Manovre finanziarie alle porte: l’Italia come sta?
di Luciano Uggè
L’Italia è probabilmente il vero moribondo in Europa e nel mondo occidentale. Con un debito pubblico, a settembre 2022, di 2.742 miliardi di euro (2,880 trilioni di dollari), e il rapporto dello stesso con il Prodotto Interno Lordo al 145,4%, ci confermiamo in condizioni migliori solamente della Grecia. La manovra economica varata dal Governo a guida Meloni, nel frattempo, ha previsto una spesa di 35 miliardi nella quale, di fronte a tale buco, con una previsione di crescita per il 2023 dello 0,3% (ma siamo già in recessione tecnica) e un’inflazione al 6,6% – che dovrebbe essere controllata da misure che potrebbero deprimere ulteriormente l’economia come l’aumento del tasso d’interesse di riferimento di 75 punti base, deciso dalla Banca Centrale Europea – prevede misure capitali come la riduzione dell’Iva al 5% per i prodotti per l’infanzia e per l’igiene intima femminile – preferiti ad altri del tutto ‘superflui’, che resteranno stabilmente al 10%, quali acqua, uova, gas metano ed energia per uso domestico.
Nella manovra Meloni anche l’agognato (dalla destra ma anche dal PD e Renzi) taglio del reddito di cittadinanza (od obolo di povertà) e, infatti, dal 1° gennaio 2023 alle persone tra i 18 e i 59 anni (abili al lavoro ma senza lavoro) sarà riconosciuto per al massimo di sette od otto mensilità, invece delle attuali 18 rinnovabili, e sarà abrogato del tutto dal 2024. Il risparmio previsto sarà di 734 milioni per il 2023, ma ne spenderemo 70 per il ripristino del contributo alle scuole paritarie – contributo triplicato in dieci anni, che farà felici la Chiesa Cattolica e i benestanti che già mandavano i figli alla scuola privata. Parte dei fondi risparmiati sui poveri (torniamo a usarla, questa parola), immaginiamo saranno anche utilizzati per la riattivazione della società Stretto di Messina S.p.A., attualmente in liquidazione ed ennesima grande opera che drenerà risorse ad infinitum. Mentre, dal 1° dicembre – forse già fidando sul price cup – lo sconto sulla benzina e il gasolio è stato diminuito da 0,25 centesimi per litro a 0,15 e, per il gpl, da 0,085 centesimi per kg a 0,051. Tra un po’, forse, dovremo usare il sapone intimo nei nostri serbatoi.
Nel nostro veloce giro del mondo, notiamo che anche il Presidente russo, Vladimir Putin, ha firmato la manovra finanziaria per il 2023. Le spese di bilancio ammonteranno a 465,7 miliardi di dollari, le entrate a 419,1 e il deficit dovrebbe ammontare al 2% del Prodotto Interno Lordo, ossia a 49,3 miliardi di dollari, che saranno recuperati sul mercato con prestiti finanziari. La previsione è che tale deficit di bilancio scenda gradualmente fino allo 0,7% nel 2025.
La Russia sta così male? Il debito pubblico in rapporto al Pil è tra i più bassi al mondo: nel 2022 era al 19,48% e ammontava a 216 miliardi di dollari (a fronte del nostro 145,4% corrispondente a 2,880 trilioni di dollari).
Secondo World Population Review (1), nel 2022, il Paese tra i G20 con il più alto debito pubblico era comunque il Giappone con la cifra astronomica di 9,087 trilioni di dollari, pari al 266% del Pil; la Germania era a 2,527 trilioni di dollari, pari al 59,80% del Pil; la Grecia a 379 miliardi di dollari che, però, corrisponde al 177.00% del Pil; la Spagna con 1,24 trilioni di dollari era al 95,50% del Pil; la Cina, con oltre 5 trilioni di dollari di debito pubblico, toccava un rapporto debito/Pil del 54,44%.
Gli Stati Uniti, quest’anno (2), hanno in previsione che il debito pubblico tocchi, per la prima volta nella storia del Paese, i 31 trilioni di dollari con un rapporto debito/Pil al 137% ma, soprattutto, già nel 2021 gli Us superavano i 18 trilioni di dollari di debiti verso il resto del mondo – e, secondo altre stime (3), nel giugno 2022, raggiungevano i 24 trilioni di dollari, pari al 96,6% del Pil. Il che significa un costante saldo commerciale negativo – mentre la Cina (inclusa Hong Kong), per fare un paragone – ha un attivo di oltre 4,1 trilioni di dollari. Ci hanno insegnato che è cosa ‘buona e giusta’ spendere in un Paese consumistico, ma se si acquista più di quanto si vende all’estero… Secondo un interessante articolo di Antonino Iero, su IlSole24Ore (4), per ridurre il disavanzo commerciale “occorrerebbe una svalutazione del dollaro (rispetto alla media delle monete in cui sono espressi gli attivi detenuti dagli USA) pari al 34%”, il che equivarrebbe a “un default, anche se parziale”.
A fine novembre, il Giappone era il maggiore detentore estero di debito pubblico statunitense, con 1,3 trilioni di dollari, seguito dalla Cina con 1,1 trilioni e dal Regno Unito con i suoi modesti 622 miliardi. Gli interessi su tale debito sono diventati una parte consistente delle spese federali e, nel 2021, hanno toccato i 562 miliardi di dollari, ossia un ammontare superiore a quello di qualsiasi ministero, tranne il Tesoro, il Dipartimento della Salute e dell’Assistenza, e la Difesa.
Mentre si prevede che il Pil reale degli States aumenterà dell’1,8% nel 2022 e dello 0,5% nel 2023, il Presidente Joe Biden ha siglato una manovra di bilancio da 5,8 trilioni di dollari per l’anno fiscale 2023, con 1,2 trilioni di deficit.
E la voragine di bilancio si allarga…
(1) https://worldpopulationreview.com/country-rankings/countries-by-national-debt
(2) https://www.trend-online.com/opinioni/debito-pubblico-stati-uniti/
(3) https://en.wikipedia.org/wiki/List_of_countries_by_external_debt
(4) https://www.econopoly.ilsole24ore.com/2022/06/06/debito-guerra-usa-russia/
venerdì, 16 dicembre 2022
In copertina: Foto di Gerd Altmann (Gratuito da usare sotto la licenza Pixabay).