Cambia il sindaco ma i problemi restano
di Simona Maria Frigerio e Luciano Uggè
In dieci anni di passata giunta di ‘sinistra’, Lucca si è sempre più caratterizzata per eventi e turismo mordi e fuggi e per una dicotomia insanabile tra dentro e fuori le mura. Solo per snocciolare qualche esempio, mentre le mura si giovano di costante manutenzione persino per eradicare la parietaria, fuori mancano i marciapiedi e le poche piste ciclabili sono promiscue – non garantendo né la viabilità per i ciclisti né la sicurezza dei pedoni. Ma non solo, fossi e aree verdi, sempre più abbandonati, abbondano di spazzatura e topi, mentre in via Squaglia il progetto di riqualificazione con pista ciclabile e marciapiede langue apparentemente abbandonato mentre i buchi per spostare i pali della luce sono lasciati scoperti e il restringimento della carreggiata rende ancora più pericoloso il procedere dei pedoni.
Dentro le mura i lucchesi hanno accesso – come spiega Sistema Ambiente – a “contenitori carrellati dotati di trasponder UHF e chiusura, in modo da evitare l’esposizione di sacchi sfusi”; al di fuori i bidoncini fanno pessima mostra di sé perdendo liquami e spazzatura di fronte ai condomini, quando non intralciano i pedoni sui rari marciapiedi o, con il vento che a volte spira in città, rotolano in mezzo alla strada. Per non parlare del ritiro degli ingombranti che può prevedere attese fino a due mesi e, di fatti, persino sul sentiero 128 sopra Vorno si trovano sacchi putridi e un’intera cucina economica.
E ancora, se dentro le mura si ha un qualsiasi evento culturale si può sperare di averne notizia da qualche totem pubblicitario, magari in bella mostra in piazza Napoleone; ma per chi viva al di fuori è praticamente impossibile saperlo a meno di non abbonarsi a qualche quotidiano cittadino e poi sfogliarselo con dovizia ogni giorno – la celia dei lucchesi è che “preferiscono che ciò che accade tra le mura ivi resti”: peccato che le tasse per i servizi condivisi le paghino anche coloro che vivono ‘fòra’ (e l’abbandono delle periferie non ha certamente giovato alle cosiddette sinistre nelle ultime elezioni).
Partiamo da lontano: come si arriva a Lucca?
Lucca, come gran parte della Toscana, risente di un sistema ferroviario che – tra binario unico, attraversamenti ferroviari a raso e continui lavori che costringono a sostituire i pochi (soprattutto al di fuori degli orari dei pendolari) e lenti treni con autobus sostitutivi – la rende non tanto appetibile come città turistica ma soprattutto per viverci. Pensare che l’autovettura sia la panacea, come è stato finora, non pare scelta lungimirante tra inquinamento e caro metano. Se è vero che non si può attribuire la responsabilità di tali disservizi alla giunta comunale, è però vero che la Regione ‘rossa’ si è dimostrata altamente inefficiente a livello di trasporti pubblici – e l’ultimo sottopasso, in via di Mugnano, oltre alla ciclabile/pedonale promiscua, pericolosa anche vista la pendenza, termina (o principia, a seconda di dove si venga) con una specie di spirale che obbliga i ciclisti a portare a mano le bici, tanto che molti fra loro preferiscono percorrere il sottopasso sulla strada, con relativi pericoli.
Ciliegina sulla torta le uscite dell’autostrada che obbligano i Tir a passare in città (ovviamente fuori dalle mura) per raggiungere la zona industriale. Ma si sa che… ‘fòra’ non è Lucca.
