Intervista a Enzo Perfetto. Seconda parte
di Simona Maria Frigerio
Continuiamo l’intervista con il delegato del sindacato di base, Enzo Perfetti. Nella prima parte, la settimana scorsa (1), avevamo parlato del nuovo Codice di comportamento per i dipendenti pubblici, dello sciopero generale del 2 dicembre scorso, del rinnovo dei contratti e della precarizzazione. Riprendiamo la nostra conversazione con il tema della sicurezza sui luoghi di lavoro (2).
Enzo Perfetto: «I morti sul lavoro, nel nostro Paese, sono una vera emergenza. Di loro si parla solo a fatto avvenuto – e non sempre. L’unica fonte che affronta l’argomento in maniera completa fornendo dati precisi è l’Osservatorio Nazionale Morti sul Lavoro di Bologna, istituito da Carlo Soricelli il 1° gennaio 2008, a seguito del decesso dei sette operai della ThyssenKrupp di Torino (3). Prendiamo un solo dato, dall’inizio del 2019 a ottobre dello stesso anno, sono morti 1.242 lavoratori, 335 sul luogo di lavoro, i rimanenti in itinere e in incidenti stradali. Ma questa è solo una parte, in quanto ci sono anche gli agricoltori, spesso pensionati, che non possono fare a meno di continuare a lavorare nei loro campi e, in caso di decesso, non sono dichiarati come morti sul lavoro. Il tutto resta nell’ombra. Anzi, quando si cerca di dar loro visibilità si rischia di essere accusati di sensazionalismo. Nell’ottobre scorso, durante la manifestazione organizzata da CGiL, Cisl e Uil proprio su questo tema, si sono verificati ben 4 decessi sul luogo di lavoro, e i dati che erano snocciolati dal palco (se ben ricordo 600 morti) erano sicuramente sottostimati (4)».
Sempre nella giornata del 2 dicembre, la Cub ha chiesto l’annullamento delle sanzioni amministrative a carico dei lavoratori non vaccinati, ma altresì un risarcimento per quelli sospesi o licenziati per tale motivo. Eppure la Corte Costituzionale ha definito non fondata persino la richiesta di un eventuale assegno alimentare. E i confederali hanno accettato supinamente il green pass e persino il divieto per i non vaccinati di lavorare da casa – dove, ovviamente, non potevano contagiare nessuno.
E. P.: «La Cub, in generale – fin dall’inizio di quella denomino psico-pandemia – dove poteva e dove aveva le forze per farlo, ha sostenuto coloro che lottavano contro la dittatura sanitaria, contro il green pass, il super green pass, l’obbligo vaccinale e tutte le disposizioni imposte senza una base giustificativa. Ma per essere chiari e per non essere etichettati semplicemente come no-vax, queste misure – che non sono sanitarie ma politiche – non hanno ottemperato all’effetto previsto dalle istituzioni di ridurre o in qualche modo interrompere la diffusione del contagio del cosiddetto Covid-19. Questo prova che avevano una finalità, come ho già detto, che non era sanitaria».
Il 2 dicembre la vostra piattaforma rivendicativa era molto più complessa della semplice (seppur doverosa e legittima) richiesta di aumenti salariali.
E. P.: «Quando abbiamo deciso di indire lo sciopero generale, noi – come collettivo Inps, in particolare – abbiamo detto chiaramente che lo sciopero doveva servire non solo per indicare quelle che sono le necessità di lavoratrici e lavoratori legate al salario ma occorreva porre l’accento sulla necessità di trasformare la giornata, in una giornata a difesa dei diritti fondamentali, che si stanno quotidianamente calpestando, e soprattutto in una giornata di denuncia contro ogni guerra e contro ogni sorta di discriminazione (5)».
Perché inserire il tema della guerra in una piattaforma sindacale? Alcuni obietterebbero che dovreste occuparvi solo di lavoro e salari.
E. P.: «Abbiamo posto tra le priorità un progressivo azzeramento delle spese militari e, di conseguenza, l’uscita dalla Nato in conformità con l’Articolo 11 della nostra Costituzione, che recita: “L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali”. Ovviamente, non basta dirlo ma andrebbe costruito un percorso, nel tempo. In ogni caso, abbiamo voluto sottolineare questa nostra scelta in maniera forte. Tra l’altro, chiedere il disimpegno dalla guerra in atto, comporta un riorientamento delle spese militari: i due argomenti sono strettamente connessi. È impensabile spendere milioni di euro per le armi – e, tra l’altro, durante il Governo Draghi, è stato approvato l’aumento dell’incidenza di tali spese (già molto elevate) al 2% del Pil. Tra le istanze che portiamo avanti non vi è tanto il discorso del recupero salariale relativamente a questo contratto ma che siano stanziate somme adeguate per i salari e le pensioni. Perché anche quando finisci di lavorare e sei in pensione hai diritto a una vita dignitosa e, quindi, a una pensione che quantomeno sia equiparata al costo della vita. Tagliando le spese militari, e qui si nota come tale scelta sia non solamente politica ma anche sindacale, si posso dirottare finanziamenti verso lo stato sociale o il welfare del Paese. Secondo noi non esiste altro modo per poterlo fare. Oggi si discute del reddito di cittadinanza e il nuovo Governo se ne sta occupando, ma se non mettiamo mano concretamente a quello che deve essere lo stato sociale in un Paese che si definisce civile e democratico, non si potrà mai garantire un reddito dignitoso, chiamiamolo pure di cittadinanza, esteso a tutte e tutti coloro che ne hanno bisogno. Partendo dall’azzeramento delle spese militari, usate per l’acquisto di F35 o per le armi che sono mandate in Ucraina, si potrà intervenire positivamente sullo stato sociale».
