Repetita iuvant?
di Simona Maria Frigerio e Luciano Uggè
Nel 2021 scrivevamo, a proposito del precedente spettacolo di Sotterraneo, Atlante linguistico della Pangea: “In questo lavoro si notano molti tra i punti di forza ma anche i limiti della Compagnia. Se da un lato, non si ha la minima sbavatura a livello tecnico (luci, suoni e rumoristica, apparato scenico, interpretazione, mix di linguaggi, tempi e, soprattutto, una sottile ironia in sottotraccia), è il contenuto a mancare”.
Con L’Angelo della storia (quella con la s minuscola, antipositivista e non antropocentrica, per fortuna) ci ripetiamo.
Sara Bonaventura, Claudio Cirri, Lorenza Guerrini, Daniele Pennati e Giulio Santolini, sul palco, e Daniele Villa, dietro le quinte, sono una macchina spettacolare raffinata e godibile, che utilizza con grande intelligenza una serie di tecniche – ormai stilemi del loro fare teatrale – con precisione e spregiudicatezza, vanta un orecchio attento agli accompagnamenti musicali e una precisione svizzera nei ritmi (i cellulari del pubblico che suoneranno, come previsto dalla Compagnia, nell’esatto momento in cui, sulla scena, deve svolgersi una particolare azione – e questo avviene oltre 50 minuti dopo l’inizio dello spettacolo – è numero da applauso).
Ma il contenuto latita. Sebbene miei esimi colleghi scomodino, sulla scia delle presentazioni dello spettacolo, filosofi del calibro di Walter Benjamin, i rimandi restano superficiali. Non basta presentare una serie di aneddoti – alcuni gustosi, altri meno – per incarnare la visione di un materialista storico come Benjamin, antipositivistico e antilineare. Ovvero, non basta utilizzare continui flash-forward o tradurre sulla scena l’immagine dell’Angelus Novus di Paul Klee (la scena migliore con quella delle balene, la statua di Lenin e i musicisti che continuano imperterriti a suonare fino all’affondamento del Titanic) per esemplificare un complesso pensiero filosofico.
Facciamo un esempio chiarificatore. Aver messo in scena Yukio Mishima mentre pratica il seppuku, ridicolizzandolo, è teatralmente efficace in quanto il pubblico ignorante ride, ma è filosoficamente e politicamente scorretto in quanto il suicidio è scelta che andrebbe sempre rispettata e, inoltre, Mishima non era una specie di reazionario esaltato come la storiografia dei vincitori, ossia degli statunitensi, vorrebbe consegnarcelo ma figura che va collocata in un quadro anticapitalistico che non è affatto distante dalla critica coeva pasoliniana (che la stessa storiografia borghese vorrebbe reazionario e pervertito). Proprio Benjamin criticava quello storicismo che giustifica gli eventi storici assumendo il punto di vista dei vincitori (come fa Sotterraneo).
Facciamo anche un altro esempio. Nelle Tesi di filosofia della storia, che Benjamin scrisse negli ultimi mesi di vita, riandando fin dal titolo alle 11 Tesi su Feuerbach di Carl Marx, egli vuol far saltare la visione lineare e progressista (da cui non è esente nemmeno una parte del pensiero comunista), ossia “il ‘continuum’ della storia” grazie all’azione propria “delle classi rivoluzionarie nell’attimo della loro azione. […] Al concetto di un presente che non è passaggio, ma in bilico nel tempo ed immobile, il materialista storico non può rinunciare. Poiché questo concetto definisce appunto il presente in cui egli per suo conto scrive la storia. Lo storicismo postula un’immagine eterna del passato, il materialista storico un’esperienza unica con esso. Egli lascia che altri sprechino le proprie energie con la meretrice ‘C’era una volta’ nel bordello dello storicismo. Egli rimane signore delle sue forze: uomo abbastanza per far saltare il ‘continuum’ della storia” (visione che, in paleontologia e biologia, potremmo semplicisticamente tradurre nella Teoria degli equilibri punteggiati di Niles Eldredge e Stephen Jay Gould). Chi postuli l’azione rivoluzionaria, immanente, non può essere ridotto e tradotto (a meno che non si stia spiegando il concetto a dei bambini) in una serie di aneddoti che vanno dall’omicidio involontario di Joan Vollmer a opera del marito William Burroughs (durante uno dei loro droga/alcool party) alla creazione di GFP Bunny, un coniglio transgenico albino che, se esposto alla luce UV, diventa verde fluorescente. Per passare dall’aneddotica all’azione critica sarebbe dovuto emergere che Barroughs se la cavò a livello giudiziario, in maniera molto borghese, grazie alle fortune di famiglia; o che GFP Bunny non fu commissionato da Eduardo Kac come animale da compagnia bensì come opera d’arte (sic!).
Vi è una profonda differenza tra snocciolare aneddoti e mettere in scena un’azione rivoluzionaria che può incidere nel presente e, di conseguenza, infrangere il corso storico. Allo stesso modo qui siamo di fronte a uno spettacolo che raccoglie applausi ma non modifica nulla perché non sollecita lo spirito critico degli spettatori, esempio di quel teatro che, come diceva Carmelo Bene, “non fa morti, che non sollecita crimini, delitti, sabotaggi” e, quindi “non può essere teatro, è spettacolo”.
Lo spettacolo è andato in scena:
Piccolo Teatro Mauro Bolognini
via del Presto, 5 – Pistoia
sabato 17 dicembre 2022, ore 21.00
L’Angelo della storia
creazione Sotterraneo
ideazione e regia Sara Bonaventura, Claudio Cirri e Daniele Villa
in scena Sara Bonaventura, Claudio Cirri, Lorenza Guerrini, Daniele Pennati e Giulio Santolini
scrittura Daniele Villa
luci Marco Santambrogio
costumi Ettore Lombardi
suoni Simone Arganini
montaggio danze Giulio Santolini
responsabile produzione Eleonora Cavallo
assistente produzione Daniele Pennati
responsabile amministrativa Federica Giuliano
promozione internazionale Laura Artoni
produzione Sotterraneo
coproduzione Marche Teatro, Associazione Teatrale Pistoiese, CSS Teatro stabile di innovazione del FVG, Teatro Nacional D. Maria II
venerdì, 20 gennaio 2023
In copertina: Una scena dello spettacolo, foto di Giulia di Vitantonio, courtesy Inteatro Festival45 (gentilmente fornita dall’Ufficio stampa dei Teatri di Pistoia)