Le ‘grandi opere’
Non sia mai detto che la passata giunta non abbia lasciato importanti opere pubbliche dietro di sé. Pensiamo alla Piazza Coperta di San Concordio che nessuno sa a cosa servirà (salvo leggere, sulla prestigiosa rivista Platform, che potrebbe essere una riqualificazione da ‘quartieri social’). Avremo forse una nuova biblioteca, come qualcuno ventila? In realtà ne esisterebbero già almeno tre dentro le mura, alcune con difficoltà di gestione e personale (Agorà, Statale e IMT, oltre al Centro di documentazione), e in zona c’è la Biblioteca popolare di San Concordio che funziona solo perché retta da volontari. A questo punto ci si domanda, i cittadini ‘fòra’ non hanno altra possibilità di socializzare che camminando sotto una deturpante pensilina? E usiamo il termine deturpante perché, aldilà della qualità estetica di qualsiasi architettura, la stessa va inserita in un contesto urbanistico appropriato, altrimenti si ha il ‘pugno in un occhio’ ovvero quella piattezza monotona che fa delle ‘archistar’ gli arredatori di Bangkok come di Milano: un global che non riqualifica ma allinea a un gusto imperante che ci fa sentire nel medesimo ‘supermercato’ a Kuala Lumpur o a Valencia.
I lucchesi, ci si domanda, non avrebbero socializzato meglio in un teatro per la danza e la prosa contemporanei con foyer e caffetteria e, ovviamente, sale da affittare per conferenze e persino incontri aziendali (vista anche la possibilità offerta dal parcheggio sotterraneo)? Dato che la Cavallerizza, a un tratto, è scomparsa dall’orizzonte come spazio per le arti performative, non occorreva subito trovarne un altro? Ma quando mancano le idee per un progetto culturale di largo respiro che possa avere anche ricadute sul sistema economico, si rischia di buttar via fondi pubblici in cattedrali nel deserto. Secondo l’architetto responsabile del progetto, Pietro Carlo Pellegrini, che dice di essersi ispirato ai grandi mercati coperti dell’Ottocento, avremo di fronte “un’architettura capace di attirare e generare socialità e aggregazione al pari di una scuola, di una chiesa ma con destinazioni infinitamente più ampie e duttili rispetto alle due tipologie che ho citato”, fatto salvo che a scuola si va per studiare e in chiesa per pregare. Sotto un “grande portico aperto con un più piccolo edificio al di sotto su due piani e l’accesso con ascensore al parcheggio sotterraneo” non abbiamo capito cosa dovremmo fare noi, cittadini di San Concordio. Quello che si teme è un’altra operazione simile a I Chiariti, l’oasi umida cittadina che, come sintetizzano i colleghi di Noitv.it, è ridotta a: “strutture in legno, pannelli informativi, panchine in completo abbandono e pure vandalizzate. Con la ciliegina sulla torta che l’area adiacente viene adesso utilizzata per lo scarico di inerti derivanti dai lavori del quartiere social a San Concordio”. Degrado, abbandono, sporcizia e rifiuti: la sintesi perfetta.
Sport e cultura: progetti milionari e realtà speculative
Dopo due anni e mezzo di aperture a singhiozzo o di accesso con il green pass, almeno gli impianti sportivi lucchesi avrebbero dovuto essere in piena efficienza. Eppure, sebbene si sarebbero potuti effettuare i lavori di manutenzione straordinaria nei periodi di chiusura, ci siamo ritrovati – proprio nei mesi estivi ed eccezionalmente caldi – con le piscine presso il Palasport e di Capannori serrate (e quest’ultima, apprendiamo scrivendo al Comune dato che il sito afferma sia aperta, che resterà chiusa fino a gennaio 2023, mentre della prima si sono perse completamente le tracce…). L’impianto Iti Fermi, l’unico pubblico della Piana di Lucca, dovrebbe aver riaperto il 29 agosto e, siccome non è detto che tutti abbiano un’auto o le possibilità economiche per permettersi giornate al mare o vacanze in località balneari, l’estate lucchese per l’ennesima volta ha demandato al privato il servizio pubblico – mentre per l’autunno/inverno lo sport sarà solo per chi può permetterselo nei centri natatori privati. Non aggiungiamo nulla sulla mancanza di fantasia degli assessori allo sport – che potrebbero attrezzare aree per il beach volley, almeno in estate, in città; adibire aree abbandonate a campetti pubblici per il basket o la pallavolo (ad esempio, il verde abbandonato in via Squaglia o nella zona del Carrefour) o, ancora, per il tennis (ve n’è uno, non a caso molto frequentato, in via della Chiesa XXI e plaudiamo all’area in via Luigi Einaudi che vanta l’unica riqualificazione degna del nome).
