Quanti calcoli sbagliati in Europa?
di Simona Maria Frigerio
Siamo alla vigilia di fine anno ed è ora di tirare le somme. Il Parlamento e le Commissioni europee non sono ‘sotto attacco’, come affermato dalla Presidente Roberta Metsola, ma le istituzioni europee si stanno rivelando corrotte oltre che inette. Pensiamo ai contratti concordati via sms (il caso Von Der Leyen/Bourla non è stato ancora chiarito) per un vaccino mai testato riguardo alla capacità di bloccare la trasmissione del virus per il quale era stato studiato (e acquistato in quantitativi inspiegabili). Pensiamo all’uso delle sanzioni unilaterali rivendicato come strumento per consentire “all’UE di rispondere rapidamente a sfide e sviluppi politici contrari ai suoi obiettivi e valori” (ossia, come strumento di pressione coercitivo e contrario ai dettami delle Nazioni Unite). Pensiamo al cosiddetto Qatar-Gate, che trasforma in una farsa la Risoluzione sulla situazione dei diritti umani nel contesto della Coppa del Mondo della Fifa in Qatar, in cui si legge: “in un momento in cui il mondo si trova ad affrontare le conseguenze dell’aggressione russa contro l’Ucraina e la pandemia di COVID-19, nonché l’imperativo urgente della transizione verde e digitale, l’UE ha molto da guadagnare da un partenariato più forte e più strategico con il CCG e i suoi Stati membri, compreso il Qatar” (e verrebbe quasi da chiedersi chi ci ‘guadagni’ in Europa da tutte queste scelte). Pensiamo infine alla minaccia di incamerare i fondi investiti in Europa dei cosiddetti oligarchi russi (il corrispettivo dei milionari occidentali), la qual cosa oltre a essere contraria agli accordi internazionali rischia di diventare un ulteriore boomerang per la nostra finanzia: ci domandiamo, infatti, chi all’estero si fiderà ancora di comperare il debito pubblico dei nostri Stati e tutti i bond che la BCE rimetterà sul mercato a partire da marzo 2023. Viste tali premesse, il nuovo anno non pare nasca sotto i migliori auspici.
Ma l’Europa nel 2022 si è anche contraddistinta per aver finalmente ammesso – grazie alle dichiarazioni della ex Cancelliera Angela Merkel – di aver appoggiato gli Accordi di Minsk solo perché l’Ucraina potesse armarsi e riconquistare le regioni indipendentiste del Donbass (e, ovviamente, operare in funzione anti-russa), dimostrandosi non più credibile né come garante di accordi di pace a livello internazionale né come difensore di diritti fondamentali quale quello all’autodeterminazione dei popoli. Al contrario, i nostri rappresentanti in Europa (per quanto riguarda le Commissioni, nemmeno eletti dai cittadini dell’Unione), per uscire dalla crisi post-pandemica hanno deciso di aumentare le spese militari, imbarcarsi nel sostegno attivo di una guerra sul territorio europeo, far schizzare l’inflazione alle stelle (senza adeguamenti coerenti di stipendi e pensioni), puntare sul gas di scisto e l’energia nucleare per la ‘transizione verde’ – quest’ultima promossa green grazie alla cosiddetta ‘maggioranza Ursula’ (2), mentre il primo, inquinante e pericoloso, è tornato a essere apprezzato da quando proviene direttamente dai nostri alleati Us. In questo allegro bailamme, rimangono sotto traccia il TTF (la Borsa di Amsterdam del gas), dove gli operatori possono vendere e comprare gas naturale al di fuori dei contratti a lungo termine, influenzando anche il prezzo finale – in quanto persino le bollette del sempre più esiguo ‘mercato tutelato’ sono indicizzate al TTF; così come lo spettro della deindustrializzazione tedesca e del Mes per l’Italia recalcitrante.