Entriamo nel merito di una causa specifica della quale vi siete fatti promotori, ossia la difesa di Mauro Gennari, ex dipendente dell’Inps Roma Monteverde. Può raccontarcela in breve?
E. P.: «Questa vicenda è iniziata qualche anno fa. Dal punto di vista legale non è ancora terminata, mentre la parte legata alla Corte dei Conti è stata ormai definita. Ce ne siamo occupati perché, senza entrare nel dettaglio, si può dire vi sia stata una sorta di processo interno che ha portato al licenziamento di Mauro. Leggendo le carte, come delegato, mi sono reso conto che la vicenda era eclatante non solamente perché il licenziamento, secondo noi, è assolutamente ingiustificato ma perché rappresenta un pericolo per tutti coloro che lavorano all’Inps. Mauro è stato licenziato a causa di alcune lavorazioni considerate irregolari di uno specifico beneficio pensionistico, denominato rendita vitalizia. In pratica, si è simulata l’esistenza di contributi che non sono stati versati e che sono stati inseriti nell’estratto contributivo e questi contributi determinano, in parte, il valore della pensione. Mauro lavorava, come altri, a questo tipo di pratiche che sono state, solo successivamente, definite irregolari. Ce ne siamo occupati perché è assolutamente ingiustificato e illegittimo che sia licenziato soltanto Mauro per responsabilità patrimoniali che sono state determinate da questa procedura irregolare – e i cui costi sono stati evidenziati solo su quanto sostiene l’Inps. Secondo noi Mauro è stato scelto come capro espiatorio in quanto chi è responsabile dell’erogazione concreta della rendita vitalizia non è di certo Mauro. Lui elaborava questo tipo di pratiche ma chi è responsabile dell’intero processo non era lui, bensì i suoi superiori dell’unità elaborativa. E ancora di più i dirigenti, che al termine della procedura dovrebbero controllare la validità dei dati erogati e, in questo caso, del reddito pensionistico erogato. Mauro, invece, in maniera assolutamente incomprensibile – o coscientemente se si volesse pensare male – è il solo sanzionato e, addirittura, è stato prima sanzionato con tre mesi di sospensione dal servizio e, poi, in maniera illegittima – perché lo stesso regolamento di disciplina dell’Inps non prevede che un lavoratore sia sanzionato per la stessa inadempienza da due provvedimenti disciplinari diversi – è stato licenziato. Ma, a parte questo fatto che sarà utilizzato in sede di giustizia del lavoro dai legali di Mauro, noi ci concentriamo sulla sentenza della Corte dei Conti che, in parte, condanna l’organizzazione interna e, in un passaggio, accusa esplicitamente di inefficienza l’organizzazione – riferendosi alla sede dove lavorava Mauro (6). In pratica, afferma che se i superiori di Mauro avessero controllato, come sarebbe stato doveroso fare, non si sarebbero verificati i presunti danni sulla cui entità, come ho già detto, ci sarebbe da discutere. Inoltre, tali superiori beneficiano di una sorta di assicurazione, a differenza del lavoratore, e quindi non si capisce come mai non siano stati citati come convenuti, quanto meno, per il recupero della somma dovuta all’Inps e che potrebbe essere coperta dall’assicurazione che fa riferimento a errori che possono capitare lavorando alcune pratiche. Vi è stato perfino il tentativo di accusare Mauro di dolo. La Corte dei Conti ha negato il dolo ma, purtroppo, ha confermato i danni patrimoniali richiesti dall’Inps. Va sottolineato con forza che alcuni dirigenti hanno attribuito al lavoratore l’esclusiva responsabilità anche per mansioni che non gli competono e l’ufficio disciplinare ha licenziato Mauro quando la Corte dei Conti – non un sindacato – ha posto in evidenza i succitati fatti. Per tutto quanto detto e visto che si evidenzia un problema di disorganizzazione interna, occorre reintegrare il lavoratore».
(1) La prima parte dell’intervista su:
https://www.inthenet.eu/2022/12/23/intervista-a-enzo-perfetto/
(2) Le morti sul lavoro da gennaio a settembre 2022:
https://www.assinews.it/10/2022/677-le-morti-bianche-lavoratori-nel-2022/660099855/
(3) L’Osservatorio Nazionale Morti sul Lavoro di Bologna chiuderà domani, 31 dicembre 2022, come segnala sul suo sito, con l’ultimo grafico datato 22 dicembre 2022:
https://cadutisullavoro.blogspot.com/
4) Secondo l’Osservatorio, nel 2022, fino “al 20 dicembre sono morti complessivamente 1.487 lavoratori, 745 di questi sui luoghi di lavoro, gli altri sulle strade e in itinere”
(5) La Locandina con la piattaforma rivendicativa del 2 dicembre 2022 della Cub Pubblico Impiego:
(6) Cub Pubblico Impiego Ines: la Corte dei Conti sulla Vicenda Gennari
venerdì, 30 dicembre 2022
In copertina: Foto di Brigitte Werner (gratuita da usare sotto la licenza Pixabay)