lo stato sociale, per rimpiazzare ciò che invia oggi in Ucraina. Ma potrebbe anche essere che il Presidente Putin consideri un imperativo non far degenerare la guerra in barbarie, distruggendo vie di comunicazione primarie, ponti e gallerie a meno di non esservi costretto dalla Nato (che tali considerazioni non ha mai contemplato dall’Iraq a Belgrado, passando per l’Afghanistan).
Del resto, la memoria dei Paesi europei è corta se, come scrive il Ministero degli Esteri russo, la vice-Primo Ministro e Ministro degli Esteri slovena, Tanja Fajon, afferma: “Dobbiamo avere cura delle regole del diritto internazionale e rispettarle, invece di cambiarle quando i Paesi scelgono la strada di non farlo. La Russia ha preferito la seconda. Ciò significa che esistono Paesi che rispettano le regole e altri i loro interessi nazionali, che si estendono aldilà delle regole” (t.d.g.). Affermazione facilmente confutabile se si avesse un minimo di memoria storica. Senza ricordare che sono stati Merkel e Holland ad ammettere che l’Europa – garante – non è mai stata intenzionata a mettere in atto gli Accordi di Minsk, la Slovenia non più tardi del 23 dicembre 1990 tenne il famoso referendum sull’indipendenza dalla Jugoslavia, dichiarata unilateralmente il 25 giugno 1991 – chissà perché la stessa legittimità non avrebbero dovuto averla, i referendum tenutisi in Donbass l’11 maggio 2014.
I conti della serva
Mentre la Francia vuol rimettere mano al sistema pensionistico, la Spagna alla sanità, e così via – non più perché ‘ce lo chiede l’Europa’, bensì perché ‘ce lo impone la guerra’ – è obbligo sapere, come cittadini consapevoli, che un Leopard 2 costa circa 5,74 milioni di dollari, un Abrams 1 o 2 dai 4 ai 6 milioni di dollari e un F16 da 30 a 70 milioni di dollari, un F35A circa 78 milioni mentre un B quasi 136 milioni. Non teniamo conto degli eventuali rincari (già segnalati) dovuti all’aumento dei prezzi dell’energia.
Chiudiamo con un’amara considerazione. Mentre in vari Paesi la società civile sta scendendo in piazza per fermare la guerra, l’Italia sembra ancora in balia della medesima propaganda ottundente del periodo pandemico. Fabio Fazio, colui che non avrebbe nemmeno fatto rientrare a scuola gli insegnanti non vaccinati, adesso affermerebbe: “Pare che i generali russi siano spietati anche con i propri soldati-ragazzini. Pare che sia stato creato un battaglione anti-ritirata. Cioè sostanzialmente per ammazzare chi tenta di scappare”. Aldilà che non sappiamo quali siano le fonti del signor Fazio, basta mettere in collegamento le sinapsi per capire che qualcosa non quadra nel ragionamento (come non quadrava la sua narrazione del vaccino immunizzante, mentre ci contagiavamo a milioni grazie al Green Pass). Chi può credere a un battaglione (tra i 500 e i 1.000 uomini) che corre lungo l’intero fronte di combattimento (circa 1.000 chilometri), avanti e indietro, per uccidere un eventuale disertore tra i 300.000 militari coscritti che sappiamo avere un’età media di 35 anni (i ragazzini non si sa da quale ‘cilindro’ escano)? Questa è l’informazione sulla nostra tivù di Stato?
E dove è finito il Movimento per la Pace? Dove è finita quella sinistra che voleva la dissoluzione della Nato, e andò fino ad Aviano a manifestare? Oggi i giovani europei non dovrebbero scendere in piazza, come i giovani cinesi a Tienanmen, armati solo dei loro corpi per fermare l’invio dei carri armati, dei missili a lungo raggio, dei sistemi di difesa che finiscono per far precipitare i missili russi negli abitati ucraini (dato che Kiev li installa in zone residenziali) e degli F16 e successivi? Perché è sul nostro suolo che passeranno e serviranno solo a uccidere, militari e civili, ucraini filo-russi, ucraini filo-Kiev, russi e mercenari occidentali. Tutti come Piero, di fronte alla morte.
Del resto, è la Terza guerra mondiale, baby. Simile a tutte quelle combattute dalla Prima guerra del Golfo in avanti (ma un po’ più vicina ai nostri confini e con la seria possibilità di un allargamento ai nostri territori se proseguiremo su questa strada). Al momento non ci riguarda, e non riguarda nemmeno questi giovani che si fanno i selfie su spiagge tropicali, o magari trovano divertente gettare salsa di pomodoro su qualche plexiglass per essere immortalati dai tabloid, mentre la paghetta arriva da padri che faranno di tutto per continuare a passaglierla, mantenendo lo status quo di potenza unipolare globale.
(1) traduzione dal francese dell’intero discorso a cura di Aginform – originale russo in https://kprf.ru/party-live/cknews/215997.html
(2) https://twitter.com/AdrianaSpappa/status/1617544626533208066
venerdì, 27 gennaio 2023
In copertina: Thailandia da sogno (foto della Redazione di InTheNet, vietata la riproduzione)