Da Megara Hyblea all’epoca cristiana
di Simona Maria Frigerio
La nostra visita al Museo Archeologico Regionale Paolo Orsi di Siracusa prosegue con la successione di vetrine sempre del settore B. In bella mostra, una biga fittile di fabbrica proto-corinzia (625 a.C. circa) con un’olpe coeva, attribuita al Gruppo del Vaticano 69 a figure di animali rosse e nere su fondo chiaro. Accanto, una serie di pissidi (oggetti liturgici) proto-corinzie dipinte anche con elementi puramente decorativi. E accanto, oggetti di vasellame a iosa di foggia diversissima – dal minuscolo fino all’imponente, come il pithos (giara) che proteggeva il cratere con i resti di due bambini, proveniente dalla Tomba 500 della necropoli del Fusco (700/670 a.C.): si notano le figure geometriche e di animali stilizzati probabilmente opera di vasai argivi. Bello e ben conservato il piccolo altorilievo in calcare con scena di banchetto (III° secolo a.C.).
Per il resto vi consigliamo di seguire il vostro gusto. Nella zona monumentale, troverete infatti frammenti provenienti dall’esterno dei templi della zona – come fregi, timpani, capitelli e statue – e le ricostruzioni in pianta per comprenderne il valore e l’imponenza. I frammenti di qualsiasi utensile riempiono poi decine di vetrine, in alcuni casi inseriti in ricostruzioni; in altri, affiancati da disegni esplicatori; e in altri ancora, semplicemente posizionati sui ripiani con relativa targhetta.
Il settore C comprende ulteriori reperti, provenienti da colonie e centri minori – spiccano quelli di Gela, le protome femminili di Francavilla, i grandi busti di divinità femminili di Grammichele, e i resti della necropoli di Kamarina con i suoi famosi crateri a figure rosse del 450/425 a.C. circa.
A questo punto occorre salire al primo piano. Qui si trova il settore D, dedicato all’età ellenistico-romana e dove si può ammirare lo splendore del regno di Ierone II, al quale si deve anche la sistemazione del teatro greco (così come lo vediamo noi) e la base dell’ara omonima (di cui abbiamo scritto nel reportage da Neapolis). Da notare, coeva, la statua di Priapo in calcare della seconda metà del III° secolo a.C.: grottesca nelle fattezze e ottimamente tornita a livello muscolare, è un inno alla potenza maschile. Sinuosa nel movimento, vezzosa nel reggere il serpente quasi fosse un monile, e ben trattata nel panneggio è la statua acefala di Igea, lì accanto, di marmo a grana grossa e cristallino della fine del II° secolo a.C. In esposizione anche alcuni rilievi votivi provenienti dalle latomie di Neapolis. Nel sito archeologico, sulle pareti delle grotte e a corredare la Via dei Sepolcri restano gli incavi, scavati per contenerle. Qui sono esposte le tavolette che raffigurano dei o eroi che assurgono allo stato di semi-divinità – magari grazie alla morte gloriosa in battaglia.
Dall’anfiteatro romano, sebbene in copia di epoca augustea, giunge la colossale testa di Asclepio (I° secolo a.C.). In questa sala, consigliamo anche un altro video, chiaro e conciso come tutti quelli proiettati nel museo. A seguire, quattro statue, di cui due acefale, posteriori e di chiaro gusto imperiale.
Nelle vetrine, da notare ancora la barca fittile con prua a testa di animale e poppa con estremità a coda di sirena. I rematori, curiosamente, indossano maschere. Fa parte del corredo della Tomba 346 proveniente dalla necropoli di Fusco (età ellenistica e romana). Molti i contenitori di ceneri dei defunti (databili a partire dal II° secolo a.C.), a volte contenenti anche piccoli oggetti e ornamenti del corredo funebre, oltre ad alcuni provenienti dalla cosiddetta Tomba di Archimede (presente a Neapolis). I primi oggetti in vetro (e non più in pasta vitrea) sono ospitati in una successiva vetrina, datati I°/III° secolo d.C.
L’ultimo settore è dedicato all’epoca cristiana. Questo perché la scelta espositiva del museo è quella strettamente cronologica. Qui è presente il famoso sarcofago di Adelfia, altorilievo in marmo bianco, con coperchio – databile al secondo venticinquennio del IV° secolo d.C. Sul frontale si notano varie scene, quali Eva che raccoglie la mela (dal Vecchio Testamento), mentre sul coperchio (probabilmente di età successiva) si ravvisa la Sacra Famiglia con i Re Magi recanti doni. La parete scolpita è solo quella frontale e, al centro, nella valva di conchiglia, sono poste le figure di Adelfia e del suo sposo, ritratti a mezzo busto. Da notare, più oltre, l’unico frammento di affresco di gusto bizantino con l’immagine di una santa, proveniente dalla Grotta del Crocifisso e databile XII°/XIII° secolo d.C. Nelle vetrine di questo settore abbondano, ovviamente, le lucerne.
Per una visita approfondita vi consigliamo di ritagliarvi l’intera giornata perché questo è davvero uno tra i musei archeologici più ricchi d’Europa e con materiale e video che rendono la visita un’autentica scoperta di senso.
La settimana scorsa la prima parte su:
Se volete qualche informazione su Neapolis, vi consigliamo il nostro reportage:
venerdì, 4 novembre 2022
In copertina: L’esterno del museo. Foto di Simona M. Frigerio