Il terzo indizio: i pericoli della retorica
di Simona Maria Frigerio
Lo zapping a volte gioca brutti scherzi alla difesa dell’integrità femminile. Per anni ci hanno abituate che esiste l’‘amore criminale’. Un errore che potremmo definire radicale, in quanto concerne l’intima essenza di ciò che possiamo definire ‘amore’ e che ontologicamente non può essere ‘criminale’. Poi le reti Mediaset hanno controbilanciato con Il terzo indizio, in replica anche durante l’estate 2022 di Rete4.
Non entreremo nel merito del contenuto, dato che le storie sono sempre riconducibili a femminicidi, per la maggior parte commessi da compagni o ex, soprattutto nel momento in cui la donna decide di riprendersi la propria vita, chiudendo la relazione fonte di sofferenza. Molti gli uomini non violenti (o apparentemente tali, dato che la prevaricazione psicologica, l’ossessione morbosa, la gelosia, il senso di possesso, l’esclusivismo dovrebbero essere segnali altrettanto chiari di una patologia che ben poco ha a che fare con un rapporto d’amore), ritratti in questo squadernamento di relazioni disfunzionali. Molti i preconcetti culturali che impediscono alle donne e alle loro famiglie di capire qual è la situazione reale che si trovano di fronte.
E però quello che è accaduto nella puntata del 19 agosto scorso è in certo senso ancor più significativo di come sia facile scadere nella retorica e ricalcare modelli che intrappolano le donne, fingendo di volerle difendere (e persino volendo farlo effettivamente). Questo, soprattutto se si pensa ai recenti tentativi a livello legislativo di tutelare l’embrione umano dal momento della fecondazione, “in quanto riconosciuto soggetto titolare di diritti e della stessa dignità umana che spetta alla persona dopo la nascita”. Il che inficerebbe il diritto all’autodeterminazione femminile. Ma torniamo al programma televisivo. Nello specifico la giovane protagonista, che sarà uccisa dall’ex compagno, si rende conto di essere incinta e di non voler proseguire la gravidanza. Sentendosi oppressa da una relazione che è diventata troppo stretta e importante in un tempo eccessivamente breve, la donna decide di allontanarsi e ricorrere all’ivg. Quando informa l’uomo della sua decisione e di non voler proseguire il rapporto con lui, è uccisa. Epilogo che, purtroppo, ben conosciamo – sia come donne sia come italiane, viste le statistiche sul femminicidio nel nostro Paese.
Ciò che, però, non convince e che scade nella retorica di uno Stato ben poco laico (e che ha difficoltà ad accettare l’autodeterminazione femminile) è che, mentre non si nasconde la decisione legittima e legale della donna, quando poi si viene all’uomo lo si accusa di aver ucciso la donna “e il suo bambino”. Il bambino che portava ‘in grembo’…
Tertium non datur. O l’embrione non è persona e la donna ha diritto ad autodeterminarsi e a interrompere la gravidanza nei modi e nei tempi previsti dalla legge 194 – e per l’eventuale assassino si potranno, forse, chiedere le aggravanti ma non si potrà parlare di duplice omicidio. Oppure è già persona e allora sarebbe un omicidio anche l’interruzione volontaria di gravidanza.
Occorre fare attenzione anche quando si pensa di agire dalla parte della donna/vittima perché rivendicare lo status di persona per un embrione (feto dall’undicesima settimana in avanti) può significare rimettere in discussione l’autodeterminazione femminile (e non finiremo mai di ripeterlo). La televisione con la sua retorica omologante non solamente appiattisce la complessità, ma rischia di obliterare diritti fondamentali con la superficialità di un giustizialismo post factum quando si dovrebbe puntare su un’educazione all’affettività ante factum.
venerdì, 25 novembre 2022
In copertina: Particolare di un Manifesto della Repubblica Popolare Cinese.