A Palazzo Blu una mostra tutta toscana per le vacanze natalizie
di Simona Maria Frigerio
Dopo le esposizioni dedicate a una contemporaneità urticante – da Warhol a Hearing; a nomi di maestri del nostro recente passato – come De Chirico ed Escher; o ancora a Movimenti, punte di diamante della pittura del Novecento – quali il futurismo e il surrealismo del Centre Pompidou; l’istituzione pisana, in un periodo di ripiegamento nazionalistico, si volge al proprio entroterra ospitando i macchiaioli.
Il Movimento, teorizzato e agito da artisti quasi esclusivamente toscani, costituitosi nel 1855 intorno agli avventori del Caffè Michelangelo di Firenze, troverà anche un successivo, raffinato sbocco parigino grazie a Zandomeneghi e Boldini. Come il verismo letterario (di poco posteriore) attingerà al naturalismo francese, anche la macchia ebbe un antecedente d’Oltralpe nella Scuola di Barbizon – ove tra il 1830 e il 1870 si raccolsero pittori francesi (da Millet a Corot) che sposarono la matrice paesaggista di John Constable e quella realista letteraria propugnata da Balzac.
Come sempre, si dimostra che nessun artista è tale senza un milieu che lo formi, arricchisca e stimoli. E così i macchiaioli affondano le loro radici sia in una nuova attenzione verso istanze sociali, paesaggi rurali e persino aspirazioni risorgimentali; sia nella sperimentazione (come i più o meno coevi impressionisti) di un linguaggio e una tecnica che, nell’impressione registrata velocemente con la giustapposizione di macchie che ricalcano l’approssimazione dell’occhio umano, traspongono su tela la capacità dello scrittore realista di ritrarre la quotidianità o del successivo fotoreporter (di guerra) di cogliere l’attimo usando, mezzo secolo dopo, l’obiettivo fotografico.
Tra le opere esposte, segnaliamo In vedetta (Il muro bianco) di Giovanni Fattori, del 1873 circa, olio su tela; e Il mattino di Vincenzo Cabianca, del 1861, anch’essa olio su tela – entrambe quasi dei pre-Nabis. Nel primo quadro si respirano le atmosfere de Il deserto dei tartari di Buzzati, nel secondo si apprezzano i giochi di luce e ombre sui veli monacali (che ritroveremo nei bianchi e azzurri, al primo piano, di Mattutino, un tecnica mista su carta applicata a cartone del 1901 del medesimo pittore). Interessante il tono su tono da terre senesi di Pastura in montagna, datato 1861, olio su tela di Raffaello Sernesi.
Suscita dubbi il confronto tra Donne a La Spezia e Pescivendole a Lerici, il primo di Vincenzo Cabianca del 1860 e il secondo di Telemaco Signorini del 1874: praticamente identici tranne che per le dimensioni. Uno ha copiato l’opera dell’altro confondendo persino il luogo reale?
Nette le macchie coloristiche, che stagliano con maggiore espressività i blocchi di marmo e affascinante la linea bassa dell’orizzonte di Marmi a Carrara, olio su tela del 1861 firmato da Vincenzo Cabianca.
Flou il trattamento degli alberi di Rappezzatori di reti a Castiglioncello di Giovanni Fattori (olio su tavola, 1865 circa) e delle sempre sue Criniere al vento (olio su tela, 1867/72); mentre Le Macchiaiole (un Fattori del 1866, olio su tela) rimandano per composizione e trattamento delle figure alle contadine di Corot e Millet.
Molte le opere di piccolo formato, in orizzontale e molto allungate; abbondano i buoi ‘da passeggio’ à la Fattori, che sfruttano (soprattutto quelli di Abbati) il bianco del manto per creare giochi di luce e ombre con i riflessi del tramonto (da confrontare coi veli monacali di Cabianca succitati).
Al primo piano, le scene borghesi e familiari di Silvestro Lega, da La visita a Educazione al lavoro, da Lettura romantica a I fidanzati – vizi, vezzi, costumi di un’epoca ritratti nell’intimità con un pizzico di ironia dal gusto hogarthiano.
Di grande afflato, grazie all’effetto profondità, Ranaioli sull’Arno di Telemaco Signorini (1868, olio su tela); mentre già squisitamente pre-parigino il Giovanni Boldini de L’amatore delle arti (olio su tela, 1866). Apprezzabili per la libertà della composizione Signora in conversazione di Vito D’Ancona (olio su tela, 1867 circa) e Conversazione in terrazza, un olio su tela di Odoardo Borrani (1873).
Le grandi tele sono posizionate nel corridoio finale. Spiccano le scene di guerra di Fattori già novecentesco, che recuperano la concitazione della battaglia leonardesca anche grazie all’uso del pastello su cartone (si veda Incontro fatale). Di Telemaco Signorini si apprezzano i bianchi su bianchi e i giochi prospettici di Ponte di Vigo a Chioggia (olio su tela, 1898) e Tetti a Riomaggiore (olio su tela, 1892/94).
Un mostra dal gusto spiccatamente retró che sarà molto apprezzata dai toscani.
La mostra continua:
Palazzo Blu
Lungarno Gambacorti, 9 – Pisa
fino a domenica 26 febbraio 2023
orari: da lunedì a venerdì, dalle ore 10.00 alle 19.00; sabato, domenica e i festivi dalle ore 10.00 alle 20. 00
I macchiaioli
a cura di Francesca Dini
organizzazione Palazzo Blu e MondoMostre
venerdì, 23 dicembre 2022
In copertina: Particolare di In vedetta (Il muro bianco) di Giovanni Fattori, 1873 circa, olio su tela (dall’invito dell’Ufficio stampa di Palazzo Blu).