In questo momento di profonda crisi economica e politica (e pensare che la Ue aveva previsto che, in questa situazione, si sarebbe ritrovata la Russia), la BCE non trova di meglio, per contrastare l’inflazione, che aumentare i tassi di interesse, innescando il rischio deflazione. La Presidente della Banca Centrale Europea, Christine Lagarde, ha annunciato non solo ulteriori aumenti di 50 punti alla volta, ma anche (come già scritto) che, da marzo, i bond comprati negli ultimi otto anni cominceranno a essere ‘scaricati sul mercato’ (il che potrebbe equivalere a rendere il debito pubblico degli Stati carta straccia, per gli investitori, e a obbligare i Paesi debitori, come l’Italia, ad alzare i tassi di interessi sui titoli di stato, rischiando l’insolvenza). Ma Lagarde infila ancora più profondamente il dito nella piaga quando dichiara: “Speriamo che l’Italia ratifichi velocemente la riforma del Mes”. Per capire meglio cosa rischiamo, ratificandolo, vi rimandiamo al pezzo del collega Andrea Muratore su InsideOver (3) che racconta come la Grecia, in cambio dei cosiddetti aiuti della Ue, dovette: “tagliare del 40% lo stipendio a 30 mila dipendenti pubblici messi, di punto in bianco, in temporaneo congedo; licenziare coloro che tra i 30 mila occupati dopo 12 mesi non avessero trovato un lavoro nel settore privato e applicare la stessa cura da cavallo a altri 120 mila statali; abolire la tredicesima sulle pensioni e tagliare del 20% le pensioni superiori a 1.200 euro lordi…; avviare la privatizzazione degli asset strategici”. Da notare che quest’ultima scelta ha reso oltremodo difficile per lo Stato greco ottenere quei guadagni che avrebbero potuto permetterle di ripianare i debiti e, nel contempo, investire nei servizi pubblici – dalla sanità all’istruzione fino all’assistenza (anch’essi quasi smantellati grazie alle ʻcure’ imposte della Troika europea).
La Russia secondo il Presidente Putin
Riassumendo, gli europei sono sull’orlo di una crisi economica che nessuno sa dove ci porterà – aggravata dai debiti che gli Stati, ma anche i privati cittadini, hanno acceso in epoca pandemica. Una crisi di rappresentanza – gli scandali nella Ue si aggiungono a quelli che hanno macchiato la reputazione di vari partiti politici e premier in diversi Paesi. Una crisi di competenze – si veda il recente scambio di battute tra il Presidente Erdoğan e Josep Borrell in cui il Presidente turco ha fatto notare: «Da dove proviene il 44% del grano che l’Europa estrae attualmente? Viene dal Mar Nero. Chi è il mediatore? La Turchia» (al che emerge come la Ue non si renda conto dell’importanza di essere super partes tra due contendenti per poter agire come mediatori credibili, e di come la verità su dove vada a finire il grano che giunge dal Mar Nero, ossia non sulle mense degli Stati africani ma sulle nostre tavole, sia la riprova della cattiva coscienza degli occidentali). E soprattutto, una crisi di prestigio internazionale con un aumento della dipendenza dagli States i quali, sicuramente, agiscono per i propri ma non è detto anche per i nostri interessi.
Tanti sacrifici a quale scopo? Far crollare la Russia per depredarla? O solo compiacere l’alleato a Stelle e Strisce che temeva un’Europa forte e competitiva sui mercati internazionali? Traduciamo alcuni passi salienti del discorso che il Presidente Putin ha tenuto il 15 dicembre scorso, durante l’incontro del Consiglio per lo sviluppo strategico e i progetti nazionali (come riportato dal Ministero degli Affari esteri russo) e capiamo meglio la posizione russa e, di riflesso, quella europea dopo dieci mesi di guerra.
Secondo Putin, dopo il varo delle sanzioni, il Governo, la Banca centrale russa e le autorità regionali sono riusciti a stabilizzare la situazione grazie a sforzi congiunti. Qui sorge la prima domanda: come mai la Ue non agisce mai unitariamente come fa, al contrario, uno Stato Federale – dove il fallimento di una regione è visto come un danno per l’intero Paese e non come un vantaggio per le altre?