L’ex Manifattura Tabacchi è un altro buco nero. A parte la vendita all’asta della porzione sud (che, come denunciava a fine 2021 il comitato Vivere il Centro Storico consegnava ai privati “6.000 mq al prezzo ridicolo di poco più di 200 euro al mq”), sull’intera area incombono, come sempre, progetti residenziali di lusso, dislocamenti di realtà già presenti fuori dalle mura e che, quindi, non creeranno nuovi posti di lavoro, oltre all’idea di un Auditorium da 1.800 posti per l’ennesimo Puccini in tutte le salse.
Con un Teatro del Giglio che drena risorse per poche aperture l’anno (per la prosa otto titoli per un totale di 24 repliche, che vedranno nel teatro cosiddetto di tradizione nomi di botteghino del circuito teatrale toscano, come Bisio o Solfrizzi) e produzioni operistiche a scadenza limitata – che di certo non esporteremo al Metropolitan – chiedersi chi si gioverebbe, e per quanti giorni l’anno, dell’ennesima cattedrale nel deserto melodrammatico dovrebbe essere imperativo. Quanti fondi servono a un autentico teatro di produzione operistica – e non alla miscellanea ‘di tradizione’? E cos’è la ‘tradizione’, poi? Shakespeare o Pirandello sono tradizione? Ai loro tempi erano contemporaneo, altro che tradizione! A meno che non si intenda semplicemente prosa recitata in maniera tradizionale, il che per chiunque mastichi di teatro significa ancora meno, almeno da Gustavo Modena in avanti. E vogliamo anche ricordare ai nostri amministratori che Lucca ha già una tradizione nella prosa e si chiama Teatro del Carretto. Con i fondi spesi per co-produrre le succitate opere quanto teatro, musica e danza contemporanei si potrebbero finanziare? Se invece di continuare a dissotterrare Puccini (che detestava Lucca, per inciso) ci si rivolgesse a Tempo Reale Firenze (il centro di ricerca fondato da Luciano Berio) e lo si collegasse all’Istituto Superiore di studi musicali Luigi Boccherini, ad esempio, cosa si potrebbe costruire oggi per rivitalizzare un settore asfittico che morirà con gli ultimi abbonati? Basti vedere il successo dei ben poco reclamizzati concerti estivi all’Orto botanico per capire che altre vie sarebbero possibili; o a una realtà come Aldes, nota in tutto il mondo e marginalizzata a Porcari in un capannone, per sapere che è ora di scardinare vecchi pregiudizi e di puntare su altri artisti ed esperienze per allargare il bacino d’utenza. Un amministratore lungimirante saprebbe altresì che Pisa fatica anch’essa a esprimere teatro, musica e danza contemporanei e Lucca potrebbe trasformarsi in polo culturale giovanile di qualità invece di trascinarsi tra stantii usi domenicali di matrice borghese ed eventi – come il Summer Festival – che, a parte arricchire qualche bar o ristorante, non sedimentano nulla e non creano alcun humus sul quale costruire e fidelizzare il pubblico tutto il resto dell’anno.
Arti visive e tour per rilanciare il turismo
Abbiamo già scritto della chiusura del Lu.C.C.A. – Lucca Center of Contemporary Art e delle Stanze del sogno. Ma oltre alla perdita di spazi espositivi, Lucca in questi dieci anni non è riuscita a capitalizzare nemmeno il poco rimasto. I siti delle manifestazioni sono spesso trascurati, poco aggiornati e ancor meno user friendly. Anche grandi biennali come LuBiCa o il PhotoLux non hanno il riscontro di pubblico che meriterebbero. Da anni le seguiamo e troppo spesso vediamo sedi – gelide d’inverno e soffocanti d’estate – semivuote, dove qualche sparuto turista o locale vaga senza comprendere nemmeno l’importanza della mostra nel panorama italiano e internazionale. Manca un lavoro di comunicazione e promozione anche turistica che favorisca l’arrivo di italiani e stranieri per esposizioni non solamente di alta qualità ma che, protraendosi per periodi abbastanza lunghi, possono favorire soggiorni più lunghi e maggiormente consapevoli.
