Tra tanti giovani che emigrano, qualcuno resta
di Luciano Uggè e Simona Maria Frigerio
A Cortona, durante Kilowatt Festival, abbiamo avuto modo anche di visitare alcune botteghe di artigianato artistico che punteggiano l’antico borgo toscano.
Tra molti negozi di ceramica anche pregevole (ma tutta, o quasi, proveniente dalle medesime mani), ci hanno affascinato alcune piccole mele di legno più lucide e brillanti di quella di Biancaneve e dei sinuosi, stilizzati cavalli che ci ricordavano alcuni bronzi di Marino Marini, sebbene dotati di una propria originalità, esposti nella vetrina di un giovane ebanista.
L’ebanisteria è un’arte rinascimentale e consiste nell’ideare e realizzare oggetti, sculture o mobili in legno utilizzando tecniche raffinate come l’intarsio e l’intaglio. Le decorazioni o i mosaici in varie essenze lignee incorporano spesso materiali altri, alcuni dei quali pregiati come l’avorio e, in epoca barocca e rococò, persino metalli semi-preziosi e pietre dure.
Abbiamo incontrato Giancarlo Rossi nell’azienda di famiglia, che risale agli inizi del Novecento, quando il nonno Armando cominciò il suo apprendistato “dapprima in una bottega dove si costruivano barrocci, poi a Roma in una compagnia che fabbricava porte, finestre e mobili”, e infine tornando nella sua Cortona. Negli anni successivi gli successero, prima il figlio Umberto, e poi il nipote, che ci ha raccontato l’intera storia e che ci ha espresso il proprio entusiasmo per la tradizione familiare così come per un’arte che impone conoscenza dei mezzi, dei materiali, delle tecniche ma altresì fantasia e impegno.
È Giancarlo a descriverci quanto sia difficile, ad esempio, avere gli strumenti necessari per realizzare le sue idee con l’artigianalità di un tempo e la precisione a cui aspira qualsiasi artista che voglia avvicinarsi alla perfezione. La sua bottega, ci rivela, è anche una fucina di idee e pratiche in questo settore, ossia lo sviluppo e la realizzazione degli utensili necessari a creare le opere che il suo estro gli detta. Non solamente l’idea, quindi, come nella cosiddetta arte concettuale, bensì passione per quella pratica che Picasso, ad esempio, perseguì nella sua intera esistenza – imparando ultrasessantenne a esprimersi anche attraverso la ceramica.
Scopriamo così come mai le mele sono talmente lisce e lucide da sembrare fatte di pietra dura. Rossi utilizza la gommalacca, una secrezione della femmina di un insetto che vive nelle foreste indiane e thailandesi. Dissolta in acetone o alcool, la gommalacca fornisce un rivestimento talmente pregiato da essere usato non solamente su oggetti, sculture lignee e mobili d’antiquariato, ma persino su violini e chitarre.
I francesi, già nel Settecento, la utilizzavano per valorizzare le venature dei legni e degli intarsi. E Giancarlo Rossi la usa per riempire i pori e poi lucidare i suoi pezzi finché non ottiene una finitura levigata ed elegante. Così le sue mele o pere, i suoi cavalli ma anche un elemento (che intravvediamo a lato dell’entrata) che rimanda a una piazza metafisica à la De Chirico emanano la cura dell’artigiano e la finitezza dell’idea artistica che ha trovato i suoi propri mezzi per esprimersi.
E mentre salutiamo Rossi, che torna al suo lavoro, ci accorgiamo che, per una volta, abbiamo incontrato un giovane italiano che vuole restare in questo Paese e continuare la tradizione di famiglia, con un entusiasmo raro.
venerdì, 7 ottobre 2022
In copertina: foto di Elisa Gobbi Frattini; nel pezzo: foto scattate e gentilmente fornite da Giancarlo Rossi.