Putin afferma poi che la Russia proseguirà con la politica fiscale e macro-economica che garantisce il finanziamento degli impegni in campo sociale ma altresì per nuovi compiti – tra i quali si possono annoverare l’aggiornamento a livello tecnologico per assicurare la sovranità economica, finanziaria, tecnologica e degli organici del Paese. Il secondo dubbio che fa emergere, in noi, tale discorso è quanto può guadagnare (o perdere) un Paese se mantiene la sovranità monetaria. Secondo alcuni economisti, come Stephanie Kelton – autrice de Il mito del deficit. La teoria monetaria moderna per un’economia al servizio del popolo (4) – tale scelta è alla base di un’economia sana e fonte di benessere anche per le classi disagiate nel momento in cui gli Stati investono i fondi, creati con la moneta emessa, in servizi (invece che in prodotti).
A seguire, il Presidente Putin accusa l’Occidente di aver cercato di ‘mettere all’angolo’ la Russia (questa è una traduzione un po’ metaforica ma rende l’idea). Rivendica, però, la scelta di non voler seguire il sentiero dell’isolamento e dell’autarchia. Al contrario, vorrebbe espandere le interazioni con qualsiasi Stato comprenda non solamente i propri ma altresì gli altrui interessi. Idea, questa, che ci sembra molto vicina a quella del Presidente cinese Xi Jinping di voler perseguire lo sviluppo del proprio Paese rispettando e favorendo, nel contempo, anche le economie degli altri Stati. A parole (bisognerà vedere nei fatti) entrambi, quindi, si pongono in maniera alternativa a un’Europa che, al contrario, adotta le sanzioni (e altre forme coercitive) per “rispondere rapidamente a sfide e sviluppi politici contrari ai suoi obiettivi e valori”. A livello filosofico si potrebbe affermare che ci troviamo di fronte a una visione che rivendica il valore dell’alterità (anche in fatto di tradizioni, costumi, colture e atteggiamenti sociali) contrapposta a una identità omologante che dovrebbe essere condivisa da tutti i cittadini del mondo – quasi una fideistica adesione a una verità assoluta.
La Russia si sta, quindi, rivolgendo verso nuovi partner – in Asia, Medio Oriente, America Latina e Africa. Ovviamente tutte aree di influenza che interessano anche gli Stati Uniti e l’Europa e, forse, non sarà un caso se il Brasile non riesce a trovare un asset istituzionale definitivo dopo l’elezione di Lula a Presidente, in Perù si è verificato l’ennesimo golpe sudamericano, la vicepresidente Cristina Kirchner è stata condannata, in primo grado, a sei anni di carcere e all’interdizione a vita da ogni incarico politico – in quello che sembra sempre più l’ennesimo caso giudiziario teleguidato da Washington (pensiamo a quanto successo all’ex Presidente del Brasile, Dilma Rousseff).
Putin ha riaffermato il ruolo della Russia nella produzione agricola mondiale e nello sviluppo di infrastrutture di pagamento in moneta locale – indipendenti dagli scambi in dollari. Ed ecco che ci sorge l’ennesimo dubbio, questa volta rispetto alle ricadute di tale scelta per un’economia, come quella statunitense, che ha immesso sul mercato enormi quantità di dollari negli ultimi due anni per sostenere i consumi (e non i servizi) degli statunitensi. Ma se il dollaro è più forte, l’energia costerà di più e l’inflazione continuerà a galoppare nei Paesi energeticamente dipendenti come quelli europei. Inoltre, l’Europa – che, negli ultimi anni, aveva visto aumentare il valore dell’Euro negli scambi internazionali – difficilmente potrà ridurre la propria domanda e questo potrebbe portare a insolvenze addirittura a livello di Stati sovrani. Non sarà, quindi, un caso che i piani di India, Cina e Russia (ma anche dei Paesi arabi e Latino-americani) di creare un nuovo circuito bancario e utilizzare monete nazionali negli scambi internazionali possono sembrare altamente pericolosi per gli States.
