Tra pochi giorni, la seconda Stagione debutta su HBO
di Simona Maria Frigerio
Nel 2022 abbiamo assistito alla riproposizione di un personaggio che sicuramente ha accompagnato per anni il nostro immaginario da legal drama ben prima che questo termine anglosassone entrasse nel lessico televisivo, ossia Perry Mason.
Un Mason all’inizio della carriera (per alcuni episodi fa ancora il detective privato), che scalda i muscoli in tribunale mentre sta formando la squadra che lo renderà famoso – una Della Street lesbica perché la segretaria nubile e devota non è più credibile, e un Chris Chalk nero nei panni del bianchissimo Paul Drake in ottemperanza al politically correct. A interpretarlo, il gallese Matthew Rhys, più convincente nei panni di Kevin Walker nel polpettone a Stelle e Strisce Brothers & Sisters o nel prevedibile cold war style, The Americans.
Il prodotto è tipicamente HBO e, quindi, potrebbe e dovrebbe avere l’afflato delle saghe – come nel caso del capolavoro dell’emittente, Boardwalk Empire che, però, si giovava di un protagonista di un altro livello come Steve Buscemi. Qui, in ogni caso, ritroviamo lo stesso regista Tim Van Patten (che ogni tanto scambia la palla con Deniz Gamze Ergüven, regista donna) e lo stesso direttore della fotografia, Kramer Morgenthau (anche ne Il caso Thomas Crawford), il migliore dietro e di fronte alla macchina da presa.
In verità l’inizio della serie fa ben sperare (i primi due episodi, per la precisione): vi è una dose di ambiguità che rimanda a L.A. Confidential e a quella corruzione nella polizia che contraddistinguerà molti film e romanzi ambientati nella Los Angeles degli anni tra i Trenta e i Cinquanta. L’atmosfera nerissima vira quasi al dark di un Gotham, mentre l’antieroe cerca di imitare il Bogart disilluso e romantico à la Sam Spade o à la Philip Marlowe – senza, ovviamente, riuscirci.
Coadiuvato nelle prime puntate da un monumentale John Lithgow (chi non lo ricorda nel ruolo di Burke in Blow Out e in Raising Cain/Doppia personalità, entrambi di Brian De Palma?), quando tocca a solo a Rhys e agli sceneggiatori portare avanti un plot eccessivamente intricato (soprattutto per solo otto puntate) la faccenda si complica.
I personaggi si sfaldano, la trama perde mordente quando più dovrebbe acquisirne, la soluzione del caso sembra acqua gettata tra le dita di un bambino che, invece di berla, la disperde leccandosene poche gocce. La denuncia di una setta e dei meccanismi di complicità con la polizia sono sotterrati da un processo in cui le accuse vertono contro una madre che dovrebbe essere condannata non in quanto complice bensì in quanto adultera. Una sceneggiatura che si rivela più adatta a un polpettone anni Cinquanta che non a un serial del 2022.
Vedremo se la seconda Stagione, con il timone che passa dai produttori esecutivi Rolin Jones (già Boardwalk Empire) e Ron Fitzgerald a Jack Amiel e Michael Begler, vedrà un salto di qualità. Avremo una maggiore adesione al sentire contemporaneo e una sceneggiatura più fluida che, però, non edulcori ma si esalti nel finale? Oppure il prodotto diventerà ancor più prevedibile e mainstream? Ai posteri l’ardua sentenza.
venerdì, 20 gennaio 2023
In copertina: La Locandina della serie.