Mancano pacchetti turistici mirati e una concertazione tra gli eventi che permetta alla città di essere vitale 365 giorni l’anno. E in questo progetto un buon amministratore deve anche garantire l’apertura e la pubblicizzazione di case museo e musei pubblici e privati; creare partnership per tour in località limitrofe (da Lucca si possono fare eccellenti percorsi trekking e visitare località balneari e parchi fluviali: da Monte Forato ai percorsi sull’Appennino tosco-emiliano fino al lungargine del Serchio); sollecitare l’apertura serale dei negozi; e stringere liaison con realtà – come la Tenuta dello Scompiglio di Vorno – che hanno dimostrato di avere idee e di saperle portare avanti con lungimiranza negli anni. In breve, c’è bisogno di autentiche competenze, conoscenza del territorio e voglia di rischiare scontentando, magari, qualche centro di potere costituito da un numero ristretto di famiglie locali.
Le strutture fantasma
Anche il Polo Fiere risente della mancanza di comunicazione e non si comprende perché continuare a devastare il verde intorno alle mura lucchesi invece di posizionare gli stand dei Comics in quell’area. Al centro (e ai suoi bottegai) andrebbero gli eventi collaterali ma più tipici e di qualità, come gli incontri con i disegnatori di anime e fumetti, la sfilata dei cosplay e, perché no?, il ritorno in piazza Anfiteatro di alcune attività artistiche, come all’inizio della manifestazione (e ricordiamo che nella stessa piazza, ormai occupata solo da bar e ristoranti, fino a qualche anno fa si svolgeva anche un breve festival estivo di musica jazz).
Sotto elezioni si è anche parlato, in giunta, di un nuovo stadio. La Lucchese è una squadra di serie C, checché sperino i tifosi, e a poco servono gli entusiasmi di Luccaindiretta: “Un progetto da circa 50 milioni di euro che prevede la costruzione di un nuovo e moderno impianto da 12mila posti (tutti al coperto e estendibili a 16mila, capienza minima per la Serie A)”. Ma poi, che uso se ne farebbe? Accoglierebbe i musicisti del Lucca Summer evitando il logorio delle mura, i concerti su un prato o in una piazza che non consentono la visibilità del palco, e la chiusura del centro storico per stipare qualche migliaio di persone che, come arrivano a frotte altrettanto velocemente si allontanano da Lucca, appena le ‘barricate’ in piazza Napoleone (o lungo le mura) si aprono?
Un Paese per vecchi
Lucca città museo, forse, ma sempre meno. Non è possibile costruire futuro solo sugli interessi di pochi commercianti o appaltatori. Occorrono idee, impegno e soprattutto la capacità di rompere equilibri incancreniti per creare progetti che guardino al futuro e attraggano forza lavoro giovane. Il rischio è tentare e sbagliare ma se non si prova nemmeno, si è certi di trasformarsi in una città gerontocomio. Secondo Tuttitalia.it, nel 2021, l’indice di vecchiaia per il comune di Lucca stabiliva che c’erano 216,8 anziani ogni 100 giovani; per quanto riguarda la dipendenza strutturale, ossia il carico sociale ed economico della popolazione non attiva su quella attiva, c’erano 60,1 individui a carico ogni 100 che lavoravano; e infine, per ciò che concerne il ricambio della popolazione attiva, l’indice sempre nel 2021 era 146,9 – il che, tradotto, significa che la popolazione in età lavorativa è davvero molto anziana.
venerdì, 14 ottobre 2022
In copertina: Foto di Simona Maria Frigerio e Luciano Uggè (tutti i diritti riservati, vietata la riproduzione totale o parziale).