Il penultimo punto del discorso di Putin riguarda l’intenzione della Russia di cooperare con altri Paesi nei campi scientifico, tecnologico e culturale. E qui, vista la guerra che l’Unione Europea ha fatto allo Sputnik V – nonostante il vaccino russo fosse stato messo in commercio molti mesi prima di quello tedesco-statunitense – dubitiamo che sarà mai possibile, per questa Ue, porsi in maniera costruttiva favorendo lo sviluppo dell’intero continente (che, ricordiamo, va dallo Stretto di Gibilterra agli Urali). E scrivendolo non entriamo nemmeno nelle disquisizioni sul grande reset e la nuova classe egemonica tecnologica occidentale, la quale paventa che il suolo le frani sotto i piedi se si creasse un mondo multipolare con asset tecnologici non oltre dominati dai fedeli di Davos.
L’ultimo punto verte sulle sanzioni, che hanno costretto la Russia a fronteggiare molte sfide ma che hanno anche favorito nuove opportunità per lo sviluppo di un’economia che punta sulla sovranità tecnologica, produttiva, scientifica e delle risorse umane piena, invece che parziale. Chi possieda le risorse energetiche, oggi, può pensare di svilupparsi. Al contrario di chi sia dipendente dall’estero. Un’Europa che avesse costruito una partnership seria e di reciproco rispetto con la Russia – a sua volta ponte verso la Cina e l’Asia – sarebbe stata un fenomenale volano economico e sociale di livello mondiale. L’Europa debole, frammentata e sempre più al servizio di interessi altri (personali, aziendali o di Stati non appartenenti all’Unione) rischia di fare la fine di Troia: preda dei nuovi mirmidoni.
La ciliegina sulla torta
Le ultime notizie, prima della fine dell’anno, che arrivano dalla Russia erano attese. L’Europa e gli States, in un sistema capitalistico basato su domanda e offerta, come sappiamo hanno imposto un price cap sul petrolio (non all’azienda che vende al privato e all’industria bensì allo Stato da cui quell’azienda energetica si approvvigiona). A quest’ultimo regalo degli occidentali, non poteva che rispondere direttamente il Presidente Putin con un Ordine Esecutivo che bandisce la vendita del “petrolio e prodotti derivati a società e individui stranieri se i contratti di vendita includono l’uso del meccanismo” denominato price cup “direttamente o indirettamente”. “Tale bando si applica a ogni stadio della vendita incluso il compratore finale”. Mossa quest’ultima attesa, probabilmente favorita anche dagli accordi presi nei giorni scorsi tra il numero due del Consiglio di Sicurezza della Federazione Russa, Medvedev, e il Presidente cinese, Xi Jinping. Mossa che otterrà anche il plauso dei Paesi arabi e produttori di petrolio (o altre materie prime) che non possono accettare calmieri etero-imposti che potrebbero mettere in discussione, un domani, i loro stessi introiti.
L’Europa e gli Us rischiano ora di innescare un rialzo, invece che una diminuzione dei prezzi, per la famosa (o famigerata) teoria della domanda e dell’offerta. Ma rischiano anche di approfondire sempre più la sfiducia nei partner commerciali che, sentendosi essi stessi possibili oggetti di varie forma di sanzioni, potrebbero cominciare a valutarci quali potenze ostili. La miccia è accesa e non si sa dove esploderà la bomba ma l’Italia, con il suo rapporto debito/Pil tra i più alti d’Europa e la sua fame di energia, potrebbe essere al centro della deflagrazione.
(1) Per approfondire, alleghiamo la versione integrale della Résolution sur la situation des droits de l’homme dans le contexte de la Coupe du monde de la FIFA au Qatar, del 23.11.2022 (2022/2948(RSP))
(2) L’energia nucleare diventa ‘green’: https://www.ilsole24ore.com/art/gas-e-nucleare-lista-ue-investimenti-green-via-libera-dell-europarlamento-AEyKAdkB?refresh_ce=1
(3) Andrea Muratore sul Mes in Grecia: https://insideover.ilgiornale.it/economia/quando-la-grecia-sperimento-il-mes.html
(4) La nostra analisi de Il mito del deficit. La teoria monetaria moderna per un’economia al servizio del popolo
venerdì, 30 dicembre 2022
In copertina: Foto di Gerd Altmann (gratuita da usare sotto la licenza Pixabay)